Tradizioni,
arte, confraternite, cappelle del cimitero, canti e poesie arbëreshë
Fino al 1875 i morti a
Contessa sono sepolti nelle chiese o in un “camposanto”
vicino alla chiesa. Dopo il 1870
inizia la costruzione del cimitero,
in attuazione dell’art. 66 del nuovo Regolamento sanitario, che vieta la
sepoltura nelle chiese.
Nel mese di ottobre 1875
viene aperto il nuovo cimitero come risulta da vari riscontri documentali:
* il 29 ottobre 1875 il vescovo di Monreale dà facoltà al parroco
greco di benedire il cimitero.
* il 2 marzo 1876 il sindaco
di Contessa dà facoltà di benedire il cimitero
al parroco greco.
* il 29 aprile 1876 il
vescovo di Monreale dà facoltà al parroco greco di benedire la nuova cappella
del cimitero e di potervi celebrare le
funzioni religiose.
Inizialmente il nuovo
cimitero, in contrada Giarrusso, è costituito da un'area comunale recintata,
dentro la quale è costruita la cappella cimiteriale. Secondo i dati del
registro comunale delle sepolture, la tumulazione dei defunti nel nuovo
cimitero inizia nell'anno 1892. Il cimitero é ampliato e ristrutturato nel
1929, quando viene costruita la facciata
e la camera mortuaria.
Nel nuovo cimitero vengono,
nei decenni successivi, costruite le cappelle delle varie confraternite, (Madonna della Favara, S. Giuseppe e Immacolata)
associazioni private costituite nell’ambito delle parrocchie, sorte con scopi
religiosi e di solidarietà e soprattutto per sostenere le spese connesse al
funerale ed alla tumulazione dei defunti. Nelle varie cappelle sono costruiti i
loculi per i soci delle confraternite, che a tal scopo pagano una quota sociale
annuale.
Le società che oggi hanno
cappelle e loculi nel cimitero di Contessa sono:
- Confraternita di Maria
SS. della Favara, costituita nella chiesa della Madonna della Favara nel 1882. Lo statuto viene modificato nel
1936 e successivamente nel 1971.
- Congregazione Maria SS. Immacolata,
volgarmente detta “Burgisi”, costituita nella chiesa di S. Rocco
nell’anno 1920.
- Congregazione di S.
Giuseppe, costituita nella Chiesa Madre di Contessa Entellina nel 1923. Nel 1949 incorpora la congregazione
dei "Mastri".
- Società di Istruzione e Beneficenza ( nota
come cappella "Mulé").
Molti contessioti ricordano che fino a 50 anni fa, nella chiesa delle Anime Sante, per tutto il
mese di novembre, al mattino presto si pregava per i defunti: si recitava il
rosario, veniva celebrata la
S. Messa , in parte cantata, ed a conclusione si cantava il
noto inno arbëresh “Parkalésiëm për shpìrtrat e mirë”, il cui testo é di
seguito riportato.
Per tutto il mese di novembre rimaneva esposta in passato nella
chiesa delle Anime Sante, accanto all’altare, durante la quotidiana
celebrazione delle funzioni religiose (Rosario e Divina Liturgia) una tela, dipinta nel 1746,
che, con frasi e simboli rappresenta la morte, come evento che riguarda tutti
gli uomini, potenti, umili, ricchi, poveri, ecc.
In questa tela, attualmente esposta nella "Sezione
pinacoteca" del Centro Culturale Parrocchiale (Piazza Umberto I), nella
parte centrale, la morte é rappresentata dal cadavere di un uomo disteso. Nella
parte inferiore invece sono dipinti i cappelli dei papi (tiara), dei re
(corona), dei cardinali, dei vescovi, dei sacerdoti, ecc. Nella parte alta
della tela sono riportate le seguenti frasi che invitano a riflettere sulla
morte:
- “U son or le ricchezze, u
son gl’anni e le gemme e gli scettri e le corone, le mitre con purpurei colori?”
