“Notificare” significa portare a
conoscenza di qualcuno una posizione/atto esistente in capo al
destinatario.
La notifica esattoriale, in via generale, è
eseguita presso il domicilio fiscale del contribuente-debitore (casa abitazione, ufficio, azienda e
quant’altro) ed è certificata dalla specifica notifica ovvero dalla
dichiarazione con cui il soggetto incaricato alla consegna (messo notificatore)
attesta la data, l’ora e luogo di consegna dell’atto nella mani del destinatario
o di soggetti terzi autorizzati e identificati,
nonché le ricerche effettuate e le motivazioni dell’eventuale mancata consegna.
La mancata notifica o la presenza di vizi di notifica dell’atto può
permettere al contribuente-debitore di formulare una contestazione del tributo
richiesto, anche in sede di ricorso giurisdizionale e, di conseguenza,
facilitare il disconoscimento della pretesa
dell’ente impositore.
L’art. 25 del DPR n. 602/1973, dispone che la cartella di pagamento deve essere notificata, a pena di decadenza,
entro il 31 dicembre:
- del secondo anno successivo a quello in cui
l’accertamento è divenuto definitivo.
- del terzo anno successivo a quello di presentazione
della dichiarazione, in caso di liquidazione automatica eseguita ai sensi
degli articoli 36-bis e seguenti del DPR n.602/1973 e dell’art. 54-bis del
DPR 633/72;
- del quarto anno successivo a quello di presentazione
della dichiarazione, in caso di controllo formale, di cui all’art. 36-ter
del DPR n. 600/73.
Gli atti impositivi sono provvedimenti “recettizi” che nascono soltanto se
regolarmente notificati.
Di conseguenza, ogni vizio concernente la notifica dovrebbe, secondo una
parte della dottrina, comportare l’inesistenza dell’atto.
Sul punto, il comma 3 dell’art. 19 del Dlgs n546/1992 dispone che “la mancata notificazione degli atti autonomamente impugnabili, adottati
precedentemente all’atto notificato, ne consente l’impugnazione unitamente a
quest’ultimo”.
Una sentenza della Corte di Cassazione del 25/07/2007 (n.16412) ha chiarito
l’operatività del citato comma 3, dell’articolo 19, affermando che nella
sequenza procedimentale imposta dal legislatore:
“[…] L’omissione della notificazione di una
atto presupposto costituisce vizio procedurale che comporta la
nullità dell’atto consequenziale notificato e tale nullità può essere fatta
valere dal contribuente mediante la scelta […] di impugnare, per tale semplice
vizio, l’atto consequenziale notificatogli, rimanendo esposto alla successiva
azione dell’amministrazione, esercitabile soltanto se siano ancora aperti i
termini per l’emanazione e la notificazione dell’atto presupposto o di
impugnare cumulativamente quest’ultimo (non notificato) per contestare
radicalmente la pretesa tributaria”
Coerentemente alla sentenza della Corte di Cassazione, la strategia difensiva si delineerà a seconda della
casistica di riferimento.
- La radicale contestazione della pretesa tributaria lascia comunque
aperti i termini all’amministrazione finanziaria di rimediare
all’omessa notifica (qualora nei
tempi), riaprendo i termini mediante emissione di effettivo atto notificante,
e, nello stesso tempo, creando nuovi scenari di
giudizio.
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