a favore del
No. È quanto emerge dal sondaggio odierno, l'ultimo prima del blackout previsto
dalla normativa che disciplina la pubblicazione dei sondaggi. Temi e
mobilitazione Come di consueto iniziamo dal grado di coinvolgimento degli
elettori.
Con l'approssimarsi della data del voto si registra un aumento del
livello di conoscenza dei temi: se infatti ancora il 12% dichiara di conoscere
in dettaglio i contenuti della riforma (contro il 10% di fine settembre) a
costoro si aggiunge il 51% che ritiene di conoscerla a grandi linee (contro il
44%). Permane comunque una quota tutt'altro che trascurabile di cittadini
«distanti»: il 31% ne ha solo sentito parlare e il 6% ignora la scadenza
referendaria. Nonostante l'aumentata conoscenza, la mobilitazione degli
elettori appare in flessione: la partecipazione al voto si attesta al 53,5%
mentre in ottobre era pari al 57,7% (-4,2%).
Considerando la totalità degli
elettori si registra il vantaggio del No sul Si di poco più di 5 punti (26,1% a
21%) e una quota di indecisi pari al 6,4%. Escludendo questi ultimi e gli
astensionisti (46,5%), il vantaggio del No sul Si appare netto: 55% a 45%. Per
quel che riguarda l'incertezza, il dato complessivo è del 13% del totale
elettori, risultante dal 6,4% che si dichiara indeciso più il 6,6% che potrebbe
cambiare idea.
Quest'ultima percentuale è data dal 14% che dichiara di poter
cambiare la propria scelta (9%+5%) riportato al totale
elettori, poiché il 14%
è calcolato su coloro che esprimono una scelta, cioè il 47,1% degli elettori
(somma di chi indica Sì oppure No). Va tuttavia osservato che una quota minoritaria ma tutt'altro che trascurabile dei due schieramenti non esclude di
poter cambiare idea, in particolare il 13% dei sostenitori del Sì e il 15% di
quelli del No. A questo proposito il dato più eclatante riguarda gli elettori
centristi i quali, pur dichiarandosi maggiormente favorevoli al Si (72% a 28%),
potrebbero cambiare scelta nella misura di uno su tré (35%). La campagna Queste
stime sembrano determinate da almeno tré aspetti che hanno caratterizzato la
lunghissima campagna referendaria.
Innanzitutto, come abbiamo fatto notare, la
limitata conoscenza dei temi istituzionali nonché la loro distanza rispetto
alle priorità dei cittadini che hanno indotto i sostenitori dei due fronti ad
adottare una strategia che in larga misura ha prescisso dai contenuti della
riforma. La personalizzazione della campagna ha quindi spostato il piano del
confronto sul terreno politico e le strategie comunicative adottate erano più
assimilabili a quelle di una competizione elettorale che di un referendum
costituzionale. Il focus sul governo Inoltre, nonostante il premier abbia
provato a riportare la dialettica nell'ambito dei contenuti della riforma
(escludendo, tra l'altro, l'ipotesi di abbandonare la politica nel caso di
affermazione del No, contrariamente a quanto inizialmente dichiarato) si è
riscontrata una forte resistenza da parte del fronte opposto che, per quanto
eterogeneo e mosso da motivazioni diverse, aveva tutto l'interesse a mantenere il focus sul futuro del
governo e di Renzi. In uno scenario tripolare, infatti, la maggioranza
assoluta degli elettori esprime valutazioni negative sull'esecutivo e sul
premier. Non stupisce quindi la progressiva diminuzione del consenso per la riforma
da parte degli elettori dei partiti di opposizione. Rispetto ad ottobre,
infatti, il Sì passa dal 40% al 31% tra gli elettori di Forza Italia, dal 21%
al 13% tra quelli della Lega e dal 19% al 15% tra i grillini. Il cambiamento II
tema del cambiamento è stato al centro del dibattito. Ma quale cambiamento?
Delle istituzioni o del governo? E quale leader o soggetto politico è portatore
del cambiamento oggi? Sono temi su cui riflettere nei prossimi mesi,
indipendentemente dall'esito del referendum e alla luce di quanto avvenuto con
la Brexit e le elezioni americane o di quello che avverrà con quelle
austriache. 16 i giorni che mancano al 4 dicembre, la domenica in cui si terrà
il referendum costituzionale I cambi di posizione Esiste una quota che ora si schiera,
ma che può cambiare scelta al momento del voto In conclusione, il vantaggio del
No è abbastanza netto in uno scenario nel quale comunque permangono diversi
elementi di incertezza: la «stabilità» della decisione attuale espressa dagli
elettori, il numero di indecisi e la partecipazione al voto. Nonché il voto dei
residenti all'estero che solitamente non viene considerato nei sondaggi. Come
sappiamo i sondaggi preelettorali negli ultimi tempi non hanno dato prova di
grande affidabilità, ma al momento rimangono l'unico strumento per conoscere
gli orientamenti degli elettori. Eccezion fatta ovviamente per gli oracoli «del
giorno dopo» che non mancano mai.
E questa più che una previsione è una
certezza.
Nessun commento:
Posta un commento