Mondo Contadino
La qualificazione di "mondo contadino" attribuibile alla realtà feudale della quasi integralità della Sicilia interna rispetto alla costa (ma comprendente pure gran parte dei litorali), non va letto da noi che viviamo nel XXI secolo solamente come prevalenza dell'attività lavorativa nei campi per la sopravvivenza. Quell'espressione esprime una configurazione organica ed integrale delle condizioni materiali e socio-economiche (proprietà della terra, radicamento territoriale nel senso che non sempre era fattibile il trasferimento da un centro feudale all'altro, organizzazione del lavoro, ruolo femminile, tipologia della famiglia patriarcale, tipologia degli insediamenti in luoghi scoscesi, rapporto col denaro e con l'imposizione feudale e regia, stile di vita lontano dai modelli liberi del mondo odierno). Quel mondo siciliano del XV, XVI secolo era davvero -sotto qualsiasi profilo- lontano dal nostro modo di pensare oggi.
Quegli arbëreshe che venivano dall'Oriente Cristiano, che erano abbondantemente accompagnati dai loro papàs (sacerdoti prevalentemente sposati e con famiglia al seguito) si imbatterono nella terra dei Peraltà-Cardona con un cattolicesimo che non esitava a perseguitare i diversi (soprattutto gli ebrei cacciati via dai vicini paesi di Bisacquino, Giuliana etc. e dall'intero Regno) e che nel tessuto sociale aveva inculcato una mentalità esclusivista che non ammetteva alcuna tolleranza su credenze diverse e mentalità diverse, dovettero avere parecchi problemi prima di leggere ed interpretare bene la nuova realtà.
raffigurazione sulla cacciata degli ebrei |
Non per nulla preferirono insediarsi in realtà abitate esclusive, da loro stesse costruite, piuttosto che mescolarsi all'interno di centri già abitati in cui di spazi vuoti creati dalla cacciata di migliaia di ebrei dovevano sussisterne abbastanza.
E' ovvio comunque che i luoghi di stanziamento a loro assegnati venivano già individuati sin dallo sbarco a Messina, dove i baroni vicini al Vice-re facevano a gara ad accaparrarsi gruppi di immigrati pur di ripopolare i loro feudi e le loro "università" feudali da tempo abbondantemente spopolate, mentre il mercato extra-siciliano richiedeva grosse quantità di grano.
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Le città demaniali
Pochi arbëreshe giunti in Sicilia, con primo imbatto a Messina, furono indirizzati nelle città demaniali, che erano allora una quarantina. Queste erano città che non facevano i conti con i baroni, dipendevano direttamente dalla Monarchia. C'è da dire che in esse abitavano generalmente in monumentali palazzi i baroni, ossia i baroni che erano contemporaneamente Signori delle realtà feudali. Essi nel tempo, via via, avevano abbandonato i castelli dei loro domini per più confacenti e vivibili cittadine.
Abbiamo scritto che le città demaniali non facevano i conti con i baroni nel senso che non erano i baroni "su diritto proprio" che le amministravano bensì lo facevano egualmente su scelta della Monarchia.
Nel '600 però venne meno la demanialità regia su tutte le città e di fatto i baroni, unici elettori, estesero il loro potere "politico" oltre che nelle università feudali anche in quelle ex-demaniali dove risiedevano (essendo gli unici elettori).
Erano città demaniali nel XV secolo, ovviamente Palermo (sede del Parlamento) e Messina (per lungo tempo sede del governo regio/vice-regio).
Catania
Acireale
Marsala
Trapani
Termini
Modica
AlcamoCaltagirone
Caltanisetta
Ragusa
Erano città di secondo rango:
Monreale, Cefalù, Milazzo, Siracusa, Licata, Sciacca, Mazara, Mistretta, Castelvetrano, Corleone, Girgenti, Lentini, Monte San Giuliano, Naro, Vizzini, Mineo, Scicli, Noto.
Alcune di queste in taluni periodi persero la demanialità nel senso che la Monarchia, bisognosa di risorse, le cedeva dietro compenso ad uno dei baroni. Per riconquistare lo status di demaniale la città doveva pagare un buon riscatto al Tesoro regio non sempre quindi i loro Statuti furono rispettati, se non previo riscatto dell'antica demanialità.
Questa pagina sulle città demaniali l'abbiamo voluta riportare perchè nelle prossime raffigurazioni punteremo esclusivamente sulle realtà più prettamente feudali, le "università baronali".
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