Leonardo Lala (Narduci), un contadino
poeta e scrittore arbëresh"
Molti
sono i contessioti che, operando a Contessa o altrove, si sono distinti in
campo culturale, ecclesiastico, professionale, ecc. Nel Centro Culturale
Parrocchiale, per far conoscere questi concittadini, la cui opera onora loro
stessi ed il paese natio, è stato dedicato lo spazio "Galleria dei
personaggi noti e meno noti di Contessa", una bacheca in cui sono esposti
un breve profilo biografico e la fotografia di ciascuno. Ad alcuni inoltre
l'Associazione Culturale "Nicolò Chetta" ha dedicato giornate
culturali, convegni, mostre e conferenze. Alcuni sono stati già proposti ai
lettori: prof. Giuseppe Schirò (blog del 5 febbraio), padre Lorenzo Tardo (blog
del 12 febbraio) ed un elenco dei personaggi è stato riportato nel blog del 5
febbraio. Di seguito viene riportato un profilo biografico di Leonardo Lala
(Narduci), che molti hanno conosciuto personalmente.
Contadino poeta e scrittore
arbëresh"
Ho
conosciuto fin da quando ero ragazzo Leonardo Lala, dai Contessioti
familiarmente e amichevolmente chiamato "Narduci" (si legge NARDUZI).
L'ho
incontrato tante volte in piazza, al Circolo "Skanderbeg" o mentre
lavorava nei suoi campi o mentre col suo mulo, andava in campagna.
Nato
nel 1906 a Contessa Entellina da genitori arbëreshë (sua mamma Caterina
apparteneva alla famiglia Musacchia-"Kurseri"), nel 1910 emigrò negli
U.S.A (New Orléans) con tutta la famiglia, dove già si erano trasferiti
precedentemente alcuni suoi parenti e dove rimase per circa tre anni.
Ritornato
nel 1913 a Contessa, dopo aver frequentato le 4 classi della scuola elementare,
cominciò a dedicarsi, come quasi tutti i suoi coetanei, ai lavori agricoli.
Per
molti anni prestò la sua collaborazione nell'azienda agricola "Vaccarizzo", di proprietà della
contessa Maria Majorca, prima come addetto alle macchine agricole e quindi come
responsabile preposto al personale che utilizzava i mezzi meccanici (autocarri,
motoaratrici, ecc.).
La
sua formazione culturale non cessò al termine della frequenza della scuola
elementare, perché continuò a coltivare un particolare e vivo interesse per le
varie espressioni della cultura arbëreshe (lingua, storia, tradizioni, ecc.).
Dal
1926 diventò socio del Circolo culturale "Skanderbeg" e dal 1982
della Associazione Culturale "Nicolò Chetta", che hanno sede ed
operano a Contessa Entellina per far conoscere e valorizzare il patrimonio
culturale locale.
Narduci
non seguì particolari corsi, né conseguì diplomi o lauree. Fu un
ammirevole autodidatta, che seppe esprimere il suo amore per la cultura
arbëreshe con testi in albanese e in italiano, alcuni dei quali pubblicati da
periodici di cultura e attualità delle Comunità italo-albanesi.
Inoltre
mise a disposizione di alcuni studenti universitari la sua sensibilità
culturale e la sua documentazione per la preparazione di tesi di laurea
riguardanti la cultura arbëreshe, con particolare riferimento alla lingua.
Narduci
sapeva parlare, leggere e scrivere correttamente la lingua albanese.
Questa formazione culturale é un fatto raro tra gli Italo-albanesi, perché la
maggior parte di loro non sa né leggere né scrivere la lingua materna, che
solitamente si parla in famiglia e nei rapporti sociali.
Ho
già avuto occasione di far conoscere Leonardo Lala (Narduci) nel 1994, nel
corso di un incontro culturale organizzato dall'Associazione "Nicolò
Chetta" con gli alunni e gli insegnanti della Scuola Elementare e con gli
studenti ed i docenti della Scuola Media di Contessa Entellina.
Nel
corso di tale incontro sono stati letti e commentati alcuni scritti di Narduci,
che ha anche risposto alle domande rivoltegli dai ragazzi e dalle insegnanti
sul contenuto delle sue poesie, sulle motivazioni del suo impegno culturale,
ecc.
A
Narduci va riconsciuto il merito di aver aperto una nuova finestra sul vasto e
peculiare patrimonio culturale locale, perché i suoi scritti sono, a mio
avviso, da considerare testimonianza
autentica e preziosa della lingua albanese ancor oggi parlata a Contessa Entellina,
nonostante il crescente degrado subito negli ultimi decenni. Tanti bambini
infatti non parlano purtroppo più l'albanese e tanti adulti albanofoni, sempre
più frequentemente, sostituiscono le parole albanesi con vocaboli del dialetto
siciliano o della lingua italiana.
Narduci
pertanto non é solo un concittadino, che ha dedicato la sua vita al duro lavoro
dei campi, ma anche un uomo culturalmente impegnato.