- “Fermati e pria ch’altrove
volgi i passi rimani attento e se non piangi allora o l’anima hai tu di bronzo o il cuore di sasso”.
- “Si muore ed ogni cosa si lassa et all’eternità si
passa”.
- “Ferma il passo e guarda
in me mortale la tua figura cangiata affatto, non forse in vita mia son stato tale qual or tu mi vedi brutto
e sfatto, io fra viventi un dì a te fui
eguale, tu un dì come me sarai
disfatto, né saprai se non io l’originale o tu l’originale ed io ritratto”.
- “Fuimus sicut vos, eritis sicut nos - Fummo come voi, sarete come noi”
- “O tu che guardi in giù, io
fui come sei tu, sarai tu come sono io”.
- “Pensa a questo e vai con Dio”.
Nella
chiesa della Madonna della Favara vi sono due dipinti su tela dedicati alla
morte, appesi alle pareti appena si entra, uno a destra e l’altro a sinistra. Un
dipinto rappresenta la buona morte: un uomo sul letto circondato dagli
angeli, dall’affetto dei suoi cari, dai santi, ecc. Vi si leggono le seguenti
parole: “A diu mi cedirò eternamenti, pri essiri cristianu e penitenti”.
L’altro dipinto invece é dedicato alla cattiva morte: un
uomo disperato circondato da demoni. Vi sono scritte anche le seguenti parole:
“Li spassi ntra lu meghiu mi mancaru, unni l’anni mei comu vularu”.
Il testo del canto-preghiera per i defunti di
seguito riportato, vivo ancor oggi nelle colonie siculo-albanesi, é una
originale espressione della tradizione religiosa popolare di queste comunità di
rito orientale. Questo canto, sia per le parole e l’accorata melodia sia per le
circostanze in cui viene eseguito, suscita una profonda commozione. Il canto viene
solitamente eseguito al termine della Divina Liturgia, celebrata in suffragio
del defunto nel giorno del funerale o in altre ricorrenze.
Il canto inoltre viene
sempre eseguito dai fedeli il giorno della commemorazione dei defunti secondo
il calendario liturgico del rito bizantino (sabato di Pentecoste), mentre il
sacerdote, al termine della Divina Liturgia, celebrata nella cappella del
cimitero, dal sagrato ricorda e benedice
tutti i morti.
Parkalesiëm Preghiera
per i defunti
Parkalésiëm për shpirtrat e mirë, Preghiamo
per le anime buone,
çë te zjarri me paqe durojën che
nel fuoco con pazienza soffrono
e çë presiëm ndër lot me dëshirë e
attendono tra le lacrime con ansia
te parràisi të shkojën në gëzim. Di
passare con gioia nel paradiso.
Zoti Krisht, na të thomi për dita: O
Signore, Ti supplichiamo ogni giorno:
jipi ndiésën Ti prëhien dhuròi, concedigli
il perdono, donagli il riposo,
te ku mblen e pasuesme drita dove
splende la luce inestinguibile
për gjithmonë ata klòfshin të lùmë. Siano essi per sempre beati.
Atà shpirtra t’ën’ Zonë
dishiròjën, Quelle
anime bramano il Signore,
Perëndin atà thresiën gjith-herët, essi
ognora invocano Dio,
Perëndin atà vetëm kërkòjën, essi
cercano solamente Dio,
te parràisi do
t’gjejën pushin. In
paradiso vogliono trovare pace.
Zoti Krisht, na të thomi........ O Signore,
ti supplichiamo........
Po sa rijën se ng’shohiën t’ën Zonë! Ma non potendo vedere Dio,
Sa shërtime nga zëmbrat i dalën! Quanti
sospiri escono dai loro cuori!
Nat’e
ditë pa u lodhur po thonë: Giorno
e notte senza stancarsi pregano:
shuana,
o Zot, ktë të madh’ dishirim. Spegni,
o Signore, questo grande desiderio.
Zoti Krisht, na të thomi........... O Signore, ti supplichiamo........
