7) per chi vuole riflettere
Ancora sui giovani
La società entro cui viviamo, il modello occidentale, considera la giovinezza, se non proprio un valore in sé, una condizione privilegiata. E' proprio così, o meglio, è sempre stato così ?
I sociologi non la pensano così. Cominciando dall'inizio del Novecento, proprio i sociologi ci ricordano che i giovani (nelle linee generali) cominciarono con l'essere 1) nazionalisti, poi 2) fascisti, quindi -nel secondo dopoguerra- 3) contestatori, per arrivare, ai tempi più recenti, 4) a possedere l’ego tanto debole da divenire (frequentemente) clienti degli psicoanalisti.
Esiste una pubblicistica, sopratutto dall'ultimo fine secolo, che nello svalutare l'apporto socialmente costruttivo dei giovani arriva a sostenere che il problema dei giovani è che divengono vecchi e non riescono a perdonarsi, da vecchi, né le occasioni perdute né i pregiudizi accumulati.
Esiste, ovviamente anche una pubblicistica "giovanilistica" perché identifica il nuovo con il meglio. E frequentemente avviene che il giovane può essere semplicemente il diverso.
Gli uomini di scienza sopratutti, ci dicono però che il progresso purtroppo non appartiene alla fatalità cronologica. E poi! i sociologi non dimenticano di ricordarci che dalla "sbornia del '68" in tanti ambienti sociali si è passati alla stasi o all'eccesso di eclissi, quella che dura finora.
Il nostro è il tempo, pure, della volontà e della "preferenza" di non voler figli voluntary childlessness (ovviamente, in alcune fasce sociali e specificatamente in quelle delle donne più portate alla carriera).
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