Con
stupore e ammirazione ho personalmente più volte constatato che, assieme agli
attrezzi agricoli, nelle ceste caricate sul suo mulo, Narduci portava, libri e
periodici di cultura italo-albanese, una penna ed un quaderno per fissare con
le parole, scritte in italiano o in albanese, i suoi sentimenti e le sue
considerazioni sulla storia, la lingua e le tradizioni di Contessa Entellina.
Quando
non era impegnato nel lavoro dei campi, mentre il suo mulo pascolava sul prato,
Narduci nella sua casa rurale della
contrada Passo Cristina in inverno o all'ombra di qualche albero del suo campo
in estate, scriveva poesie e testi in prosa o
leggeva libri e periodici riguardanti lingua e cultura delle comunità
italo-albanesi.
Ho
cominciato a conoscere la personalità di Narduci, come appassionato di cultura
locale, scrittore e autore di poesie, fermandomi con piacere più volte
ad ascoltarlo in estate in campagna, seduto davanti alla sua casa rurale o all'ombra di
un albero del suo campo, mentre mi parlava, con accorata preoccupazione o con
vivo entusiasmo, ora della cultura arbëreshe in generale ora della lingua
albanese in particolare, sempre meno parlata a Contessa.
Tutte
le volte che sono andato a trovarlo a casa sua mi ha più volte mostrato e
illustrato i suoi manoscritti, che conservava gelosamente e periodicamente
aggiornava con molta cura (poesie, racconti, appunti sulla storia di
Contessa o degli
Italo-albanesi, raccolta di oltre 4.000 parole albanesi ancora usate a
Contessa, i paradigmi dei verbi albanesi più comunemente usati, appunti
sull'alfabeto albanese e la pronuncia particolare di alcune consonanti, ecc.).
Ascoltandolo
attentamente, durante questi incontri, e dopo aver letto alcuni suoi scritti,
ho scoperto che Narduci é un testimone ed uno strenuo difensore della cultura
arbëreshe e pertanto ho ritenuto doveroso proporre all'attenzione dei
Contessioti, ed in particolare degli operatori culturali, alcuni suoi scritti,
raccolti in una monografia.
"Narduci: un contadino scrittore
arbëresh" è il titolo della monografia a lui dedicata, che riporta
il testo dei seguenti suoi scritti, messi a mia disposizione in fotocopia:
- La lingua arbëreshe a
Contessa Entellina
- Festa e Shën Mërisë e
Favarës - Festa della Madonna della Favara
- Përçë? - Perché?
- Një vajzë arbëreshe -
Una ragazza italo-albanese
- Mos qëndris gajdhurin te
pujata - Non punzecchiare l'asino in
salita
- Krishtlindja - Natale
- Mëma - La mamma
- Jam arbëresh - Sono
italo-albanese
- Brevi cenni storici
sugli arbëreshë
- Breve cenno storico
sull'origine di Contessa Entellina.
Questa
piccola raccolta di testi di Narduci é stata già messa a disposizione dei
ragazzi della Scuola Elementare e della Scuola Media di Contessa Entellina per
essere utilizzata per scopi didattici.
Tale
monografia sarà aggiornata e, nell'ambito delle iniziative dell'Associazione
"Nicolò Chetta", sarà messa a disposizione anche di quanti sono
interessati alla cultura di Contessa Entellina.
I
testi riportati nella monografia sono la integrale e fedele trascrizione dei
manoscritti forniti da Narduci. I testi in italiano sono solitamente una
traduzione quasi letterale del testo scritto in albanese, per cui riflettono la
struttura di questa lingua, senza alcuna preoccupazione di seguire lo stile e
la corretta forma di espressione della lingua italiana.
Questo
modo di esprimersi di Narduci dimostra che egli pensava e scriveva senza i
condizionamenti della prevalente lingua e cultura italiana. La sua identità culturale rimane pertanto
autenticamente arbëreshe!
In
particolare il brano "Festa della Madonna della Favara" (testo
albanese e italiano) interpreta fedelmente la profonda religiosità popolare dei Contessioti. (testo
in un prossimo blog).
Dalle
parole albanesi oggi non più usate, ma presenti nei suoi scritti e nella
parlata dei Contessioti fino a qualche decennio addietro, emerge un ammirevole
tentativo di recupero linguistico.
Il
racconto umoristico "non pungere l'asino in salita", di seguito
riportato in italiano ed in albanese,
esprime l'intensità espressiva della lingua albanese.
L'orgoglio
di essere italo-albanese e l'attaccamento alla propria identità culturale sono
espressi dal testo significativamente intitolato "Jam arbëresh".
Col
suo carattere umile, modesto e riservato, quando ha saputo che era stata
organizzata in suo onore una Giornata
culturale (14.07.96) nell'aula consiliare ha subito espresso la sua
sorpresa, rilevando che quanto da lui fatto per la cultura arbëreshe non aveva
niente di straordinario e che considerava sproporzionata ai suoi meriti sia
l'attenzione dedicatagli sia l'attribuzione di un attestato di riconoscimento
per meriti culturali da parte del Sindaco, a nome dell'Amministrazione comunale
e di tutti i concittadini.
