Tutti siamo figli, ma ne facciamo
esperienza a profondità diverse.
…A scuola vedo maturare i ragazzi che si sentono voluti da genitori e insegnanti, e con «voluti» non intendo protetti fino a essere repressi, ma presi sul serio (riconosciuti e provati) nella loro originalità: non si dà originalità senza scoperta e cura dell’origine. Per questo c’è una frase di Cristo che, credenti o no, mi sembra gettare una luce sul quotidiano: «Chi vede il Figlio vede il Padre», dove la parola padre va intesa come la più familiare ai suoi ascoltatori per indicare ciò che custodisce e sostiene in vita. Quindi per lui l’essere figlio è l’immagine del divino, che non è quindi la perfezione, l’immortalità, l’onnipotenza, ma l’essere generato e sostenuto nella vita, cioè l’esperienza, qui e ora, di un amore che mi vuole esistente, anche nei momenti di crisi. Questo ci ricorda, credenti o meno, che tutti siamo figli, ma ne facciamo esperienza a profondità diverse.
Un corpo che si sente voluto, sin dal grembo, sviluppa un sistema immunitario forte ed energie per crescere. Una psiche che si sa voluta è più protetta dalla paura, dalla depressione, dal credere di doversi meritare di stare al mondo, dal sospetto di essere inutile o utile solo a certe condizioni. Uno spirito che si scopre voluto è disposto ad amare senza condizioni, perché si sente amato senza condizioni. Quando le tre dimensioni dell’umano — corpo, psiche e spirito — si «filializzano» allora l’umano fiorisce, altrimenti elemosiniamo l’origine, la ri-generazione, il punto di nascenza, l’esser voluti.
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