Chi era ?
Era un italiano che viveva la politica come sacrificio. La moglie, Velia, che lo conosceva bene in un biglietto che gli aveva indirizzato nel 1921, scriveva: «Giacomo caro, mi è difficile persuadermi che arrivato a questo punto non ti è ammessa nessuna viltà, anche se dovesse costare la vita. Ti prego con tutto il mio amore di pensare a ciò che fai e dici…». Un appello inascoltato, che Velia gli aveva lanciato dopo l’ennesima aggressione.
L’Italia del dopoguerra ha onorato quel nome inserendolo ai vertici della toponomastica — con 3.200 dediche di vie e piazze, Contessa Entellina compresa grazie all’iniziativa del sindaco Francesco Di Martino.
Matteotti lo si ricomincia a riscoprire nella fase politica dei nostri giorni. Nella attuale fase politica di riscoperta di quella figura non si sta puntando l’attenzione tanto sulla sua tragica fine di assassinato dai fascisti ma ricordandolo da vivo, nella sua sfera intima, con le passioni e la fierezza da cui fu animata la battaglia che condusse contro i totalitarismi e per la difesa della democrazia. Lo storico Giovanni Sabbatucci, in un suo testo recente mette in risalto che «l’antifascismo come valore e come scelta consapevole e prioritaria comincia solo con lui, con Matteotti».
Destino amaro
Provinciale cosmopolita, colto e poliglotta, nato nel 1885 in una famiglia di possidenti del povero Polesine, Giacomo Matteotti sente fin da ragazzo il richiamo della politica.
Colpito dalle disuguaglianze e dalla miseria delle fasce contadine e ispirato dalla militanza del fratello Matteo, scomparso precocemente, assorbi le idee della socialdemocrazia. Idee che gli crescono dentro affiancate dalla laurea in giurisprudenza e dalla formazione da economista fra Oxford, Vienna, Berlino, Budapest, Parigi.
Sa usare il diritto pubblico e lo strumento statistico per entrare nelle pieghe di un bilancio e commentare l’opera dei governi nazionali. Di fronte alla prima guerra mondiale si schiera per il neutralismo e gli costa tre anni di confino. Possiede una vasta esperienza amministrativa che mette a disposizione dei sindaci socialisti dell’Emilia, nella sua terra, che a 33 anni lo elegge in Parlamento.
Nel periodo agitato del 1919, Matteotti rifiuta il massimalismo e con Filippo Turati e’ figura di primo piano del Partito socialista unitario, divenendone segretario. Tutti gli storici definiscono quelli “anni senza respiro”. Gli archivi di Montecitorio contano 108 suoi interventi, rigorosi, severi e puntuali che gli valgono autorevolezza persino fra gli avversari. È sul personaggio Mussolini in ascesa che Matteotti diventa implacabile nel denunciare la violenza istituzionale.
Nei suoi confronti i fascisti non vedono altro percorso che l’ininterrotta persecuzione. Finché, dopo il discorso di Matteotti del 30 maggio, in cui chiede l’invalidazione di un voto viziato da brogli e violenze, il duce ordina di «farlo tacere». Per sempre.
Nessun commento:
Posta un commento