Narduci,
cessata l'attività di agricoltore, da pensionato ha continuato a dedicare il
suo tempo all'approfondimento della cultura arbëreshe, suo grande amore e impegno,
mai trascurato fino al 2000, quando ha cessato la sua vita terrena.
Dedicandogli
una giornata culturale, in occasione del suo 90° compleanno nel 1996,
l'Amministrazione Comunale, l'Associazione Culturale "Nicolò Chetta"
e le Scuole di Contessa Entellina non solo hanno voluto esprimere un doveroso
riconoscimento a Leonardo Lala, per i suoi meriti culturali, ma hanno voluto
anche proporlo come esempio da imitare a tutti coloro cui sta a cuore la conservazione e la valorizzazione del
patrimonio culturale arbëresh, con particolare riferimento alla conservazione
della lingua albanese. Significativo al riguardo il testo "La lingua
albanese" di seguito riportato).
La lingua albanese
C’é
una cosa, che non si può comprare,
non
si vende e non si cambia.
C’é
una cosa, che si deve difendere,
come
preziosissima.
Questa
eredità inestimabile dei nostri Padri
é la
lingua albanese.
Come
difendi la luce dell’occhio,
così
devi difendere la tua lingua.
Parla
nella tua lingua,
perché
é la voce della mamma.
Ama
la tua lingua,
come gli occhi della fronte.
Ama
il popolo,
che
parla questa lingua.
Mos
qëndris gajdhurin te pujata
Një herë e një herë ishin, te të korrat, katër kopilë çë kuarin
ara te një vend përjashta çë i thonë Dygardhet. Ishin Viçenxi, çiku, Pepi e
Nini. Gjithë te një herë përgjegjet çiku e i thot tjerëve shokë: "çë
thuani të këndojëmë një këndimë nga një tek na e pra shome çili këndim isht më
i mirë e çili tek na e këndon më mirë"?
Si tjerët shokë i thanë "këndojëme"! çiku, kute
qeshurë, u vë të këndojë këtë këndim:
"Viçenxi ka zëmbrën e
zezë si kusia,/ se nusja e tij me njetër kopil u martua. I kish dërguar
e thën njera te shpia:/ ec u vish kallogjar se u më ngë të dua".
Mavria, Viçenxi, e kish zëmbrën aqë e helmuar përçë e bukura nuse
çë kish, të çilën ay e dejë aqë mirë e çë ajò pa thënë e pa klënë ngë e desh më
e vate u martua me njetër, se i duhejë edhé çiku, kute qeshur, sa të i këndojë
atë këndim, ashtù pa gjak, sa të i helmojë zëmbrën më se sa e kish.
Si Viçenci pa çikun çë i
qeshjë përpara, si Gjergji atë këndim me ato fjalë ashtù të glëmbuarshme, si
ndëlgojti se çiku bëjë këta shërbise, se de të qeshjë mi atë se nusja e kish
lënë, ndiejti gjithë këta shërbise çë i bëjë çiku si aqë glëmba çë i glëmbojnë zdramën çë ay ndiejë te zëmbra, te helmi se nusen ngë
e kish më e e mori ashtù lik: u mbri e u ngroh asthù fort se çikut i shkarkojti
se naj ngë e kishin mbajtur tjerët dy shokë, me draprin çë kish te dora çë kuarjë ara, qafën, çikut, ja kish kuarrë.
Mos qëndris gajdhurin te pujata!
Non pungere l'asino in salita.
Una
volta c'erano, durante la mietitura, quattro giovani che mietevano il grano in
una contrada chiamata Dygardet. Erano: Vincenzo, Francesco, Giuseppe e Nino. Ad
un tratto esclama Francesco e dice agli altri compagni: "che ne dite di
cantare un canto, ciascuno di noi, e dopo vedremo quale dei canti risulterà il
migliore e chi di noi lo canterà meglio?". Quando gli altri compagni gli
dissero "cantiamolo!", Francesco ridendo si mise a cantare questo
canto: "Vincenzo ha il cuore nero come il camino, perché la sua fidanzata
con un altro giovane si é sposata! Gli aveva mandato a dire fino a casa: vai a
vestirti monaco perché io più non ti amo". Poveretto, Vincenzo, aveva il
cuore tanto addolorato perché la bella fidanzata che aveva, la quale lui la
voleva tanto bene e che lei, senza un motivo, non l'amò più e andò a sposarsi
con un altro, che ci voleva anche Francesco, ridendo, a cantargli quel canto
così crudele ad addolorargli il cuore più di quanto l'aveva! Quando Vincenzo
vide Francesco ridergli in faccia, quando udì quel canto con quelle parole così
spinose, quando capì che Francesco faceva queste cose per deriderlo, perché la
sua fidanzata l'aveva abbandonato, sentì queste cose che gli faceva Francesco,
come tante spine che gli pungevano la piaga che lui sentiva nel cuore dal
dolore di non avere più la fidanzata, lo prese così a male, si offese e si
adirò così forte, che a Francesco si scagliò contro e se non lo avessero
trattenuto gli altri due compagni, con la falce che aveva in mano per mietere
il grano, il collo a Francesco glielo avrebbe mietuto.
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