L’ufficiatura dei morti,
celebrata nel rito bizantino al termine della Divina Liturgia in suffragio, si
conclude ricordando la persona defunta con queste parole (in greco, in albanese
ed in italiano):
Eonìa su i mnìmi,
axiomakàriste ke aìmniste adhelfé imon.
I përjetshëm qoftë kujtimi yt,
o i lumuri dhe i përkujtuari vëllau ynë.
Eterna la tua memoria,
fratello nostro indimenticabile e degno della beatitudine.
Mentre si canta “Parkalésiëm për shpirtrat e mirë...” viene
distribuito ai presenti un dolce, chiamato “collivi”,
grano bollito, mescolato con zucchero in polvere, con l’aggiunta di uva passa,
confetti, nocciole tostate ed erbe
aromatiche. Ogni ingrediente ha un significato:
- il frumento é simbolo della resurrezione: come il chicco di grano
non muore ma coperto di terra nasce
a nuova vita, così il corpo umano, un giorno risusciterà dopo essersi fatto
polvere nei sepolcri
- i confetti, lo zucchero e le piante odorifere sono simboli delle
buone azioni compiute dal defunto quando
era vivo.
Sulla superficie di questo originale dolce sono riportate le
lettere iniziali del nome e del cognome del defunto.
L’origine dei collivi forse risale all’antico uso funebre di
portare sulle tombe dei defunti pane, vino ed altri cibi.
L’uso dei collivi, in passato seguito nei paesi arbëreshë, oggi é
rimasto solamente in qualche comunità, che ha sostituito l’antico simbolico
dolce con una normale torta, che, dopo essere stata benedetta dal
celebrante, viene distribuita a fette ai
presenti. Questa tradizione a Contessa é scomparsa da parecchio tempo.
L’affettuoso ricordo per i
familiari defunti può essere suscitato da circostanze, luoghi, cose, eventi,
ecc. ed essere espresso in tanti modi, come descritto in due poesie, il cui testo (italiano e
arbëresh parlato a Contessa) è riportato di seguito.
Nella poesia “ Tata e arra –
Mio padre ed il noce” l’autore esprime la nostalgia per i momenti belli
trascorsi in campagna col padre, mentre nella poesia “Mëma e Besa – La Mamma e la Fede ” esprime la gratitudine
verso la madre che l’ha educato nella Fede.
Tata e arra Mio
padre ed il noce
Varrenj vendin, Guardo
il luogo,
ku arra e madhe dove
il grande noce
bëjë shumë hjé, spandeva
tanta ombra,
ku rrijta ulur aqë herë, dove
rimasi seduto tante volte,
me tatën e me miqët, con mio padre e gli amici,
kur bëjë shumë vapë, quando
c’era molto caldo,
ku, aqë viet prapa, dove,
tanti anni fa,
tata kopil, mio
padre giovane,
arrën mboli, piantò
il noce,
ndan te gardhi e te kroi. vicino
alla siepe ed alla sorgente.
Nanì arra ishtë te dheu, Adesso
il noce giace a terra,
prerë copa copa, tagliato
a pezzi.
Utha te viti, E’
morto nello stesso anno,
çë tata na lëri. in
cui mio padre ci ha lasciati.
Mëma
e Besa La
mamma e la Fede
Helm i madh më mori Mi
colse un gran dolore
kur mëma më lëri quando
la mamma mi lasciò
e me Besën e t’Ynzoti e
con la Fede nel
Signore
te parrajsi vati.
in paradiso se ne volò.
Ashtù si Vangjeli thot Come
il Vangelo prescrive
e Besa më kujton, e
la Fede vuol che
sia,
mëma ime me sot nell’aldilà
ormai vive
te jetra jetë rron. Da
oggi la madre mia.
Për shërbiset çë më tha Per
quello che m’ha insegnato
u mëmën ng’e harronj, mia
madre non dimenticherò,
për Besën çë më dha per
la Fede che mi
ha dato
nga ditë e kujtonj. Ogni
giorno la ricorderò.
(confraternite e cimitero - continua)
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