CORRIERE DELLA SERA
Le polemiche dopo le primarie di Roma e Napoli. Ma soprattutto la situazione in cui versa il Pd: «Una condizione gravissima» con una classe dirigente che «reagisce insultando e calunniando con metodi staliniani.
Il partito è in mano a persone arroganti e autoreferenziali che vogliono distruggerlo».
L'ex premier Massimo D'Alema dice al Corriere: «Nascono, associazioni e gruppi, ma verrà qualcuno a unirli per ricostruire il centrosinistra».
E ancora: «Le primarie? Bisogna riscrivere le regole».
di Aldo Cazzullo
Massimo D'Alema, allora ci siamo? Bray candidato
a Roma, Bassolino a Napoli, tutti contro Renzi, con lei regista?
«Sono sbarcato all'alba a Fiumicino dall'Iran,
dove Vodafone non prende. Non avevo ne telefono ne Internet. Non so nulla di
quello che è successo in questi giorni. So solo che il Pd versa in una
condizione gravissima, e la classe dirigente reagisce insultando e calunniando
con metodi staliniani».
Lei a Roma
sostiene Bray, sì o no?
«Massimo Bray è un mio carissimo amico, ma è un
uomo libero e indipendente. È anche una delle persone più testarde che ho
conosciuto in vita mia. Non sente nessuno; decide, e va rispettato nella sua
decisione. E non è neppure iscritto al Pd. Basta consultare la Rete per vedere
quanti cittadini e associazioni si stanno rivolgendo a lui; anche se io non
figuro, non faccio parte di questa comunità».
Quindi lei
vota Giachettì?
«Non so ancora chi siano i candidati. Li valuterò
liberamente da cittadino romano. Non so cosa farà Bray. Certo non ho il minimo
dubbio che la sua candidatura sarebbe quella di maggior prestigio per la
Capitale; mentre qui pare tutto un giochino interno al Pd. Sono molto attaccato
a questa città, che dopo le vicende drammatiche che ha vissuto merita un
sindaco di alto livello, a prescindere dall'appartenenza di partito».
Giachettf non
lo è?
«Giachetti si è fotografato su Internet mentre
traina un risciò su cui è seduto Renzi. Ma questa non può essere l'immagine del
sindaco di Roma, neanche per scherzo, il quadro è estremamente preoccupante.
C'è una crisi della democrazia. Una caduta di partecipazione e tensione
politica, di fronte alla quale i partiti, compreso il Pd, non riescono a
schierare personalità all'altezza». Siamo
alla scissione che lei paventò un anno fa sul «Corriere»?
«Sta crescendo un enorme malessere alla sinistra
del Pd che si traduce in astensionismo, disaffezione, nuove liste, nuovi
gruppi. Si tratta di un problema politico e non di un complotto di D'Alema, che
è impegnato in altre attività di carattere culturale e intemazionale».
Lei è uno dei
fondatori del Pd. Ci sarà o no la scissione?
«Anche Prodi lo è, e anche lui mi pare sempre più
distaccato, il Pd è finito in mano a un gruppetto di persone arroganti e
autoreferenziali. Dei fondatori non sanno che farsene. Ai capi del Pd non è
passato per l'anticamera del cervello di consultarci una volta, in un momento
così difficile. Io cosa dovrei fare? Cospargermi il capo di cenere e
presentarmi al Na2areno in ginocchio a chiedere udienza a Guerini?».
A Napoli
bisogna annullare le primarie?
«I dati sono impressionanti. Nelle aree di voto
d'opinione, Bassolino è nettamente avanti. In altre zone è sotto di tremila
voti: a proposito di capibastone e di truppe cammellate, come le chiamano i
nostri cosiddetti leader. Bassolino denuncia un mercimonio. Produce video che
lo provano. E il presidente del partito, con il vicesegretario, rispondono che
il ricorso è respinto perché in ritardo? Ma qui siamo oltre l'arroganza. Siamo
alla stupidità».
Il presidente
del partito, Matteo Orfini, è una sua creatura.
«Nella vita si può evolvere in tanti sensi. Del
resto, loro dicono che sono bollito; anch'io avrò
avuto una mia evoluzione. Ma come non capire che una risposta cosi sconcertante getta discredito sul partito, sulla politica?».
avuto una mia evoluzione. Ma come non capire che una risposta cosi sconcertante getta discredito sul partito, sulla politica?».
Basta primarie
allora?
«Non ho detto questo. Ma cosi hanno perso ogni
credibilità. Sono manipolate da gruppetti di potere. Sono diventate un gioco
per falsificare e gonfiare dati. Bisogna scrivere nuove regole. E intanto
rispettare quelle che già ci sono».
A Milano la
sinistra Pd aveva pensato a Gherardo Colombo.
«Nessuno potrebbe sospettarmi di essere
l'ispiratore di Gherardo Colombo: l'ultima volta che ci siamo incrociati,
scrisse che con la Bicamerale volevo realizzare il programma della P2. Il punto
vero è che il Pd non ce la fa più a tenere insieme il campo di forze del
centrosinistra. E dubito che riuscirà a compensare le masse di voti perse a
sinistra alleandosi con il mondo berlusconiano: non solo Alfano,Verdini, Bondi,
ma anche Mediaset e uomini di CI.
