CORRIERE DELLA SERA
Guido Olimpio WASHINGTON
Alleati. Forse meglio
dire partner in una coalizione che cessa di essere tale quando entrano m gioco
i propri interessi. E allora prima di sbarcare con i nostri soldati in terra
d'Africa meglio valutare. L'Italia ha i suoi obiettivi che non necessariamente
collimano con quelli americani, francesi e britannici. Alti i rischi.
La scelta
degli Usa
Sulla scacchiera di sabbia e petrolio libica, Washington muove
secondo la classica strategia di guerra leggera. I caccia e i droni braccano l'lsis,
ogni tanto un commando sbarca per portarsi via un terrorista. Azioni condotte
con l'aiuto di elementi locali.
Il Pentagono ha pescato la sua milizia ad hoc -
il Battaglione 22 -, ha contatti con il generale Haftar, l'ambizioso ufficiale
di Bengasi, ha uomini tra Misurata e l'aeroporto di al Watiya, nell'Ovest.
La
scelta è quella del contenimento unito a qualche mazzata per scompaginare le
file dello Stato Islamico.
Unità terrestri? Solo incursioni di forze speciali.
Per loro è possibile grazie alla base di Sigonella, alla task force navale e
alle sponde regionali. Se vogliono, possono tirarsi fuori rapidamente.
La
strategia francese
Con Sarkozy, la Francia è stata il motore della campagna
anti-Gheddafi, ha continuato a operare in modo aperto e coperto. Ha puntato su
Haftar a oriente, e le brigate di Zintan a occidente, usando come elemento di
contatto la comunità berbera, ben presente a Parigi e attestata su posizioni
laiche.
Da tempo soldati francesi e forse britannici lavorano a Benina:
addestrano le unità del generale. Se la milizia è riuscita a conquistare due
importanti posizioni costiere a Bengasi attraverso le quali l'lsis riceveva
aiuti lo si deve anche all'assistenza dei consiglieri transalpini.
Parigi vuole
imporre la sua influenza e contrastare i jihadisti. Che minacciano anche l'area
francofona del Sahel.
I rischi militari
Lo scenario libico non è diverso da
altri dove operano gruppi guerriglieri, miliziani, l'lsis e al Qaeda nella terra
del Maghreb (mai dimenticarla).
Tutto è fluido, mai netto. Nell'arsenale nemico
molte le frecce. Veicoli-bomba guidati da kamikaze (tattica identica a quella
vista in Siria). Agguati con ordigni esplosivi: gli estremisti, in questi anni,
hanno sviluppato le tecniche. Imboscate mordi e fuggi. Attacchi a installazioni
fisse. Incursioni con barchini riempiti di esplosivo. Il territorio è ampio
anche se l'attività dovrebbe essere concentrata sull'area settentrionale.
L'Italia in passato ha parlato di 3 mila uomini, gli accordi «segreti» ne
prevedevano 5 mila, la cifra indicata dall'ambasciatore Usa nell'intervista al
Corriere. Comunque pochi rispetto allo schieramento opposto.
Il Califfo ha
circa 6 mila uomini, sempre che il dato sia veritiero. La studiosa Claudia
Grazzini dell'ICG, ha invitato alla prudenza, sostenendo che le testimonianze raccolte sul campo parlano di numeri più bassi.
I rischi politici
La
vicenda degli ostaggi è la piccola spia dei grandi giochi. Lo schieramento che
ora ti accoglie come amico, domani ti tratta da nemico. E la storia del governo
di unità nazionale - la cui nascita è condizione principe posta da Roma per
intervenire - è solo l'esile foglia di fico. C'è l'evidente pericolo che mentre
l'Italia insegue un vago piano di stabilizzazione, altri lavorino per
sabotarlo. Le fazioni possono cambiare di campo, altri ci considereranno degli
invasori. L'epoca coloniale è lontana, ma ci vuole poco a usare questa carta
dopo una mano di pittura islamista o nazionalista. Poi ci sono gli alleati occidentali: vogliono darti il comando per poi fare
quello che gli pare.
L'Italia può diventare il parafulmine che attira vendette,
provocazioni. Se non ci sono certezze sul dopo, meglio restare a casa.
Beirut e
Mogadiscio
Nell'82 l'Italia partecipò alla missione di pace con Usa, Francia e
Gran Bretagna in Libano. Una forza di interposizione. Gli americani rimasero
trincerati, i francesi affiancarono in modo discreto i cristiani, noi molto più
neutrali. Un disastro per gli alleati, con il doppio attentato del 1983 contro
para e marines, considerati target dall'asse Siria-Iran-Jihad sciita.
Dieci anni
dopo la Somalia. Anche là, non poche incomprensioni e contrasti, accresciuti da
differenti vedute su cosa fare. Ai vertici Onu c'era chi non ci amava. Gli Usa
subirono anche l'umiliazione di Black Hawk Down, con gli elicotteri in una
trappola.
Due storie lontane studiate da Bin Laden, convinto di aver scoperto i
punti deboli dell'Occidente ogni volta che hanno messo il piede in terra
straniera.
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