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venerdì 3 febbraio 2012

Diario contessioto del due febbraio

Nella serata di ieri nella Chiesa della Favara si è svolto un fatto importante; è accaduto qualcosa che dovrebbe innorgoglire ciascun contessioto.
Un discendente di una famiglia povera -come il 99% di  tutte quelle che vivevano a Contessa Entellina nell'Ottocento- è voluto tornare nel paese di origine dei propri avi per vedere, capire, conoscere dove stavano le radici del suo "essere", della sua odierna personalità. Si trattava di un presule, di un vescovo americano, cresciuto ed educato anche secondo i racconti trasmessigli dai genitori, dai nonni e dai parenti. E' cresciuto avvolto in un mito, quello del paese di origine, della comunità arbëresh che gravitava attorno ad una fede cristiana, alla Madonna della Favara, ad una Storia che gli veniva presentata come straordinaria.
Non sappiamo quanto i racconti e le nostalgie dei genitrori abbiano influito nella scelta di Giuseppe Nunzio Latino di diventare sacerdote e di riuscire ad ascendere dopo a Vescovo di una importante città americana.
Mons. Sotir Ferrarta tiene l'omelia
Nello spazio continentale che gravità attorno al golfo del Messico (Louisiania, Mississippi, Texas, Florida) i discendenti da famiglie contessiote sono migliaia e migliaia. A New Orleans tanti di costoro sono divenuti affermati professionisti (avvocati, ingegneri), amministratori pubblici (sindaci della città, deputati dello Stato della Louisiania, e del Congresso di Washington), professori dell'Università (storici di fama), altri sono divenuti managers ed imprenditori anche di grossissime realtà economiche che operano sul piano internazionale.
Ieri sera in Mons. Giuseppe Nunzio Latino abbiamo potuto cogliere la gioia di uno di noi, di un contessioto che il destino ha condotto lontano e che nonostante lo scorrere delle generazioni vive ancora, si nutre e si plasma dei racconti, del modo di essere -o voler essere- trasmessogli dai genitori.
La "memoria" è importante per forgiare identità,  personalità, uomini. Chi non conserva memoria alcuna non ha radici, ...non è uomo, è un essere esposto agli eventi che gli capitano.
Mons. Latino ha tenuto un breve discorso in inglese (tradotto da un volenteroso che stava in Chiesa) e ci ha trasmesso lo stato del suo animo dicendoci che si "sentiva in famiglia", "si sentiva a casa sua".

Quale frustrazione per noi contessioti lì presenti nel lasciare la Chiesa e tornare nelle nostre case. Erano lì presenti con la sagoma del corpo, ma con l'assenza della loro identità, personalità, umanità, tre amministratori comunali, sindaco, vicesindaco ed assessore. Ebbene di fronte ad una "personalità" (non nel senso di individuo importante), ad un uomo che trasudava di personalità intesa come identità, tradizione, figliolanza ed umanità  di una terra,  quelle sagome degli amministratori (prive di identità e personalità) non hanno nemmeno sentito -non dico la passione- ma nemmeno il dovere, di manifestare un minimo di sentimento e animo di accoglienza.
Hanno salutato il prelato, figlio vero di questa terra al contrario di loro rivelatisi semplici simulacri, in sagrestia.
Che vergogna !

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