FERRUCCIO DE
BORTOLI, già
direttore del Corriere della Sera
Il nuovo vescovo di Palermo Lorefice cita la Costituzione nel suo messaggio ai fedeli.
È cittadino anche lui. Bene.
ELVIRA TERRANOVA, giornalista palermitana
Il nuovo Vescovo di Palermo ieri ha commosso pure gli atei.
Ha citato, oltre alla Costituzione (definita la sua bussola) anche la lotta mafia e don Puglisi,
ROBERTO ZICHITELLA, giornalista
Bravo il nuovo vescovo di Palermo Lorefice, che nella sua omelia dice:"La nostra bussola dev'essere l'articolo 3 della
nostra Costituzione"
MONS. CORRADO LOREFICE, arcivescovo di Palermo
"Che ci faccio qui? Me lo chiedo da un
po' di giorni, però ci sono e resto. Buonasera a tutti",
"Qui a Palermo Oriente e Occidente si
sono incrociati",
La nostra bussola dev'essere l'articolo 3
della Costituzione".
Discorso alla Città di Palermo
di S.E.R. Mons.
Corrado Lorefice
Piazza Pretoria 5
dicembre 2015
Ben trovati. Buonasera a tutti. A tutti giunga questo mio saluto. E’ il nostro
primo incontro, carissimi fratelli e amici di Palermo. Qui la città intera oggi
converge, rappresentata in tutte le sue istituzioni, a cui ricambio
l’accoglienza affettuosa, e che ringrazio nella persona del Sindaco Leoluca
Orlando. I nostri occhi sono ricolmi di gioia e di gratitudine.
Qui Oriente e Occidente davvero si sono
incontrati. Qui si sono gettate le basi della letteratura italiana, ovvero
della prima, secolare forma di unità del nostro paese sotto il segno della
poesia. Io, che approdo qui da altri luoghi di una Sicilia dai cento volti,
sento tutto questo. Sento l’esigenza di ricordare a tutti noi,
anzitutto, la vocazione di pace, di incontro, di unità nel dialogo e nello
scambio, che Palermo si porta scritta nel cuore. L’esigenza di ricordare la
sua natura di ponte tra le culture - araba, ebraica e cristiana - in un tempo
storico così difficile, in cui tanti evocano e auspicano un folle scontro di
civiltà. Di ricordare la sua storia di nucleo antico di un’unità profonda della
nostra Italia, in un tempo in cui si accentuano e si costruiscono spesso motivi
di divisione, di assurda frammentazione, di separazione tra il Nord e il Sud
del nostro paese.
Care Cittadine, Cari Cittadini di
Palermo, ricordatevi, ricordiamoci di tutto questo. Ricordiamoci di essere un
popolo che nel suo DNA ha la grandezza e il potere della relazione, la ricerca
della pace e non della guerra, l’esaltazione della bellezza e non la
distruzione del conflitto intestino, lo star bene insieme nella prosperità e
nella gioia e non l’inimicizia e l’ingiustizia. Dobbiamo sentire in questa
storia millenaria della nostra Città una chiamata, un’urgenza, una spinta forte
a lavorare in un orizzonte ampio e ad essere costruttori di pace, donne e
uomini di giustizia.
Certo, non mi nascondo il fatto
che la bellezza della nostra Palermo appare oggi spesso ferita, la sua antica
grandezza afflitta da contraddizioni, la sua civiltà gloriosa piagata dalla
violenza e dal sopruso. Ma io stasera sono qui per fare mio anche
tutto questo, per farmi carico con voi di tutto questo. Sono qui per accogliere
umilmente e valorizzare con passione i segni del bene, del tanto bene diffuso
da tutte le donne e gli uomini di buona volontà, che già da tempo lavorano per
la bellezza di Palermo. Perché nella sua storia questa Città porta sempre
disponibili i semi della sua rinascita, del suo possibile ritorno ad essere
principio e guida di una Sicilia diversa, di una Sicilia libera dai
lacci della mafia e di tutte le mafie, dai veleni del clientelismo e del
cinismo, dalla disillusione e dalla disperazione dei giovani costretti a
partire e degli adulti senza lavoro, libera dalla difficoltà economica e dalle
contraddizioni sociali, dalla povertà e dall’ingiustizia, dal pressappochismo e
dalla rassegnazione.
Di una Sicilia che sia la terra della
festa, della memoria viva degli anziani, dell’operosità vigile degli adulti,
del sogno incantato dei bambini, che sono l’immagine del nostro futuro, e in
questo nostri maestri. Sia chiaro. Vi dico tutto questo non da politico, o
peggio, da moralista.
