Nel 1962 la sua prima grande invenzione, Processo alla tappa, un commento al Giro d’Italia in fase di svolgimento; dieci anni più tardi con Nascita di una dittatura indaga sulle origini del fascismo.
Tra il 1989 e il 1990 conduce una delle trasmissioni più importanti della storia della televisione, La notte della Repubblica, in seguito diventata anche un libro, in cui affrontò in maniera completa, ascoltando tutti i protagonisti, dalle vittime agli assassini, gli anni oscuri del terrorismo italiano, gli anni di piombo, senza preconcetti e cercando solo di capire cosa avesse creato quel cortocircuito che portò molti giovani ad uccidere in nome di un’ideologia cui sembravano credere solo loro.
Nascita: Ravenna 21 settembre 1923,
Morte: 4 agosto 2020
Reclamare un senso
per la vita
Che cosa veramente si vuole reclamando che la vita abbia una sua “qualità “? Esprimiamo una speranza considerandola fondata? O ci spinge la paura che il moltiplicarsi della ‘quantità ‘ abbia il solo destino di screditarne i valori? E’ d’altronde possibile che l’uomo di oggi rinunci a quello che l’età dei lumi aveva avuto l’audacia di definire “il bene di vivere bene”, traguardo forse utopico, ma diritto sacrosanto della persona? E di questo passo, dove stiamo andando?
Provo a rispondere, come può un giornalista. E inizio citando un futurologo, Robert Joungk: “ Finora abbiamo lottato solo per sopravvivere; viviamo appena agli albori della coscienza , esercitiamo una parte minima della responsabilità , immaginiamo poco più di niente rispetto a quanto dovremmo prevedere e approntare”. Certo, per un futurologo il sole fa ombra solo alle spalle; e ciò che riduce nel passato , di fronte ad un destino cosmico, e’ poco più di una lucciola. Si tratta allora di domandarsi quale senso dovrà prendere quel generale di tutto, di più che pretendiamo da una storia in cui l’uomo continua ad essere, secondo Joungk, “il più irrisolto dei problemi, dal momento che mette ancora in gioco tutti i suoi rapporti con l’esistenza”.
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