A destra viene riconosciuto a Renzi il merito di
aver distrutto quel che restava della cultura comunista e del cattolicesimo
democratico. Ma cosi ha reciso una parte fondamentale delle radici del Pd.
Ha soffocato lo spirito dell'Ulivo: del resto
Renzi non ha mai nascosto il suo disprezzo per l'esperienza di governo del
centrosinistra, che anzi è bersaglio costante della sua polemica».
Il premier
replica che mai lei e Bersani avete avuto una parola in sostegno del governo. «
Non è vero. Potrei elencare una serie di mie
dichiarazioni a favore del governo, a cominciare dagli 80 euro».
Allora Renzi non governa così male.
«L'Italia cresce dello 0,7%. Questo dato modesto
viene presentato come frutto di grandi riforme. In realtà, la ripresa sia pur
faticosa investe tutta l'Europa; e la ripresa italiana è metà di quella
europea, forse un po' meno. La Germania cresce dell'1,7, con la disoccupazione
al 6. Altro che "siamo più forti dei tedeschi, l'Italia ha ripreso a
correre, non ce n'è più per nessuno".
Sarebbe carino evitare la propaganda e dire la
verità al Paese. Il nostro gap viene da lontano, non è certo colpa di Renzi. Ma
lo si affronta con un vero progetto riformista di innovazione. Non vedo questo
ne nel Jobs act né nella cancellazione dell’Imu».
Sta dicendo
che Renzi somiglia più a Berlusconi che all'Ulivo?
«Oggettivamente è così. La cultura di questo
nuovo Pd è totalmente estranea a quella originaria. Anche la sua riforma
elettorale si ispira a quella di Berlusconi, non alla riforma uninominale
maggioritaria voluta dalle forze dell'Ulivo. È una legge plebiscitaria: non si
elegge il Parlamento; si vota il capo».
Nascerà un
partito alla sinistra del Pd?
«Molti elettori ci stanno abbandonando. Compresi
quelli che ci avevano votato alle Europee, nella speranza che Renzi avrebbe
rinnovato la vecchia politica: ora vedono un gruppo di persone che ha preso il
controllo del Paese, alleandosi con la vecchia classe politica della destra.
Non so quanto resteranno in stato di abbandono. Nessuno può escludere che, alla
fine, qualcuno riesca a trasformare questo malessere in un nuovo partito».
Perché invece
non combattere una battaglia interna al partito?
«L'attuale gruppo dirigente considera il partito
un peso. Gli iscritti sono poco più di 300 mila; il Pds ne aveva 670 mila. Si
tende a trasformare il Pd nel partito del capo. Tutti quelli che non si
allineano vengono brutalmente spinti fuori. Guardo con simpatia alla battaglia
della minoranza, ma non mi pare che, purtroppo, riesca a incidere sulle
decisioni fondamentali».
Renzi obietta
che è stato il segretario a convocare più direzioni.
«La direzione è una cassa di risonanza. È un
luogo dove lui fa dei discorsi e viene applaudito. Poi si vota a maggioranza
cose che dovrebbero vincolare tutti. Ma la politica è ascolto, scambio,
mediazione».
Separare
l'incarico di segretario da quello di premier aiuterebbe a tenere tutti
insieme?
«Ma loro non vogliono tenere insieme il
centrosinistra. Vogliono sbarazzarsene. Mi fanno ridere quelli che lanciano
l'allarme sul partito della Nazione; il partito della Nazione è già fatto, è
già accaduto. Lo schema mi pare evidente: approfittare della crisi di
Berlusconi per prenderne il posto. Ma è un'illusione. Il problema non è
Verdini, che è uomo intelligente e molto meno estremista di alcuni suoi partner
del Pd.
Verdini ha capito che se Renzi rompe con la
sinistra va dritto verso la sconfitta, magari in un ballottaggio con i Cinque
Stelle. Per questo, capendo di politica, è preoccupato».
Sta dicendo
che Renzi sarà sconfitto?
«Secondo me, una volta lacerato il
centrosinistra, non viene il partito della Nazione; viene il populista Grillo.
O viene la destra. Perché il ceto politico berlusconiano che oggi si riunisce
attorno a Renzi non gli porterà i voti di Berlusconi. La destra è confusa, ma
esiste, e una volta riorganizzata voterà per i suoi candidati. Renzi sposterà
voti marginali, non paragonabili a quelli che perde. Di questo bisogna
discutere, anziché insultare la gente. La vera sfida è come si ricostruisce il
centrosinistra. Ed è, oggi, una battaglia che non si conduce più, oramai,
soltanto all'interno del Pd».
Lei come
voterà al referendum di ottobre?
«Al momento opportuno presenterò in modo motivato
le mie opinioni. Non mi sento vincolato se non dalla mia coscienza: si vota
sulla Costituzione della Repubblica. La rivista Italianieuropei sta preparando
un numero sui 70 anni della Costituzione. Ho appena ricevuto il contributo di
Giorgio Napolitano. Si intitola: "Elogio di una classe dirigente". Ma
si riferisce a quella del 1946; non a questa».
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