A chi si imbatte nelle vicende storiche siciliane può pure capitare di incontrare i romanzi storici di Andrea Camilleri. Intento dello scrittore siciliano è sempre stato quello di restituire alla memoria collettiva le storie dimenticate; dimenticate perché vissute da soggetti che si trovano ai margini della grande Storia: contadini, braccianti, gente di provincia, non solo isolani ma isolati, lontani dal centro degli avvenimenti.
Siccome questo intento è sempre stato quello perseguito pure da questo blog che -come è notorio- non ha mai apprezzatro le storie lusinghiere ed edulcorate dei piccoli centri agricoli, dell'interno dell'Isola, ci piace l'approccio che sul brano che segue dà Camilleri su una vicenda accaduta nel corso dell'era moderna ad Agrigento.
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Nel giugno del 1994 […] mi capitò di sfogliare un libretto intitolato Agrigento. E subito lessi queste parole che riporto e che si riferivano a un episodio del 1718 accaduto in quella città, quando si chiamava ancora Girgenti:
“Il popolo riuscì allora a sopraffare la guarnigione sabauda, strumento di un sovrano scomunicato dal pontefice, assunse il controllo di Girgenti e puntò a riorganizzare il potere politico disarmando i nobili, facendo giustizia sommaria di diversi amministratori, funzionari e guardie locali, e addirittura proclamando re il proprio capo, un contadino di nome Zosimo. Ma la mancanza di un realistico programma politico privò di sbocchi positivi quella protesta distruttiva, e poco dopo fu facile per il Capitano Pietro Montaperto avere ragione degli insorti e riprendere il controllo della città”.
Restai strammato. Ma come, Agrigento, dove ho studiato fino al liceo, era stata, sia pure per poco, un regno con a capo un contadino e nessuno ne sapeva praticamente niente? Comprai il libretto […] lo lessi trovandolo estremamente interessante. Due mesi dopo andai in vacanza al mio paese che dista qualche chilometro da Agrigento e riuscii a mettermi in contatto con Antonino Marrone. Fu gentilissimo, mi spiegò che quella vicenda l’aveva letta nelle Memorie storiche agrigentine di Giuseppe Picone, edite nel 1866 […]. Picone dedica all’episodio due frettolose mezze paginette, definendo «belva inferocita» lo Zosimo e mantenendosi sempre sulle generali, tanto che non si capisce se il re sia stato giustiziato o se sia morto d’influenza. Di Zosimo si parla macari nel primo dei tre volumi di Luigi Riccobene, Sicilia ed Europa (Sellerio 1996): una decina di righe in tutto, dalle quali si apprende che Zosimo beveva vino miscelato con polvere da sparo. Tutte queste omissioni, distrazioni, tergiversazioni non fecero che confermarmi nel proposito di scrivere una biografia di Zosimo senza fare altre ricerche, tutta inventata.
(Segue)
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