Nascita, 6 Nov. 1954
I politici parlano di
evasione fiscale: ma bocciano il redditometro
In un Paese popolato da evasori fiscali, anche solo accennare a qualcosa che faccia pensare di dover pagare le tasse è un tabù. E in campagna elettorale diventa un autogoal per chi si azzarda a parlarne, e un’arma potente nelle mani non solo degli avversari ma degli alleati: tanto più se sono a caccia di voti. Quanto è accaduto in queste ore conferma sia le polemiche strumentali, sia la cultura secondo la quale il Fisco risulterebbe una sorta di «pizzo di Stato», come disse una volta la premier Giorgia Meloni. Oppure un «Grande Fratello fiscale». Per questo, dopo il decreto del viceministro di FdI, Maurizio Leo, si è creato il vuoto: a cominciare proprio da Palazzo Chigi, che lo ha smentito nel timore, giustificato, di un’aggressione di FI e Lega. Cosa puntualmente avvenuta, con il vicepremier del Carroccio, Matteo Salvini, scandalizzato perché la misura non sarebbe «degna di un Paese civile». E con l’altro vice, il berlusconiano Antonio Tajani, pronto a chiederne l’immediata abolizione. Ma l’ostilità contro il «Grande Fratello fiscale» non è solo dei partiti di destra. Tra le opposizioni il M5S ha tuonato contro la premier, accusandola di volere tartassare i contribuenti. Mentre il Pd ha fatto notare come gli scontri nella coalizione sulle questioni economiche stiano diventando quasi quotidiani: da quello recente tra il ministro dell’Economia, il leghista Giancarlo Giorgetti, e Tajani sul superbonus edilizio, al pasticcio del redditometro.
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