RIFLESSIONE SULLA NOSTRA DEMOCRAZIA
Chi legge il
FATTO-Quotidiano o consulta il sito internet del giornale non può che rilevare
la grande rilevanza che viene data alla “trattativa” Stato-Mafia del 1992-1994.
Se si vanno a
consultare gli altri giornali, grandi e piccoli, berlusconiani (pdl) o
debenettiani (pd) o caltagironiani (udc), sull’argomento trattativa non si
trova nulla, o quasi.
Stiamo assistendo alla grande congiura, secondo il
giornale di Marco Travaglio, del silenzio operata dai grandi giornali e dai vertici
istituzionali, per contribuire all’isolamento dei magistrati della Procura di
Palermo e anteporre la difesa della Ragione di Stato all’accertamento della
verità.
La trattativa Stato-Mafia Se c'è stata veramente lo Stato (la classe politica) si è messo al livello dei mafiosi |
Nonostante l’accusa durissima contro il
trattamento di basso profilo e l’estrema cautela con cui i principali organi di
informazione stanno affrontando il tema della presunta trattativa fra apparati
dello Stato e Cosa Nostra, e del suo intreccio con la stagione delle stragi e
degli omicidi eccellenti, tutti i media (tv comprese) non si scompongono e
preferiscono occuparsi della calura estiva.
A. Ingroia, uno dei magistrati che indaga sulla vicenda |
I magistrati di Palermo stanno sentendo
invece il freddo glaciale attorno a loro
non solo da parte dei media ma anche dal
Consiglio superiore della magistratura che fino a pochi mesi fa non esitava a
contrastare e bocciare le leggi ad
personam e la riforma dell’ordinamento giudiziario promosse dal governo
Berlusconi, ma che oggi si spinge ad aprire un fascicolo contro le parole -condivisibili
dalla stragrande maggioranza degli italiani- pronunciate dal procuratore
generale di Caltanissetta, Roberto Scarpinato, nel corso della commemorazione
di Paolo Borsellino.
Ingroia ha fatto sapere che andrà in Guatemala per
svolgere un incarico conferitogli dall’Onu e dal mondo politico sono venuti solo interrogativi del tipo “Quando
? Quando ? Non è ancora partito ?”.
Per lo storico Giorgio Galli una
spiegazione della cautela mantenuta dai media potrebbe essere quella secondo
cui “i temi toccati e
sollevati dalle indagini della Procura di Palermo sono tra i più scottanti, …. coinvolgono il passaggio fra le due fasi della
storia repubblicana. La scoperta della loro gravità, in una fase di acuta crisi
economica e sociale oltre che di profonda sfiducia e disaffezione nella
politica, renderebbe intollerabile la realtà italiana. Che potrebbe rischiare
un crollo di regime”.
Falcone e Borsellino Vittime perchè si sarebbero opposti alla trattativa |
Nicola Mancino, ministro degli Interni quando era in corso la trattativa. Convocato come testimone in Procura ne è uscito preoccupato ed ha chiesto insistentemente aiuto al Quirinale |
Lo storico vede analoghe circostanze ne “gli stessi soggetti e gruppi che hanno giocato una parte decisiva nel
mistero della scomparsa del giornalista Mauro De Mauro nel settembre 1970, e
che ciclicamente hanno operato in tutte le fasi cruciali della vita politica
nazionale. Realtà entrambe fondate sulla regola del segreto e della massima
riservatezza: fattori che rendono estremamente complicata la ricerca e la
raccolta delle prove sul piano investigativo. Se però un quadro simile trovasse
robusti riscontri probatori e logico-deduttivi grazie alle indagini dei
magistrati palermitani sulla stagione di sangue dei primi anni Novanta, sarebbe
difficile da sopportare per la realtà politica di oggi. Si tratterebbe di una
scossa non indifferente per un mondo già in piena emergenza”.
Se dovesse la tesi di Giorgio Galli essere
fondata apparirebbe inquietante il comportamento assunto, rispetto alla vicenda
trattativa da Eugenio Scalfari, un giornalista che si è creato la credibilità in
decenni di giornalismo di indagine e che in questa fase invoca invece rispetto delle prerogative del presidente
della Repubblica per giustificare la necessità di distruggere il testo delle
intercettazioni telefoniche tra l’ex responsabile dell’interno Nicola Mancino e
il consigliere giuridico di Giorgio Napolitano, Loris D’Ambrosio.
Calogero Mannino, ex ministro siciliano, si sarebbe adoperato per la trattativa |
I pubblici ministeri di Palermo meritano comunque sostegno
ed incoraggiamento, e non è apprezzabile che il Consiglio superiore della magistratura si sia schierato apertamente
dalla parte del Colle nel conflitto di attribuzione sollevato davanti alla
Consulta. Come fanno gli italiani a non cogliere la contraddizione stridente
rispetto ai tempi dell’opposizione intransigente contro i provvedimenti del
governo Berlusconi in tema di giustizia condotta dal Csm ?
Conclusione.() Siamo preoccupati, alla luce di quanto sentiamo e di quanto leggiamo, che la nostra democrazia, la democrazia italiana, non riesca a darci la “verità”, nella supposta convinzione che il paese non sia maturo.
() E' bello che Ingroia abbia ringraziato i 100.000 italiani che hanno aderito alla sottoscrizione di solidarietà ai magistrati che indagano sulla "trattativa" promossa dal FATTO-Quotidiano, ma inquieta, ed inquieta moltissimo quanto stamattina ha dichiarato Camilleri, lo scrittore agrigentino, che dopo aver invitato Ingroia a restare al suo posto, a Palermo, ha aggiunto "Eh, certo, sarebbe bello, ma non facciamo gli ingenui: siccome chi ha trattato con la mafia è ancora al potere, non possiamo certo illuderci che si dia da fare per far emergere la verità. Sarebbe autolesionismo puro.
Niente è più difficile che ammettere i propri errori e chiedere scusa.
Per questo il potere sta facendo di tutto perchè la verità su quel che accadde vent'anni fà non venga alla luce.
Gli errori commessi nel 1992-94 e forse anche dopo dai rappresentanti delle istituzioni sono gravissimi non solo in sè ma anche perchè hanno prodotto metastasi cancerose vastissime.
Lo Stato, diceva Sciascia, non processa se stesso".
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