Quotidiano Nazionale
ROMA
FERMI.Praticamente immobili da vent'anni. Bloccati da norme e pareri, sentenze e codicilli, commissioni, conferenze e comitati. E poi amministrazioni (centrali o periferiche), tribunali, organi giudiziari. E chi più ne ha, più ne metta.Tutti convinti difensori dello status quo. O della regola anglossasone del 'nimby', not in my backyard, non nel mio cortile. A Shanghai, per costruire il ponte in mezzo al mare più lungo del mondo, hanno impiegato poco più di 36 mesi. In Italia, dopo 36 anni, non si sa ancora se si farà il Ponte sullo Stretto. Intanto abbiamo già speso oltre 500 milioni di euro.
In Giappone, in appena 7 giorni, hanno riaperto una strada dove c'era stata una grande voragine.
In Sicilia, solo nel 2017 si vedranno le ruspe sull'autostrada Messina-Catania, dove esattamente un anno fa era franato un pezzo di costone.
MENTRE il capitalismo avanzato accelera il passo, non riusciamo a trovare un equilibrio nei conflitti fra i poteri. Negli ultimi tre anni, la Consulta ha bocciato, senza contare la riforma del pubblico impiego, il blocco delle pensioni e dei contratti pubblici, la liberalizzazione dei servizi pubblici locali, le trivellazioni nell'Adriatico e la nuova linea ferroviaria ad alta velocità Napoli-Bari. Il motivo, in quest'ultimo caso, è che il governo non può fare a meno di sentire quello che hanno da dire le Regioni. Tesi legittima, per carità. Ma qualcosa si deve pur fare se in Italia, per realizzare un'infrastruttura, servono in media 7 anni e, per progettare un'opera che vale più di 50 milioni, servono in media 1.237 giorni.
Ci sono voluti 30 anni per ristrutturare la Salerno-Reggio Calabria (e manca ancora una manciata di chilometri), fra inchieste giudiziarie e ricorsi. E oltre 34 anni per realizzare i primi 14 chilometri della Salerno-Siracusa.
Tempi incompatibili non solo col mercato, ma anche con l'utilizzare al meglio dei fondi europei. Non è un caso se in Irlanda esistono le Italian highway, ribattezzate così perché finanziate con i soldi di Bruxelles che le nostre Regioni non sono riuscite a spendere in tempo e che sono stati riassegnati ad altri governi più bravi di noi.
Secondo uno studio europeo, il gap infrastrutturale è già costato in 20 anni almeno 15 punti di Pil. Una cifra astronomica.
NON ci sono solo le sentenze della Consulta o le lentezze delle Regioni. Ne sa qualcosa anche Bersani che, da ministro dell'Industria, continuava a sfornare lenzuolate di liberalizzazioni rimaste, per lo più, lettera morta, soprattutto a causa delle tante lobby e dei richiami elettorali che esercitano sui partiti. Ma soprattutto nella pubblica amministrazione la difesa della casta è impressionante. E dal 1979 che l'Italia tenta di semplificare la burocrazia, nel 1999 si arrivò a creare a Palazzo Chigi un 'Nucleo per la semplificazione', poi soppresso e sostituito prima da un ufficio dirigenziale, poi da una Commissione parlamentare e infine da un Comitato (2008).
Dopo arrivò l'istituzione di un ministero, ma i tempi per avviare un'attività produttiva restano biblici: per aprire una trattoria occorrono 71 timbri e 27 mesi per la licenza edilizia. Così com'è rimasto lettera morta il cosiddetto «sportello unico dell'amministrazione». Un miraggio annunciato nel 1984 con una proposta di legge, ripreso dal governo ulivista nel 1998, tradotto in un provvedimento nel 2007 e poi puntualmente accantonato.
In compenso siamo bravissimi non solo a sfornare leggi ma a cambiarle in continuazione. Il Codice dei Contratti è stato modificato 54 volte. Sui singoli articoli, poi, ci sono stati almeno 597 interventi. Il risultato è una raffica di ricorsi che hanno costretto il Tar a emettere 6mila sentenze, con la conseguenza inevitabile di accumulare ritardi e sprechi.
Una follia. Lo diceva anche Montesquieu: «Le leggi inutili indeboliscono quelle necessarie».
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