Contessa cinquecentesca era una comunità di poche centinaia di unità residenti, prevalentemente coltivatori della terra, qualche artigiano, qualche esponente del clero e di gente al clero legato. Sulla fase iniziale, nei primi decenni dall’insediamento, non c’è di certo -attraverso carteggi, archivi e testi vari- modo di cogliere, quello che oggi i sociologi o gli economisti definiscono, il “tessuto sociale”.
Se ciò non è, ai nostri giorni, fattibile si può almeno provare a tratteggiare quale fu il quadro umano e quello produttivo di Sciacca, sede di riferimento per qualche tempo amministrativo-politico e commerciale per i “coloni” del territorio di Calatamauro. Proveremo a farlo, a grandi linee, per alcuni giorni sul blog.
Possiamo con molta certezza affermare che Sciacca, agli occhi di quei coloni arrivati dalle coste greche e dal sud Albania e stanziatisi nell’area di Calatamauro era una piazza importante di importazione e contemporaneamente nodo di distribuzione sui territori dell’interno centro-meridionale della Sicilia.
Sciacca era (e in qualche modo resta se pensiamo ai pescivendoli che settimanalmente arrivano -anche- sino a Contessa per la commercializzazione del pescato) luogo di residenza di “venditori” di vari generi che da lì si spostavano per recarsi nei mercati o nelle fiere dell’interno dell’Isola. Non v’è dubbio che i panni e i prodotti essenziali necessari al nascere e svilupparsi della prima comunità arbereshe di Contessa provenivano da quella Sciacca dove i Peralta-Cardona e loro aventi titolo arrivarono, per qualche tempo, ad insediare una zecca che coniava moneta.
Sulla scorta di alcuni elementi documentari pervenutici proveremo più dettagliatamente di cogliere il tipo di osmosi commerciale e, per alcuni tempi, politica intercorsa fra la cittadina portuale e la realtà feudale di Calatamauro.
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