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domenica 29 luglio 2018

Hanno detto ... ...

Cosa vuole il
nuovo governo ? 


LUCIANO FONTANA, direttore del Corriere della Sera
Prima erano la burocrazia e la corruzione a costituire i principali ostacoli, ora c’è un’ideologia di governo improntata al sospetto. Che rimette continuamente in discussione gli impegni presi e i contratti firmati. Nel caso della Tav crea anche le condizioni per forti penali e per la revoca dei finanziamenti europei nei prossimi anni.

MARCO GIRARDO, giornalista
LA TAV.
Il caso dei treni ad alta velocità è ... fra i più emblematici. Anni di confronto con il territorio, talora divampato in autentico scontro, hanno consentito di avviare nel 2011 – in Francia nel 2002 – i cantieri per la nuova Torino-Lione, snodo fondamentale di una rete ferroviaria di 5mila chilometri per il trasporto delle merci che in Italia viaggiano oggi "pesantemente", anche in termini di costi ambientali, su gomma. 
Il tratto internazionale vale 8,6 miliardi, finanziati al 40% dall’Unione Europea, ed entro il 2019 è prevista l’assegnazione di altri 43 bandi di gara, parte italiana, per un totale di 5,5 miliardi. Interessano 20mila imprese e 8mila lavoratori. In caso di stop la sola "penale" sfiorerebbe i 2 miliardi.
La rinuncia dell’Italia alla Tap, invece, potrebbe costare molto di più. Dai 15 miliardi stimati dal governo, una manovra di bilancio leggera, ai 40 valutati dall’ente energetico azero. Il gasdotto per l’afflusso del gas naturale proveniente dal Mar Caspio ridurrebbe infatti i costi di approvvigionamento e aumenterebbe la capacità energetica italiana con il relativo gettito fiscale.
GELARDO PELOSI, giornalista
LA TAP.
Era l’agosto del 2013, il futuro che si preparava per il Trans Adriatic Pipeline era ben diverso: il presidente greco Samaras convinse Enrico Letta a volare a Baku, a ridosso di Ferragosto, per firmare un accordo che sanciva formalmente la rotta del Sud per il gas azero (quindi Grecia, Albania, Italia) rispetto a quella Nord di Ungheria ed Austria. 
«Sono qui - disse all'epoca Letta - proprio per porre le basi del nuovo gasdotto Tap che consentirà una diversificazione delle fonti energetiche e un risparmio per le bollette delle famiglie e delle imprese che pagano oggi i costi di energia più cari in Europa. Tra sette o dieci anni - aggiunse Letta - quando queste decisioni cominceranno a produrre i primi effetti positivi io non sarò più premier ma il mio compito è di lavorare oggi per quell'obiettivo a lungo termine». La storia ha preso poi una piega ben diversa almeno in Italia con raffiche di denunce, la procura di Lecce che ha sequestrato un cantiere e pende un esposto per la presunta violazione delle direttiva Seveso ma ad ottobre dovrebbero ricominciare i lavori nel tratto di Melendugno. La complessità e delicatezza della vicenda non è sfuggita al ministro degli Esteri, Enzo Moavero che si è affrettato ad assicurare che l'Italia «rispetterà gli impegni presi» aggiungendo però: «valuteremo con attenzione anche gli aspetti ambientali».
Preoccupazioni quelle del Governo di Baku che non ha certo contribuito a ridurre l'ultima lite tra il ministro per il Sud Barbara Lezzi e il governatore della Puglia Emiliano. La stessa Lezzi ha spiegato: «stiamo lavorando per bloccare l'opera; abbiamo sempre sostenuto che Tap non è un'opera strategica per il nostro Paese. Quello che ho detto in questo mese e mezzo che siamo al governo, è che quest'opera è vincolata da un trattato internazionale. È una questione complessa da affrontare, non è un post su Facebook». E il ministro dello Sviluppo economico, Luigi di Maio ha chiarito:« l'abbiamo sempre detto, si devono ascoltare le comunità se queste opere scontano la contrarietà dei comuni, dei sindaci, e dei comitati, è per una semplice ragione: è perchè sono state calate dall'alto».

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