Parmenide
L'essere e la simmetrica negazione del non-essere vengono giustificate da Parmenide nell'unico modo possibile. L'essere è la sola cosa pensabile ed esprimibile; qualsiasi pensare, per essere tale, è pensare l'essere, al punto che si può dire che pensare ed essere coincidono, nel senso che non c'è pensiero che non esprima l'essere; viceversa il non-essere è del tutto impensabile, indicibile e quindi impossibile.
In un frammento che condensa il pensiero ellenistico si può leggere:
Infatti lo stesso è pensare ed essere
In Parmenide gli studiosi individuano la formulazione del principio di non-contraddizione: L'impossibilità che possano sussistere i contraddittori nel medesimo tempo. Questo principio diventerà il caposaldo della logica antica, e oggi esso lo è della logica dell'Occidente, del nostro mondo.
La Filosofia 13
Tenendo presente:
1) il concetto di "integrale ed univoco" dell'essere sviluppato da Parmenide
2) ed il senso altrettante integrale ed univoco che assume il principio di "non-contraddizione",
è facile capire che tutto il resto del pensiero di Parmenide è "corollario" che, da quelle premesse, scaturisce.
Vediamo cosa egli ha intuito mediante quella che definisce la via della ragione e del logos: è il logos e solo esso che afferma l'essere e nega il non-essere.
a) L'essere, anzitutto, è ingenerato e incorruttibile. E' impossibile che sia generato, in quanto, sarebbe dovuto derivare o dal non-essere oppure dall'essere. Dal non-essere è impossibile, perchè il non-essere non è; dall'essere è altrettanto impossibile, perchè già sarebbe e non nascerebbe.
Per le stesse ragioni è impossibile che si corrompa. L'essere non ha un passato (perchè in tal caso non sarebbe più) nè un futuro (perchè non sarebbe ancora), ma è "presente eterno", senza inizio nè fine.
b) L'essere è "immutabile" e assolutamente immobile: è rinserrato, dice Parmenide, nelle catene del limite dalla Necessità inflessibile.
E' compiuto e non manca di nulla e, perciò, resta in se stesso "identico nell'identico".
c) L'essere è indivisibile in parti differenti, e quindi è un continuo tutto uguale, giacchè ogni differenza implica il non-essere, e quindi non è.
d) Parmenide proclama poi più volte il suo essere come limitato, cioè determinato e compiuto, ma non deduce questo carattere, che verosimilmente desume dal presupposto pitagorico che solo il finito è perfetto.
e) Una simile concezione dell'essere postulava evidentemente l'attributo dell'unità.
Nè una volta era, nè sarà, perchè è ora
insieme tutto quanto, uno, continuo.
f) Unica verità è dunque l'essere ingenerato, incorruttibile, immutabile, uguale, sferiforme e uno.
Perciò tutti nomi saranno quelli che hanno
posto i mortali, convinti che fossero veri: nascere e perire,
essere e non essere, cambiare luogo e mutare luminoso colore.
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Per altre vie, che Parmenide rigetta, sembrerebbe che i sensi umani vogliano attestare il divenire, il movimento, il nascere e il morire, e dunque l'essere e insieme il non-essere. Gli uomini si fondano, vivono, sui sensi, ma il Logos di Parmenide insiste a proclamare che bisogna seguire solamente il logos (la ragione).
Proveremo a meglio capire.
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