Proseguiamo nel tentativo di esplorare la cultura russa attingendo e ricalcando il libro:
Storia delle tradizioni filosofiche dell'Europa Orientale
di
Helmut Dahm e Asen Ignatu
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Vladimir Sergeevič Solov’ëv
Il più importante tra i pensatori russi del XIX secolo che stimolarono la nuova ascesa
della filosofia contro la sua negazione nichilista, fu Vladimir Sergeevič’
Solov’ëv (1853-1900).
Egli visse la crisi del nichilismo, ritrovando
poi la via del ritorno alla filosofia e alla fede.
Tutto il suo sforzo venne indirizzato a far
conoscere anche ai contemporanei questo percorso di rinnovamento spirituale. In un primo
periodo, egli ritenne che si potesse realizzare tale rinascita grazie a un’ampia sintesi che
abbracciasse la scienza, la filosofia e la teologia.
Sotto questo aspetto, il filosofo prendeva
spunto da una concezione dialettica della storia molto simile a quella che Leont’ev andava
sviluppando all’incirca negli stessi anni.
Per Solov’ëv il processo storico conduce da uno stadio
di mancata differenziazione iniziale dei singoli ambiti dello sviluppo umano alla loro
autonomia in un secondo stadio, in cui sviluppano questa loro propria identità.
Diversamente
da quel che accade per Leont’ev, in Solov’ëv lo sviluppo storico non si conclude necessariamente
con una distruzione completa ma deve piuttosto proseguire verso il terzo stadio di una libera e nuova riunificazione di tutte le sfere dell’operare umano.
Applicando tale
teoria al concreto ed effettivo processo storico, vediamo per esempio che nella linea di
sviluppo della vita sociale si distinguono via via
-dalla comunità religiosa originaria e
universale dapprima
-la sfera politica (stato),
-poi l’economia
-e le restanti sfere della società.
Si realizza in modo simile anche lo sviluppo della realtà conoscitiva (teologia-filosofiascienza)
e delle attività creative dell’uomo (mistica-arte-tecnica).
Solov’ëv scorge nell’epoca a lui contemporanea il punto più elevato della
differenziazione sotto forma di una pericolosa atomizzazione della cultura, in cui ogni
singolo ambito si sforza di affermarsi sugli altri. Affinché non si arrivi a una completa
distruzione della cultura ci si deve impegnare con tutte le forze al fine di compiere il
passaggio al terzo stadio di sviluppo, alla libera riunificazione di tutte le singole sfere.
Dal
loro libero legame deriverà poi nell’ambito della vita sociale la «libera teocrazia», in quello
dell’attività conoscitiva la «libera teosofia» e nella sfera della creazione la «libera teurgia».
Dalla libera unione dei singoli ambiti risulterà la vita «integrale».
Tale filosofia della storia poggia nel pensiero di Solov’ëv su una metafisica dell’unitotalità.
Già l’assoluto viene concepito dal filosofo come Uno-Tutto (Hen kai pan). Il principio
della molteplicità interiore di Dio viene visto nella Sofia, nella saggezza divina, in piena
conformità con i libri sapienzali veterotestamentari. In quanto principio della molteplicità,
la Sofia coincide per Solov’ëv anche con la «materia di Dio» (non ancora spaziotemporale),
con la corporeità divina e l’«umanità ideale e compiuta».
Questa «divinoumanità» interna a
Dio stesso (un’altra categoria fondamentale nei pensiero di Solov’ëv) non si realizza per la
prima volta nell’incarnazione di Gesù nel grembo di Maria, ma ha una sua base eterna,
interna a Dio.
Con l’atto della creazione, Dio fa sorgere un mondo unitotale extradivino.
A
causa del peccato originale pre-storico, la struttura compiuta, molteplice e allo stesso tempo
unica di questo mondo si frantuma, e sorge il mondo spaziotemporale colpevole e caduto.
Anche dopo il peccato, tuttavia, nel mondo decaduto rimane desto un elementare desiderio
di elevarsi nuovamente all’unità multipla perfetta.
L’ascesa si compie dapprima nella natura
come «processo cosmogonico», sotto forma di gravitazione, affinità chimica e nascita della
vita (similmente alla gradualità hegeliana meccanica-fisica-organica).
Con l’avvento
dell’uomo ha inizio il «processo teogonico», cioè della libera riunificazione della creatura
con il suo creatore.
Esso culmina nella reincarnazione di Cristo e continua nella storia della
Chiesa. Questo, sostanzialmente, è un processo divinoumano che l’umanità ha realizzato
finora solo in modo incompleto.
L’Oriente cristiano ha preservato il principio divino senza
svilirlo, cedendo però nell’immobilismo e senza comprendere che tale principio deve
prendere forma nella storia.
La cristianità occidentale, il cattolicesimo e il protestantesimo,
hanno portato invece, ciascuno a modo suo, allo sviluppo del principio umano,
ritrovandosi tuttavia a esperire tutte le aporie derivate dalla loro separazione dall’Oriente e
dal loro autoisolamento.
L’umanità spirituale sorgerà soltanto con la riunificazione tra
Occidente cristiano e Oriente cristiano. Questa dialettica tra Oriente e Occidente è una
delle idee più care a Solov’ëv, un motivo che, seppure con diverse variazioni, riaffiora
costantemente nella sua opera.
La riunificazione spirituale e religiosa di Oriente e Occidente rimase, per tutta la vita di
Solov’ëv, lo scopo che il filosofo cercò di perseguire con tutta la sua opera.
In un primo tempo,
negli anni Settanta, egli credette di poter porre al servizio di tale scopo la sua attività teoretica
e si prodigò nell’elaborazione della prima versione del suo sistema filosofico.
