in questi anni ho lavorato con estrema serietà e
grande riservatezza, come mi hanno insegnato a fare nell'ambiente
imprenditoriale nel quale mi sono formata.
Oggi sento però l'esigenza di
scrivere per chiarire alcuni punti e per sottolineare alcuni dati, che nella
polemica politica sono stati strumentalizzati e deformati. Comincerei
dall'inizio, ricordando che la polemica nasce da una telefonata a colui che
considero a tutti gli effetti mio marito, nella quale lo informavo di un
provvedimento parlamentare di portata nazionale. In particolare, gli davo una
notizia nota, su un fatto avvenuto in un luogo pubblico — Il Parlamento — al
quale hanno dato risalto tutti i media e del quale molti addetti ai lavori
avevano già conoscenza perché di rilevante interesse per l'economia nazionale.
Insomma, nessuno ha rivelato segreti di Stato.
Ma è bene anche entrare nel
merito. Nella telefonata lo informavo di un emendamento che avrebbe consentito
di accelerare i processi autorizzativi di molte opere strategiche, tra cui il cosiddetto
progetto Tempa Rossa di Taranto, bloccato da anni.
La società di mio marito,
invece, operava come subappaltatrice in Basilicata per un lavoro che nulla
aveva a che vedere con lo sviluppo del progetto di Taranto e risaliva ad epoca
precedente a quella in cui sono stata nominata ministro.
Qualcuno ha gridato
allo scandalo, al ministro che favorisce il marito. Non è vero.
Io rivendico
l'importanza di quella norma per il Paese.
Come sappiamo, uno dei problemi
dell'Italia è la costante necessità di acquistare dall'estero le risorse
energetiche di cui abbiamo bisogno, per riscaldare le nostre case, per
accendere le luci, per cucinare e per produrre le eccellenze del Made in Italy
che mandano avanti la nostra economia. In questo contesto una serie di grandi
imprese hanno deciso di investire miliardi di euro per estrarre petrolio e gas
naturale in Italia e di farlo, peraltro, al Sud.
È un settore che il governo
ritiene strategico e che comporta la creazione di posti di lavoro e di un
indotto importante. Insomma, non era necessario un mio speciale interessamento
per mandare avanti una norma cosi importante. E comunque, dopo che è stata
approvata, non abbiamo attivato i poteri sostitutivi che la legge ci conferiva.
In sintesi, appare chiaro che tutto è accaduto alla luce del sole, su un
progetto strategico per il Paese e nel massimo rispetto del mio ruolo.
Ovviamente, mi rendo conto che ci sono tutti gli ingredienti per uno scandalo
mediatico: il Ministro, la telefonata, il grande progetto industriale, un mio familiare.
Ricamarci sopra, per molti, è stato facile. Ancor più facile in vista del
referendum sulle trivelle, che per molti è occasione non di ragionamento serio
ma di bagarre politica. Anche per questo, primariamente per ragioni di
opportunità politica ho subito deciso di dimettermi, per senso di
responsabilità verso il governo del quale ho fatto parte, a maggior ragione
alla vigilia di un appuntamento fondamentale come è il referendum sulle
trivelle.
Ma la mia è anche una scelta umana, che mi costa, ma che ritengo
doverosa per i miei principi che hanno ispirato sempre la mia vita. Credo che
anche alla luce del ruolo istituzionale che ho ricoperto, queste precisazioni siano per me necessarie,
per consentire ai lettori, ai cittadini e alle molte persone che hanno lavorato
con me di farsi un'opinione critica conoscendo i fatti e potendo giudicare in
maniera informata.
Federica Guidi
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COMMENTO
Che dire ?
Se non si vogliono avere pregiudizi l'ex ministra potrebbe avere ragione. Vedremo comunque nei prossimi giorni che piega piglierà la vicenda.
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