Ve lo dico a partire
dal Vangelo che sono chiamato a portarvi, che Papa Francesco (non possiamo non
rivolgergli insieme, in questo momento, un pensiero colmo di gratitudine per il
suo modo di essere nel mondo testimone del Vangelo), che Francesco mi ha
chiamato a portarvi. E, proprio in
forza del Vangelo, ve lo dico come uno di voi. Perché in forza del Vangelo il
vescovo è chiamato, insieme con tutti i cristiani, a stare accanto ad ognuno di
voi, accanto alla vostra storia che è la stessa storia della comunità
cristiana, accanto al vostro dolore e al vostro desiderio di riscatto che è il
mio e il nostro. Voglio stare in mezzo a voi così. So che la chiesa di Palermo
abita e vuole abitare questa storia così. Nella semplicità, nel servizio
affettuoso, nell’apertura calda e serena. I cristiani non hanno nulla di più e
di diverso dagli altri. Vivono le ansie e le sofferenze della storia, quelli
che Paolo chiamava i «gemiti della creazione» (Rm 8, 22) come tutti. E come
tutti attendono una liberazione e un riscatto, lavorando insieme ad ogni donna
e a ogni uomo, di qualunque fede, cultura o estrazione essi siano, alacremente
e nella speranza. E noi lo sappiamo che cosa significa tutto ciò, in
concreto: don Pino Puglisi ce ne ha mostrato l’icona, ci ha fatto capire che
cosa significhi testimoniare semplicemente il Vangelo come parola
dell’accoglienza di tutti.
In questo cammino comune, che unisce
tutti al di là di ogni steccato, la nostra bussola, la bussola di ogni
cittadino di questo nostro Paese, io credo debba essere la Costituzione della
Repubblica italiana. Sia, questa bussola, per me per primo,
quell’articolo 3 della nostra Costituzione - così amato e difeso da Giuseppe
Dossetti alla fine della sua vita - quell’articolo 3 che come cittadini, ognuno
nella propria responsabilità e nel proprio ruolo, siamo chiamati a rendere
reale nella nostra pratica quotidiana, nella nostra vita di ogni giorno: «Tutti
i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza
distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche,
di condizioni personali e sociali. E’ compito della Repubblica (ovvero di
ognuno di noi e delle istituzioni dello Stato) rimuovere gli ostacoli di ordine
economico e sociale, che limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei
cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva
partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e
sociale del Paese».
E per realizzare tutto questo,
Palermo ha un’energia speciale, un forza potente: quella di tanti
testimoni della verità e della giustizia che hanno effuso il loro sangue per
creare una convivenza più giusta e più umana, per dire di no alla violenza e al
sopruso, ai poteri che puntano a distruggere l’uomo e a cancellarne la dignità.
Concludo mandandovi un abbraccio
affettuoso, un saluto pieno di cordialità. Che entri in tutte le case, li dove
in questo momento si gioisce e si soffre. Arrivi a tutti un augurio di bene in
questa ora della nostra giornata umana. Il saluto cordiale, affettuoso e
sincero, segni sempre i nostri incontri. Lo sguardo di chi incrociamo riempia
sempre di gratitudine i nostri occhi e il nostro cuore. Io sono qui per
ascoltarlo, il vostro cuore, per ascoltare che cosa ciascuno di voi si porta
dentro, che cosa porta nel cuore questa amata città. Ma sono qui con voi
stasera, anzitutto, perché voi possiate ascoltare cosa io custodisco nel mio
cuore mentre mi accingo ad essere uno di voi, un concittadino, un palermitano
come voi, a diventare per voi amico fratello e padre.
Per questo vi chiedo di fare – memori di
quell’invito rivolto da papa Francesco all’inizio del suo ministero come
vescovo di Roma - un momento di assoluto silenzio, per ascoltarci
reciprocamente, perché il silenzio ci nutre e ci aiuta ad incontrarci nella
verità. In cattedrale vi darò la benedizione, la prima benedizione
come vostro vescovo. Mi impegno fin da ora a benedire la città e la diocesi intera
tutte le mattine quando mi leverò e tutte le sere prima di coricarmi. Perché
siate custoditi, perché non manchi il pane, l’affetto vero, la pace, e perché
Palermo diventi sempre più vivibile, più umana, più bella.
