Conoscere la realtà.
Fare lezione, per Florenskij significa mettere in moto l’organismo vivo della conoscenza, vero «atto creativo» che necessita di un rapporto dialogico.
Guai se nel cammino il docente si lascia tentare dalla presunzione di «sapere già tutto». La verità, compresa quella scientifica, va concepita in modo aperto, non come un dogma; bensì un processo inarrestabile, animato da un’energia viva che si misura solo con l’infinito.
Ciò che il maestro deve comunicare è primariamente il proprio gusto della ricerca della verità, deve offrire un metodo di lavoro e innescare il fermento intellettuale.
La ricerca non può mai essere rivolta ad una verità astratta e generale, uno schema, ma s’identifica col concreto; nell’entusiasmo per il dettaglio.
«Quanto alla fermentazione della psiche, essa consiste nel gusto per il concreto acquisito per contagio; consiste nella scienza di saper accogliere con venerazione il concreto, nella contemplazione amorosa del concreto. Del resto, il concreto è l’oggetto stesso della ricerca scientifica diretta, nel senso di fonte prima, che si tratti di una pietra, di una pianta o piuttosto di un simbolo religioso, un monumento letterario».
La gioia del concreto di cui Florenskij parla è assieme la gioia dell’educare e dell’apprendere.
È il realismo cristiano, capace di dare la pace senza estinguere la sete.
È il realismo cristiano, capace di dare la pace senza estinguere la sete.
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