di Calogero Raviotta
Molti e
particolarmente interessanti sono gli anniversari 2016, che offrono l’occasione
per far conoscere alcuni momenti, antichi e recenti, di Contessa e del suo
territorio (storia, personaggi, patrimonio
culturale, ecc.).
Due anniversari,
cui è stato dedicato il testo di un blog recente (28 gennaio 2016), riguardano
l’antica città di Entella: occupazione da parte dei romani nel 216 a. C.e la sua distruzione definitiva
nel 1246 da parte dei militari di
Federico II, per eliminare la presenza dei Saraceni in Sicilia, i cui
superstiti sono deportati a Lucera di Puglia.
L’anno 1516 è particolarmente
importante per la storia di Contessa perché può essere considerato l’inizio di
un periodo di incremento e di stabilizzazione di Albanesi nel casale di Contessa:
un primo nucleo di 14 famiglie di militari, insediati con le loro tende nel
1450 nei pressi del castello di Calatamauro, negli anni successivi si
trasferisce nella contrada Musgat, dove sorgeva un piccolo insediamento
medioevale attorno alla cappella rurale di S. Nicola, completamente distrutto
da una frana all’inizio del secolo XIV.
Dal 1450 al 1516
il casale di Contessa è interessato dall’arrivo di profughi albanesi, che non
sempre vi si stabiliscono definitivamente, per cui l’esiguo numero di famiglie
residenti non ottiene dai Cardona Peralta, signori di Contessa, i Capitoli, che
invece vengono sottoscritti dalle comunità albanesi di Palazzo Adriano (1482),
Piana (1488), Mezzojuso (1501) e Biancavilla (1488). La comunità albanese di
Contesssa fino al 1516, secondo Nicolò Chetta, coltiva alcune terre del casale
in base a particolari concessioni, rinnovate periodicamente. Porta la data del
14 dicembre 1517 il primo atto formale di concessione di feudi agli Albanesi
del casale di Contessa: concessione in affitto per nove anni dei due feudi di
Serradamo e Contesse per 32 onze annuali.
Sono passati quindi 500 anni dal 1516, che segna la
conclusione dell’insediamento precario degli Albanesi nel casale di Contessa, che
viene stabilizzato con le concessioni formali degli anni successivi: contratto
di affitto nel 1517, concessione in enfiteusi nel 1520, atto di vassallaggio
del 1521.
Sono passati invece 400 anni da un evento
storico particolarmente significativo per la storia di Contessa: il fallito tentativo del vescovo di Girgenti di far
passare al rito latino l’intera comunità contessiota nell’anno 1616.
Vengono
riportati di seguito due brevi testi di Pompilio Rodotà (professore di lingua
greca nella Biblioteca Vaticana ed avvocato della Curia Romana) estratti dalla
sua opera sul rito greco in Italia (tre volumi pubblicati a Roma, 1758 – 1763).
“Nell’anno 1616
mons. Bonincontri abbracciare
definitivamente il rito latino, come avevano praticato gli Albanesi di S.
Angelo. Quei di Contessa contro l’operato del Vescovo ricorsero alla Santa
Sede, la quale per lettera del Santo Ufficio del 7 ottobre 1617 ordinò al
Vescovo di Girgenti, alla cui diocesi apparteneva Contessa, di non molestare e permettere ai ricorrenti
Albanesi l’osservanza del rito greco”.
Non sono finora
note le motivazioni per cui il vescovo aveva chiesto il passaggio al rito
romano degli Albanesi di Contessa.
Rodotà inoltre scrive a proposito di S. Angelo
Muxaro: “Mons.
Domenico Bonincontri, vescovo di Girgenti, approfittando dell’indifferenza
degli abitatori, li trasportò al rito latino nel 1616. Il vescovo di cui si
parla è lo stesso che “non avendo lasciato verun motivo di persuadere agli
Albanesi di Contessa la rinunzia al rito greco, usò l’anno 1616 tutti gli
artifizi per trarli al latino, ma indarno perché essi, animati dallo spirito di
fortezza e di coraggio, ebbero ricorso alla Santa Sede, la quale diede loro il
contento di poter continuare nel godimento della pace, che ritrovarono
nell’osservanza del rito greco dei loro antenati” (opera di Rodotà, pag. 114).
La storia di
Contessa, in tutti i suoi aspetti (religioso, sociale, culturale, ecc.),
sarebbe stata certamente molto diversa dopo il 1616 col passaggio al rito
latino di tutta la comunità contessiota. Questo anniversario merita pertanto un
approfondimento, cui possono contribuire quanti sono interessati alla storia di
Contessa inviando i loro testi al “contessioto”.
Il predetto
tentativo del vescovo di Agrigento di eliminare l’identità religiosa bizantina dei
contessioti richiama alla memoria il tentativo più recente del comune di
Bisacquino di eliminare l’identità territoriale e amministrativa di Contessa
proponendo nel 1929 di declassare
Contessa e Campofiorito a frazione di Bisacquino.
Il
dott. Luigi Genovese, Podestà di Contessa, si oppose decisamente alla pretesa
di Bisacquino, come emerge chiaramente dal testo della delibera n. 106 adottata
il 22 novembre 1929, di cui viene riportato, di seguito un breve estratto.
Il
Podestà di Contessa rilevò che “la realtà è ben altra e non depone certamente
in favore delle egoistiche pretese” di Bisacquino, per cui “occorre smantellare
un edificio artificioso accampato in aria” e pertanto delibera “opporsi fortemente alla domanda di quel Podestà con
analogo ricorso, di cui ne autorizza la redazione e la presentazione, adducendo
tutte le ragioni che militano a favore di questo Comune, acciocché sia
scongiurato il disastro della totale scomparsa di un vetusto Comune non solo ma
anche non sia menomamente intaccata l’integrità del suo avito territorio,
indispensabile alla sua esistenza.”>
A fronte delle fondate motivazioni addotte
da Contessa nel ricorso, le assurde e infondate aspettative di Bisacquino
furono deluse. Il merito della favorevole conclusione del ricorso di Contessa
va principalmente riconosciuto all’impegno ed all’interessamento del
concittadino Prof. Felice Chisesi (1895-1958), docente di Lettere al liceo Giulio Cesare di Roma.
P.
S. - Può risultare utile a chi vuole approfondire gli eventi sopra citati
consultare la bibliografia,
riportata il 31 gennaio 2014 dal blog “IlContessioto”.
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