Come amava affermare
il card. Salvatore Pappalardo: «La pace si procura imprimendo alla vita la
disciplina della verità, il culto dell’onestà, l’impegno delle Solidarietà». Nel mio stemma episcopale ho voluto
mettere la croce dei certosini. È una croce che avvolge, che abbraccia il
mondo. Ognuno di voi, anche chi non è credente o chi vive un’altra esperienza
religiosa, tutti, tutti sentite l’abbraccio di Cristo, colui che, secondo
quanto ci viene narrato dai Vangeli, ha tanto amato il mondo da dare la sua
vita in favore di ogni uomo e di ogni donna (cf. Gv 3, 16). Ma sentite anche
l’abbraccio di don Corrado che oggi viene consacrato vescovo, successore degli
apostoli di Gesù in questa e per questa amata città di Palermo. Buona strada a
tutti!
'Don Corrado, un benvenuto fraterno che per tanti di noi è anche filiale, un caloroso benvenuto nella città di Palermo, certo di interpretare i sentimenti dei palermitani come della comunità tutta dell'Arcidiocesi.
La città che ti accoglie è una città bellissima, che ogni giorno si pone in cammino per essere riferimento e casa di una comunità, che vorremmo fondata e dobbiamo volerla fondata, sul rispetto di tutti e di ciascuno e dei loro diritti e doveri.
Palermo, città mediterranea in Europa è stata ed è una città migrante, migrante nelle sue strutture, nei suoi costumi, nei colori e suoni.
Palermo è una città migrante rimasta senza migranti durante un tempo non lontano di soffocante egemonia integralista, intollerante, mafiosa.
Oggi siamo grati a tanti migranti che venendo e vivendo a Palermo hanno restituito armonia tra monumenti e persone umane, un'armonia che presuppone e sollecita una dimensione comunitaria senza egoismi, senza indifferenza senza integralismi.
La mobilità umana internazionale, inarrestabile perché fondata sui diritti inalienabili quale la libertà e vita, la mobilità umana internazionale non è soltanto un diritto umano è anche uno straordinario contributo di umanizzazione della globalizzazione, della solidarietà, efficace alternativa e contrasto alla globalizzazione dell'indifferenza quale denunciata da papa Francesco.
Tu don Corrado aggiungi nella nostra città, in quella che è già nel tuo impegno pastorale la tua città, alla vigilia della festività dell'Immacolata, la cui devozione da secoli coinvolge a Palermo dimensione di fede e istituzioni civili così come la devozione per la nostra patrona Santa Rosalia.
Armonia nella distinzione tra dimensione di fede e istituzioni civili, armonia di quanti si occupano dei fratelli e cominciare dai più poveri e si fanno essi stessi poveri; è l'armonia realizzata da Giorgio La Pira che trova in tanti di noi riferimento alto e ineguagliabile in Giuseppe Dossetti, e fondamento stabile nel Concilio Vaticano II e nel magistero di Papa Francesco.
Tu, don Corrado, giungi a Palermo, città che come altre comunità siciliane a te ben note vive nel quotidiano la cultura dell'accoglienza, da secoli, si è affidata all'intercessione di San Benedetto il Moro, africano, figlio di schiavi giunti al porto di Palermo che oggi con la carta di Palermo i palermitani e le palermitane non soltanto accolgono i migranti, ma si riconoscono scelgono di essere essi stessi migranti.
Non soltanto attenzione a chi non ha, ma sentirsi e comportarsi come chi non ha.
Tu don Corrado, giungi a Palermo, città che ha trovato nel martirio di don Pino Puglisi un riferimento alto, una conferma della incompatibilità tra cammino di fede( io aggiungo tra parallelo cammino di civiltà e cittadinanza) e mafia, più volte denunciata con forza come struttura di peccato dal cardinale Salvatore Pappalardo e dal Papa Giovanni Paolo II e già prima da papa Paolo VI.
Tu, don Corrado, giungi a Palermo la vigilia dell'apertura della porta santa del Giubileo della Misericordia, il Giubileo dell'amore per chi non ha, il Giubileo per chi é povero e il Giubileo dei poveri, perché privi di famiglia e casa, poveri perché privi di cibo e assistenza, poveri perché privi di lavoro e di scuola, poveri perché privi di futuro e di memoria del passato, poveri perché privi di amore e di diritti.
Tu, don Corrado, giungi da pastore a Palermo, in questa città che ha conosciuto la guida e la testimonianza del cardinale Paolo Romeo, che ha accolto la nostra gratitudine accettando il conferimento della cittadinanza onoraria il prossimo 17 dicembre.
Questa città per mio povero inadeguato tramite affida al tuo impegno pastorale sofferenze, speranze, bisogni e diritti, certo che tu saprai essere, come annunciato nei segni distintivi scelti per la tua missione pastorale, di esempio alto ad una Comunità ricca di tanti esempi positivi, quotidiani di umanità, ricca di pratiche di misericordia che non possono essere offuscate, trascurate.
Benvenuto, un fraterno e caloroso benvenuto don Corrado'
.
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