Ieri è stato pubblicato su questo Blog il n. 113 della rivista edita da parecchi anni a Mezzojuso, l'ECO DELLA BRIGNA, a cura di Don Enzo Cosentino, parroco di quella comunità per un ventennio e sacerdote ben noto nei paesi arbëreshe di Sicilia.
Come era prevedibile, nel numero adesso diffuso sono pubblicati più articoli di commento ai recenti provvedimenti adottati da Mons. Gallaro nell'assetto organizzativo dell'Eparchia ed in particolare sui trasferimenti dei parroci e degli amministratori parrocchiali.
Proprio questi articoli hanno in modo prioritario attirato l'attenzione e la curiosità dei lettori, dall'editoriale di apertura di don Enzo al verbale del 12 settembre 2016 del Consiglio Pastorale di Mezzojuso alla riflessione di Carlo Parisi, componente attivo e riflessivo del medesimo Consiglio.
Si tratta di interessanti punti di vista e di osservazioni che invitiamo a leggere a quei lettori che non l'abbiano ancora fatto.
Ciò che però temiamo sia sfuggito a molti è il vero e forte editoriale che sta in copertina, in prima pagina. Si tratta dell'immagine di apertura di questo storico numero di Eco della Brigna: l'aquila bicipite con le teste mozzate.
Essa dice molto di più di quanto si possa scrivere in pagine e pagine di un libro; esprime lo stato d'animo di tanti arbëresh di Sicilia la cui cultura e la cui identità ha subito gravi lesioni da chi non ha saputo coglierne nè l'animo, nè lo spirito nè la rilevanza culturale in terra d'occidente perchè probabilmente in preda a malintesi sensi di modernità, efficienza, innovazione e managerialità e in attesa di essere in quanto tale riconosciuto in sedi appropriate.
Quelle teste mozzate dicono molto di più delle polemiche, pure esse lontane dalla radice della crisi attraversata da parecchi anni in quà, da almeno un ventennio, dagli arbëreshe di Sicilia e che in queste settimane hanno riempito le pagine dei social network.
Quelle teste mozzate in prima pagina di una rivista edita a Mezzojuso ci rattrista e ci porta a rivedere l'immagine di un personaggio umile ed intelligente caro alla gente di Mezzojuso e degli altri paesi arbëreshe, Mons. Giuseppe Perniciaro.
Chissà dal posto in cui adesso si trova cosa pensa di quelle teste mozzate al simbolo della comunità e della Chiesa arbëreshe che con lui avevano raggiunto il traguardo che adesso è invece disconosciuto, a Vaticano II proclamato e dimenticato.
Si tratta di interessanti punti di vista e di osservazioni che invitiamo a leggere a quei lettori che non l'abbiano ancora fatto.
Ciò che però temiamo sia sfuggito a molti è il vero e forte editoriale che sta in copertina, in prima pagina. Si tratta dell'immagine di apertura di questo storico numero di Eco della Brigna: l'aquila bicipite con le teste mozzate.
Essa dice molto di più di quanto si possa scrivere in pagine e pagine di un libro; esprime lo stato d'animo di tanti arbëresh di Sicilia la cui cultura e la cui identità ha subito gravi lesioni da chi non ha saputo coglierne nè l'animo, nè lo spirito nè la rilevanza culturale in terra d'occidente perchè probabilmente in preda a malintesi sensi di modernità, efficienza, innovazione e managerialità e in attesa di essere in quanto tale riconosciuto in sedi appropriate.
Quelle teste mozzate dicono molto di più delle polemiche, pure esse lontane dalla radice della crisi attraversata da parecchi anni in quà, da almeno un ventennio, dagli arbëreshe di Sicilia e che in queste settimane hanno riempito le pagine dei social network.
Quelle teste mozzate in prima pagina di una rivista edita a Mezzojuso ci rattrista e ci porta a rivedere l'immagine di un personaggio umile ed intelligente caro alla gente di Mezzojuso e degli altri paesi arbëreshe, Mons. Giuseppe Perniciaro.
Chissà dal posto in cui adesso si trova cosa pensa di quelle teste mozzate al simbolo della comunità e della Chiesa arbëreshe che con lui avevano raggiunto il traguardo che adesso è invece disconosciuto, a Vaticano II proclamato e dimenticato.
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