Molti anni fà accadeva:
Chi raccoglieva le verdure nel proprio campo raggiungeva la casa furtivamente; chi la comprava nel negozio attraversava la piazza.
Spunto dai libri di Anton Blok
Il 70% di quanto si mangia -oggi- nell'Isola arriva da oltre lo
Stretto. Pasta, carne, verdure, frutta.
Sì, la Sicilia regione prettamente agricola, terra di buona
qualità dei prodotti che qui crescono sotto il sole mediterraneo vive di
importazione dei 2/3 di tutto ciò che consuma per alimenti.I movimenti culturali e politici che
contestano la logica della “crescita” continua dell’economia globalizzata e
vedono in Serge Latouche il nuovo
profeta della “decrescita serena” all’insegna dei vantaggi del chilometro zero, ossia dei vantaggi provenienti dall’auto
alimentazione con prodotti del proprio territorio, in Sicilia non hanno alcuna
fortuna.
Noi siciliani preferiamo pagare di più.
Vogliamo i prodotti che vengono da parecchi chilometri lontani. Vittime forse della
pubblicità oppure molto più probabilmente dell'ignoranza.
Non mangiamo la roba nostra ma - ciò che è
peggio - non vendiamo nemmeno ciò che produciamo. Ciascuno qui in Sicilia è abbarbicato
al proprio isolamento, al proprio orgoglio e guarda di continuo il proprio ombelico.
Il discorso fatto al livello regionale lo
si può riportare senza alcuna difficoltà al livello ancora più localistico. I contessioti preferiscono
fare la spesa altrove, in altri centri. I corleonesi preferiscono farla a
Palermo. I palermitani, quelli che possono ovviamente, vanno a fare lo shopping
ogni quindici giorni a Roma.
Tutti sostengono che a Castelvetrano la spesa
alimentare costa meno. Nessuno contabilizza il carburante per girare sul
territorio, il tempo necessario e la veridicità dei propri presupposti contabili.
No, noi siciliani, noi contessioti,
dobbiamo dimostrare, abbiamo necessità di mostrare che siamo “intelligenti”,
che nessuno ci frega. Non ha importanza se restiamo fregati; per noi l'importante è apparire "non fregati".
Non siamo fatti per l’economia a “chilometri
zero”.
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