“Le riforme strutturali in procinto di essere varate – lascia intendere il governo – concorrerebbero positivamente sia alla crescita economica effettiva e potenziale sia alla sostenibilità di medio-lungo periodo delle finanze pubbliche” e perciò “si ritiene che sussistano in pieno le condizioni affinché l’Italia possa invocare presso le Istituzioni comunitarie l’applicazione della cosiddetta clausola delle riforme strutturali”.
Espressioni utili per prendere e prenderci in giro.
Statiamo er intanto sereni, gli 80 euro arriveranno come promesso. Non saranno 80 per tutti, ma rappresenteranno il massimo dello sforzo che il governo fa per sostenere i redditi più bassi. Una cifra che si assottiglia a mano a mano che ci si avvicina alla busta paga da 1500 euro. Il DEF dovrà passare l’esame, ben più severo di quello delle Camere, degli organi di controllo comunitari a Bruxelles, ad una prima lettura non riserva grandi sorprese. Come anticipato poche ore prima dal viceministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, “è assolutamente in linea con quello che il presidente del Consiglio ha promesso. É un segnale importante. Non ci sono problemi di copertura, per la prima volta non avremo difficoltà nel fare le cose”, si dice.
D’altra parte ai miracoli non ci crede più nessuno; esce confermato che l’equilibrio dei conti è vissuto pericolosamente, che i debiti dell’Italia sono destinati ad aumentare ancora mentre la crescita resterà in coda a quella europea come ci ha ricordato anche il FMI.
Secondo le previsioni del DEF, incentivi e riforme, come la riduzione dell’IRAP o il Job Act (questo però ancora da scrivere), daranno un ‘aiutino’ dello 0,3% del PIL quest’anno che salirà allo 0,9 il prossimo. Neutra e' invece, ai fini della crescita, la manovra degli sgravi IRPEF. Meglio andrà nel 2016 con 1,3 punti, 1,7 nel 2017 e 2,1 nel 2018.
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