C’è tutto d’indicibile in quello che è accaduto a Parigi: la violenza, la paura, il pericolo, il dolore. Eppure tutto deve restare dicibile. Perché? Per salvare la democrazia non si può perdere la democrazia.
L’Europa non può tornare alle divisioni, negando la libertà di circolazione sul territorio. Sarebbe un atto contro la possibilità di rafforzare il patto tra gli Stati. Tra l’altro l’Italia è entrata tardi negli accordi di Schengen perché non aveva una legge sulla privacy. Da questo non si può tornare indietro.
I diritti sono più forti della paura?
Certo. E la tutela dei diritti è l’unico fattore di unificazione dei Paesi e di riconciliazione dei cittadini con le istituzioni. E’ molto più facile prospettare misure straordinarie di pubblica sicurezza. Ma è sempre stata una risposta perdente: i diritti non sono in contrasto con l’efficienza organizzativa. E non sono negoziabili.
I diritti sono più forti della paura?
Certo. E la tutela dei diritti è l’unico fattore di unificazione dei Paesi e di riconciliazione dei cittadini con le istituzioni. E’ molto più facile prospettare misure straordinarie di pubblica sicurezza. Ma è sempre stata una risposta perdente: i diritti non sono in contrasto con l’efficienza organizzativa. E non sono negoziabili.
MONI OVADIA, artista, attore e drammaturgo
Sono agnostico, ma conosco l’importanza della spiritualità. Capisco la complessità dell’argomento, ma per nessun motivo sono disposto ad accettare la censura. Qualsiasi forma di censura. Sono cresciuto nell’adorazione di Wolinski e Charlie Hebdo è stato parte della mia formazione artistica.
Conosco moltissimi musulmani. Persone colte, intelligenti, laiche. Osservano queste vignette con disincanto, sono in grado di capirne il contesto e il significato. È vero: probabilmente le componenti più ottuse del mondo islamico la vivranno come una provocazione. Ma io credo che la decisione dei giornalisti e vignettisti di Charlie Hebdo meriti rispetto. Oggi non bisogna, malgrado tutto, cadere nella trappola dell’autocensura. Dobbiamo essere in prima fila nel difendere il diritto a esprimersi e, a volte, anche a sbagliare.
MAURO DEL BUE, direttore di Avanti !
Ripeto un concetto che a me sta molto a cuore. Quando affermo che si tratta di difendere la nostra civiltà preciso che mi riferisco alla civitas, la comunità in cui viviamo con le sue regole, perché é di per sé più avanzata di quella dominata dalla teocrazia, che magari nulla c’entra coi terroristi, ma che continua a ritenere la donna un essere inferiore e ad imporre i dettami di una religione all’interno delle istituzioni dello stato. Tanto più che la nostra civiltà, magari anche con l’appoggio di queste teocrazie (penso all’Iran, ma anche per taluni versi alla Turchia, all’Arabia saudita, soprattutto) dovrebbe oggi combattere una battaglia contro il terrorismo che è di matrice islamica, anche se combatte e uccide anche i mussulmani. Deve combattere cioè con confini di civiltà più larghi. Perché non siamo solo noi nel mirino e perché insieme è più facile vincere. Questi paesi tuttavia non possono agire sottobanco in modi diversi da quelli enunciati a parole.
L’alleanza tra paesi democratici e teocrazie è possibile se queste ultime separano loro stesse dal terrorismo nel modo più deciso e convincente
LUCA TELESE, giornalista
Proprio perché dico "terroristi jihadisti" e non "islamici", è giusto chiedere all'imam di Segrate: "Perché i musulmani non manifestano?"
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