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martedì 26 aprile 2022

Era il 26 Aprile

 1986 

Nella centrale nucleare V. I. Lenin presso Chernobyl, nell’Ucraina settentrionale, una scissione dell’acqua di refrigerazione in idrogeno e ossigeno provoca la rottura delle tubazioni del sistema di raffreddamento del reattore scatenando un vastissimo incendio. Il disastro, classificato al livello 7 della scala Ines dell’Iaea, è insieme a quello di Fukushima del 2011 in Giappone il più grave mai avvenuto nella storia. 

“La dipendenza dalla Russia dell’Ucraina non è limitata al gas. La Russia provvede al 100% delle forniture di combustibile nucleare ed allo stoccaggio del combustibile esausto delle sue centrali”.

Nel 2009 lo Sbu (Sluzhba Bezpeky Ukrayiny, Servizio segreto ucraino) introduce così la nota pubblicata da Wikileaks in cui viene sintetizzato lo schema della penetrazione occidentale nelle attività nucleari dell’Ucraina, volta a mettere le mani su consistenti profitti scalzando il ruolo pressoché monopolista di Mosca.

Nella vicenda, l’irrisolto “affare Chernobyl” ha un ruolo molto importante: da tempo infatti sembra che Kiev abbia cominciato a vedere in Chernobyl un’opportunità piuttosto che un problema.

Un’opportunità, ad esempio, per lo stoccaggio dei rifiuti nucleari provenienti dalle sue centrali, specie considerando che l’Ucraina prevede addirittura di raddoppiare entro il 2035 la propria produzione di energia nucleare, che oggi rappresenta oltre il 40% del suo mix energetico. Una previsione certamente ambiziosa e forse illusoria, considerando la situazione politica ed economica del paese.

(Rivista Limes

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