Avvalendoci di quanto la SCUOLA NORMALE SUPERIORE DI PISA - Laboratorio di Storia, Archeologia e Topografia del Mondo Antico - ha prodotto e reso pubblico nelle QUARTE GIORNATE INTERNAZIONALI DI STUDI SULL’AREA ELIMA (Erice, 1-4 dicembre 2000), riportiamo la descrizione di Plutarco -storico- circa la battaglia sul Crimiso (= fiume Belice).
Riferimento: Il volume curato da Alessandro Corretti.
Plutarco. Vite parallele, Timoleonte
(trad. a cura di A. Penati), Milano
1996.
Gli antefatti del 342 a.C.[24, 4]... spedì poi nei territori che
erano sotto il dominio dei cartaginesi
le truppe mercenarie di Dinarco e
Demareto, i quali, tolte ai barbari
parecchie città, non solo vissero il
resto della loro vita nell'abbondanza,
ma ricavarono dalle prede anche del
denaro per far fronte alle spese di
guerra.
I preparativi a Cartagine e Siracusa
[25, 1-4] Intanto i Cartaginesi sbarcano
al Lilibeo conducendo un esercito di
70.000 uomini, 200 triremi, 1000
imbarcazioni con macchine da guerra,
quadrighe, viveri in abbondanza e ogni
altro tipo di vettovaglie come se avessero
voluto condurre non una guerra limitata
ma cacciare i Greci d'un sol colpo da tutta
la Sicilia [...]. Venuti a sapere che che i
territori sotto il loro controllo erano stati
devastati i Cartaginesi marciarono subito
con ira contro i Corinzi, sotto il comando
di Asdrubale e Amilcare. La notizia
giunse rapidamente a Siracusa ed i
Siracusani furono così colpiti dal numero
delle forze nemiche che, di tanti cittadini,
appena 3000 ebbero il coraggio di
prendere la armi e di unirsi a Timoleonte.
La partenza da Siracusa e la diserzione dei mercenari
[25, 5-6] I mercenari erano in tutto
4000: di questi circa 1000 furono
colti dalla paura lungo la strada e si
ritirarono, pensando che Timoleonte
non fosse sano di mente ma ormai
fuori di senno per l'età se voleva
procedere con solo 5000 fanti e 1000
cavalieri contro 70.000 nemici,
portando l'esercito lontano da
Siracusa otto giornate di cammino,
cosicché non sarebbe stato possibile
né ai fuggiaschi salvarsi, né ai morti
essere seppelliti. Timoleonte
considerò dunque un guadagno che
costoro avessero rivelato la loro
disposizione prima della battaglia e,
incoraggiati gli altri, li condusse
velocemente al fiume Crimiso dove
aveva saputo che erano diretti anche
i Cartaginesi.
L’omen dell’appio e dei muli
[26, 1-3] Timoleonte, mentre saliva
su un'altura da cui era possibile
vedere l'esercito e tutte le forze del
nemico, si imbatté in un gruppo di
muli che trasportavano appio e ai
soldati si insinuò il pensiero che fosse
un brutto segno perché secondo il
rituale si è soliti inghirlandare con
appio le tombe dei morti [...]. Per
distogliere i suoi soldati dalla
superstizione e togliere loro la
sfiducia, Timoleonte fece fermare la
marcia e tenne un discorso in cui, oltre
alle parole adatte alla circostanza,
disse che avevano a portata di mano,
giunta spontaneamente prima della
vittoria quella stessa corona di appio
con cui i Corinzi incoronano i
vincitori dei Giochi Istmici .
L'omen delle aquile e del serpente
[26, 6] Gli indovini videro quindi
due aquile avicinarsi, di cui una
portava negli artigli un serpente
trafitto, l'altra volava emettendo alte
strida di entusiasmo, e le mostrarono
ai soldati che si misero tutti a pregare
e ad invocare gli dei
Il Campo dei Corinzi
[27, 1-4] L'anno volgeva verso l'estate
e con il finire del mese di Targelione
sopraggiungeva il solstizio. Poiché si
era levata dal fiume una nebbia fitta,
in un primo momento la pianura fu
nascosta dalla caligine e non si vedeva
nulla dalla parte del nemico, ma si
sentiva soltanto da lontano un
rimbombo confuso e indistinto in
direzione della collina, provocato
dall'avvicinarsi di un esercito tanto
grande. Saliti sul colle, i Corinzi si
fermarono e, deposti gli scudi, si
riposarono. Ma, all'apparire del sole
che aveva sollevato in alto il vapore,
l'aria torbida, ammassandosi e
concentrandosi nelle parti superiori,
aveva ricoperto di nubi le cime, mentre
le parti basse della collina si
rischiaravano: apparve dinanzi agli
occhi il Crimiso e si videro i nemici
intenti ad attaversarlo [...].
L'attacco
[27, 6-7] Timoleonte [...] fece vedere
ai soldati la falange cartaginese divisa
dal corso dell'acqua tra coloro che
l'avevano passato e coloro che
dovevano ancora farlo e ordinò a
Demareto di prendere la cavalleria e
di attaccare i Cartaginesi [...]. Sceso
lui stesso in pianura ...
La Tempesta e lo straripamento del fiume
[28, 2-3] [...] all'improvviso dalle
cime dei monti rombarono dei tuoni
spaventosi e caddero fulmini
lampeggianti. In seguito la nebbia che
avvolgeva i colli e le loro cime scese
sul campo di battaglia, mista ad
acqua, vento e grandine, e si riversò
sui Greci prendendoli dal di dietro,
alla schiena, mentre colpì i barbari di
fronte, impedendo loro di vedere: nello
stesso tempo le nuvole scaricaro una
tempesta di acqua e di fulmini senza
interruzione.
[28, 7-10] Anche il Crimiso che si
era ormai notevolmente ingrossato
per le piogge straripò a causa del
numero dei soldati che lo
attraversavano e la pianura
circostante, alla confluenza di valloni
e burroni, fu inondata da correnti che
non seguivano il letto del fiume. [...]
La maggior parte di questi (i
Cartaginesi) si diede alla fuga; molti,
catturati nella pianura furono uccisi,
molti altri morirono travolti e
trascinati dal fiume che li spingeva
contro quelli che ancora tentavano
di passare; i più furono uccisi dagli
uomini armati alla leggera che li
raggiunsero di corsa mentre tentavano
di salire sui colli.
Vinti e Vincitori
[29, 1-2] [...] dopo aver attraversato
il fiume essi (i Greci) presero infatti
anche l'accampamento nemico con le
bestie da soma.
[29, 4-5] [...] poiché i vincitori erano
pochi rispetto ai molti morti da
depredare e avevano trovato un
bottino immenso, innalzarono un
trofeo solo il terzo giorno dopo la
battaglia.
[30, 1] Dopo questi avvenimenti,
Timoleonte lasciati nel territorio
nemico i suoi mercenari, a devastare
e depredare i possedimenti dei
Cartaginesi, raggiunse Siracusa.
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