Giugno 1924
La notizia del rapimento dell'onorevole Matteotti, parlamentare e segretario del Partito Socialista Unitario, si diffonde nel pomeriggio dell'11 giugno 1924 (all'indomani della scomparsa). L'allarme investe prioritariamente i compagni di partito.
Filippo Turati scrive ad Anna Kuliscioff "Siamo in una pena orribile sulle sorti di Matteotti (...) ieri alle 16 uscì di casa e non so se passò alla Camera, ma nessuno di noi l'ha visto e da allora non se ne hanno più notizie. (...) La moglie lo attese btutta la notte alla finestra, e più tardi scrisse a noi per avere notizie. E' moralmente impossibile che egli sia assente durante la discussione dell'esercizio provvisorio, per la quale stava anche preparando un discorso, ma più moralmente impossibile che, quand'anche avesse creduto di assentarsi o perchè pedinato o perchè minacciato, non pensasse di far arrivare in qualche modo una parola rassicurante alla mamiglia e a noi".Dopo ancora un giorno di angosce e di consultazioni e ricerche, il 13 giugno, i giornali socialisti, l'Avanti! e la Giustizia, parlano sia pure con più punti interrogativi, di un "fosco delitto antisocialista" e, con titoli più cauti e misurati, gli altri giornali di opposizione al governo, dal "Mondo" alla "Stampa", al "Corriere della Sera" di Luigi Albertini.
Il "Popolo d'Italia", giornale fascista, addossa immediatamente il delitto, il sospetto di delitto, a imprecisati "nemici del fascismo" e su queste posizioni si allineano tutti i gionali e testate nazionali e non fiancheggiatori del fascismo. Nessun giornale mette in discussione il ruolo del regime. Il clima politico a Roma e nel paese, attraverso i circoli socialisti, comincia ad allarmarsi e Mussolini ndella serata del 12 giugno sente il bisogno di rassicurare la sua maggioranza parlamentare di Montecitorio. In quella sede afferma "Credo che la Camera sia ansiosa di avere notizie sulla sorte dell'on.le Matteotti, scomparso improvvisamente nel pomeriggio di martedì scorso in circostanze di tempo e di luogo non ancora ben precisate, ma comunque tali da legittimare l'ipotesi di un delitto che, se compiuto, non potrebbe non siscitare lo sdegno e la commozione del Governo e del parlamento. Comunico che appena gli organi di polizia della prolungata assenza dell'on. Matteotti, io stesso impartii ordini tassativi per intensificare le ricerche a Roma, fuori Roma, in altre città e ai paesi di frontiera. La Polizia, nelle sue rapide intagini, si è già messa sulla strada di elementi sospetti e nulla trascurerà per fare luce sull'avvenimento, arrestare i colpevoli ed assicurarli alla giustizia. Mi auguro che l'on. Matteotti possa ritornare in parlamento".
I giornali non allineati dell'epoca scrissero che Mussolini nell'occasione mostrò, con tono imbarazzato e indeciso, e addirittura con incertezza a lui non abituale, la difficoltà personale e quella di governo. Qualche parlamentare di istintò ebbe ad esclamare "Allora è complice!". Ed in effetti già al momento dell'intervento parlamentare (19,30 del 12 giugno), Mussolini sapeva bene quale era stata la fine di Matteotti e persino dove era stato malamente sepolto da A. Volpi, A. Poveruomo, A. Viola, e A. Malacria, comandati da Amerigo Dumini, lo squadrista regolarmente scritto a libro paga dalla Presidenza del Consiglio.
(Fonte di quanto riportato sopra è il
testo "L'Avvento del Fascismo e il Regime".
La Biblioteca di Repubblica
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