Fare cultura. (6)
I Viaggi all'estero all'inizio della modernità
Nel Cinquecento viaggiare per le classi sociali superiori dell'epoca era attività apprezzata e frequentemente praticata. L'Italia era la meta preferita.
Fra le ragioni che spingevano a viaggiare Montaigne, filosofo (1533-1592) indicava : "il commercio degli uomini è meravigliosamente adatto allo scopo, e il visitare i paesi stranieri, (...) per riferire principalmente le inclinazioni di quei popoli e il loro modo di vivere, per massaggiare e limare il nostro cervello contro quello degli altri". Sostanzialmente intendeva dire che non esisteva, a suo modo di vedere, "scuola migliore (...) per forgiare la vita che di metterle continuamente avanti la diversità di tante vite, idee e usanze".
Philip Sidney, poetà (1554 – 1586), nella sua principale opera, Arcadia, riferisce di essersi recato all'estero "per maturare le capacità di giudizio potendo confrontare molte cose". In un'altra opera scriveva: " E' difficile, senza dubbio, conoscere l'Inghilterra, se non puoi conoscerla confrontandola con altri paesi". Egli, nella veste di diplomatico, ebbe opportunità di girare e riferire molto su Parigi, Germania, Padova e Venezia, sulla fiera del libro di Francoforte, poi Firenze, Praga e Cracovia.
Un olandese, Pieter Hooft, ci ha lasciato il resoconto di un viaggio attraverso l'Europa che lo portò da Parigi, Venezia, Firenze, Roma e Napoli ad attraversare gran parte della Germania prima di tornare in patria.
Oltre che il turismo, per chi allora poteva, le ragioni dei viaggi erano vari: i nobili francesi cercavano esperienze militari, altri si trovavano nelle condizioni di esuli per motivi politici o religiose. I liberi pensatori italiani cercavano rifuggi sicuri e per questa ragione Giordano Bruno fu a Ginevra, Parigi, Londra, Wittenberg e persino a Praga.
L'Italia cinquecentesca era allora quasi per intera dominio spagnolo, motivo percui molti persoinaggi iberici ebbero incarichi in varie città della penisola e lasciarono molte testimonianze. Il geografo Abramo Ortelio, olandese (1527-1598), teneva un album dove accoglieva le firme dei suoi numerosi visitatori provenienti da Inghilterra, Francia, Spagna, Portogallo, Germania e varie città italiane.
Fu quel tempo, il Cinquecento, che avviò la stampa di numerosi resoconti di viaggi che descrivevano vita e costumi dei differenti popoli.
Quello fu sostanzialmente il tempo dell'internazionalizzazione della cultura e grande merito si deve, soprattutti, a mercanti, diplomatici e artisti di fama.
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