MASSIMO FRANCO, editorialista del Corriere della Sera
In un futuro
non lontano, non si può escludere nemmeno che si
arrivi ad una disdetta dell’Italicum, cucito su misura per il vincitore di
turno. Evoca infatti ilpassaggio
troppo brusco da una fase che favoriva in modo inaccettabile le minoranze, ad
una altrettanto discutibile di primato del governo. Renzi, tuttavia, ha l’aria
di chi sente di avere ragione quasi «a prescindere».
Le sue sfide, vissute
dagli oppositori come provocazioni, stanno avendo successo perché sono figlie
dell’immobilismo precedente. Vero o falso non importa: come tale è stato
percepito. Può ringraziare il proprio partito, ridotto ad una falange
spaventata e ubbidiente, con una minoranza interna esacerbata fin quasi al
suicidio politico.
ROGER ABRAVANEL, giornalista
In Italia i giovani sono tre volte più
disoccupati degli anziani (molto peggio che in tutti i Paesi sviluppati,
inclusa la Grecia) non tanto per colpa della crisi ma di una scuola che non si
è adeguata ad un mondo del lavoro molto cambiato. Il suo impianto è rimasto
quello della scuola di 80 anni fa che prevedeva che la classe dirigente
studiasse al liceo e poi all’università mentre le masse dovevano imparare un
mestiere. Andava bene per il mondo industriale, ma nella società
post-industriale sono necessarie nuove competenze. Tutti devono agire come dei
dirigenti, lavorare in autonomia (l’etica del lavoro di questo secolo),
risolvere problemi, avere spirito critico, saper comunicare e lavorare in team.
Purtroppo, secondo diversi sondaggi, la maggioranza dei datori di lavoro delle
aziende si lamenta che i giovani neodiplomati e neolaureati queste «competenze
della vita» non le hanno.
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