Trattò
argomenti di metafisica soprattutto in Čtenija o Bogočelovečestve (Lezioni sulla divinoumanità)
[1877-81] e di etica e di gnoseologia in Kritika otvlečennych načal (Critica dei principi astratti)
[1877-80]. Egli
riconobbe nella conoscenza umana un’autentica validità, fondata sul fatto che il soggetto e l’oggetto di tale conoscenza si trovano legati in un’unità essenziale in virtù del loro radicamento
nella struttura unitaria e molteplice del mondo che precede l’atto conoscitivo.
Con il
nome di misticismo, Solov’ëv contrappose tale concezione al razionalismo e all’empirismo.
Fu l’assassinio dello zar Alessandro II a destare in Solov’ëv la convinzione che lo
sforzo teoretico, da solo, non fosse sufficiente a superare la crisi in cui versava l’umanità.
Nella vita del filosofo si profilò allora quella stessa forma di delusione rispetto alla teoria
e di attrazione verso la prassi che abbiamo già trovato sia negli occidentalisti sia negli
slavofili. Sempre partendo dalla necessità di un superamento della contrapposizione tra la
confessione orientale e quella occidentale, Solov’ëv si dedicò a un’intensa e ambiziosa
attività politico-ecclesiastica e pubblicistica, in cui perorava il superamento della scissione
confessionale interna alla cristianità e una conseguente alleanza tra lo zar e il papa.
Queste
idee vennero sviluppate in numerosi articoli e opere rilevanti come Istortja i buduščnost’
teokratii (Storia e futuro della teocrazia) [1884-86] e La Russie et l’église universelle (La Russia e
la Chiesa universale e altri scritti [Milano, 1989]). Questo secondo periodo teocratico
nell’opera di Solov’ëv si concluse intorno al 1890, nuovamente con una grande delusione,
poiché sia in Russia sia in certi ambienti religiosi occidentali il suo pensiero fu accolto
non solo con un’assoluta mancanza di comprensione ma addirittura con odio.
Nel terzo e ultimo periodo della sua opera, allorché sia la via della teosofia sia quella della
teocrazia si erano rivelate incapaci di condurre allo scopo prefisso, Solov’ëv si rivolse alla
teurgia.
Nella già citata Kritika otvlečennych načal Solov’ëv giunse alla conclusione che l’unitotalità
rappresentava, come oggetto della volontà, il bene assoluto; come oggetto della
ragione, la verità assoluta; come realizzazione nel mondo dei sensi, la bellezza assoluta.
Nel
nostro mondo, tale realizzazione, non ancora presente, sarebbe stata innanzitutto un compito
da portare a termine in un’arte che avrebbe dovuto avere come suo fondamento la mistica.
Solov’ëv si sforzò dunque di articolare nuovamente il suo sistema filosofico nelle tre
parti
-dell’etica,
-della filosofia teoretica
-e infine dell’estetica.
Di particolare interesse fu la
riedizione della sua etica, Opravdanie dobra (La giustificazione del bene) [1897], completamente
rielaborata.
Diversamente dalla sua interpretazione precedente, ora Solov’ëv
sosteneva una sempre più netta indipendenza dell’etica sia dalla religione sia dalla filosofia
teoretica, fondandola piuttosto sull’analisi fenomenologica dei «primi dati morali» e sulla
base del senso del pudore, della compassione e del rispetto.
Un analogo passaggio alla
fenomenologia caratterizzò anche la rielaborazione della sua filosofia teoretica, in cui,
come ha mostrato Helmut Dahm, finì per anticipare alcune posizioni di Edmund
Husserl e di Max Scheler.
Pur trovandosi ora in deciso disaccordo con i suoi precedenti vagheggiamenti
teocratici, Solov’ëv continuò a perseguire come scopo la riunificazione delle confessioni
cristiane divise. Nella sua famosa Kratkaja povest’ ob Antichriste (Breve racconto
dell’Anticristo), scritta nel 1900, anno della sua morte, il filosofo collocò la riunificazione
della cristianità in un’epoca finale in cui tutti i cristiani si sarebbero sentiti ugualmente
minacciati dall’Anticristo.
L’influsso di Solov’ëv sulla successiva filosofia russa fu straordinario e, in tal senso,
l’influsso delle opere risalenti al periodo teosofico si rivelò ben superiore rispetto ai più
maturi ma frammentari scritti degli anni Novanta in cui il filosofò rielaborò il suo sistema.
Solov’ëv fu il primo ad affrontare tematiche specifiche quali la dottrina della Sofia, la
derivazione da una colpa pre-storica del mondo spaziotemporale decaduto, la soluzione
del problema della conoscenza in base a un preciso legame tra soggetto e oggetto
nell’unitotalità che precede l’atto conoscitivo – tutti temi che ritorneranno costantemente
nei pensatori religiosi russi del XX secolo.
Persino la Filosofskaja Enciklopedija, di epoca sovietica, definisce Solov’ëv «la figura più
rilevante» dell’idealismo filosofico in Russia, sostenendo che «senza Solov’ëv » rimarrebbero incomprensibili «il successivo pensiero filosofico religioso russo (N. A. Berdjaev,
S. N. Bulgakov, L. P. Karsavin, i fratelli Evgenij e Sergej Trubeckoj, Pavel A. Florenskij,
Semën L. Frank e altri) nonché la lirica filosofica di Aleksandr Blok e Andrej Belyj».
Solov’ëv, tuttavia, non fu solo un teorico ma anche un uomo d’azione. La sua
approfondita analisi della contrapposizione esistente all’interno del cristianesimo tra
Oriente e Occidente e il suo insistere per un superamento di ogni divisione confessionale
della cristianità possono ancora fornire validi suggerimenti per la riunificazione del
mondo cristiano, soprattutto in un’epoca come quella dell’ecumenismo.
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