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sabato 23 maggio 2015

Uomini, fatti, eventi. Come li ricordiamo oggi

23 Maggio

Sull’autostrada Punta Raisi-Palermo, nei pressi dello svincolo di Capaci, a pochi chilometri dal capoluogo, il 23 maggio 1992 avviene l’attentato mafioso in cui perdono la vita il magistrato antimafia Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo, anch’essa magistrato, e tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro.

Questo attentato, indicato comunemente come Strage di Capaci, ha segnato una delle pagine più tragiche della lotta alla mafia ed è strettamente connesso a quello successivo del 19 luglio, in cui rimase vittima il giudice Paolo Borsellino, amico e collega di Falcone.

«Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande». 
Questa frase profetica sulla sua fine fu espressa dallo stesso Giovanni Falcone solo un anno prima.
Falcone «era entrato in un gioco troppo grande» poiché non solo aveva portato alla sbarra e ottenuto la condanna del vertice «militare» di Cosa Nostra, ma aveva dato vita a un efficace metodo d’indagine contro le organizzazioni criminali, oltre ad aver ispirato un nuovo modello legislativo che è all’origine dei successi ottenuti dallo Stato nei confronti del fenomeno mafioso.
Luca Tescaroli, ex pubblico ministero a Caltanissetta che ha rappresentato la pubblica accusa nei confronti degli assassini del magistrato siciliano, ha affermato: «Falcone aveva disposto gli strumenti per punire i propri assassini».

Il magistrato siciliano, tuttavia, negli ultimi tempi era rimasto solo all'intrno della Magistratura e delle strutture rappresentative di questa: la nomina alla direzione degli Affari Penali al ministero di Grazia e Giustizia, ad affiancare il socialista Claudio Martelli, era vista dai più come un ripiego dopo la mancata nomina a procuratore capo di Palermo e le difficoltà che incontrava la sua candidatura ai vertici della nascente procura antimafia.

A diversi anni dalla sua morte, sono stati giudicati e condannati i presunti assassini e mandanti della strage di Capaci. I vertici di Cosa Nostra sono stati, di fatto, decapitati. 
Ma poco ancora è stato accertato dei rapporti tra mafia e il cosiddetto «terzo livello», che genericamente si è sempre individuato nel mondo politico e finanziario di cui ha parlato per la prima volta il capostipite dei pentiti, Tommaso Buscetta.

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