6 maggio
Il 6 maggi 1856 nasce a Freiberg (odierna Pribor nella Repubblica Ceca), una cittadina della Moravia a 240 km da Vienna, Sigmund Freud. E’ figlio di Jacob Freud, un commerciante ebreo di lana proveniente dalla Galizia che, a causa dei rivolgimenti politico-economici, era stato costretto a stabilirsi nel 1860 a Vienna, quando Sigmund aveva solo quattro anni.
E’ considerato il padre della psicoanalisi.
La psicoanalisi fu sviluppata da Freud per cercare di affrontare i problemi di alcuni pazienti con cui falliva la tecnica catartica (ipnosi) utilizzata prevalentemente dal suo collega Breuer.
Il metodo psicoanalitico utilizzato da Freud si discostava di molto dai precedenti metodi di cura: se prima di Freud isteria e nevrosi erano curate con l’ipnosi o addirittura con l’elettroshock, con Freud la cura divenne decisamente meno cruenta.
Freud introdusse, infatti, la talking cure (“la cura del parlare, del discorrere”), ovvero lasciava che i pazienti, opportunamente rilassati e distesi comodamente su un divano (tramutatosi poi nell’iconografia della psicoanalisi nel famigerato lettino dell’analista), dessero libero sfogo alle parole e al flusso delle proprie idee, tentando di vincere l’azione di censura delle tradizioni, della morale e degli imperativi sociali che impedivano ai fatti raccontati di presentarsi per ciò che erano.
L’azione di tali imperativi ostacolava spesso la soluzione di un trauma rimosso, il trauma incontrava resistenza nel venire alla luce: il lasciare che le parole fluissero per associazione di idee, senza alcuna logica che non fosse spontanea, permetteva a Freud e al paziente di portare a galla verità che non si credevano nemmeno di avere nascoste.
Il metodo psicoanalitico utilizzato da Freud si discostava di molto dai precedenti metodi di cura: se prima di Freud isteria e nevrosi erano curate con l’ipnosi o addirittura con l’elettroshock, con Freud la cura divenne decisamente meno cruenta.
Freud introdusse, infatti, la talking cure (“la cura del parlare, del discorrere”), ovvero lasciava che i pazienti, opportunamente rilassati e distesi comodamente su un divano (tramutatosi poi nell’iconografia della psicoanalisi nel famigerato lettino dell’analista), dessero libero sfogo alle parole e al flusso delle proprie idee, tentando di vincere l’azione di censura delle tradizioni, della morale e degli imperativi sociali che impedivano ai fatti raccontati di presentarsi per ciò che erano.
L’azione di tali imperativi ostacolava spesso la soluzione di un trauma rimosso, il trauma incontrava resistenza nel venire alla luce: il lasciare che le parole fluissero per associazione di idee, senza alcuna logica che non fosse spontanea, permetteva a Freud e al paziente di portare a galla verità che non si credevano nemmeno di avere nascoste.
Importante per tale lavoro di recupero del trauma era un certo rapporto di amore ed odio che si instaurava tra paziente e medico (il transfert, ovvero il vincolo emotivo): lungi da costituire un ostacolo alla terapia, Freud riteneva un certo grado di transfert essenziale per la guarigione del paziente.
La cura così strutturata appariva dunque come un lavoro sul paziente, che da soggetto passivo diventava soggetto attivo: il paziente, con l’aiuto del terapeuta, si curava da sé, da sé poteva arrivare alla soluzione del suo stesso trauma.
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