Il vero guaio, che non riguarda solamente Israele ed i Palestinesi, è, da quanto capiamo e sappiamo, che il mondo, la società mondiale che si chiami Onu, Occidente, Cina, Russia o altro, non ha un piano, una idea su come uscire dai massacri che continueranno se non viene fuori una i-d-e-a.
Israele non può e non dovrebbe continuare a massacrare i miserabili del mondo se vuole ancora essere parte della cosiddetta civiltà occidentale. I giornali scrivono che il proposito di Israele (quanto meno delle sue frange di estrema destra) è di sradicare da Gaza la realtà araba per i prossimi 50 anni. Se è vero, non è un proposito che si addice ad un popolo che ha conosciuto la barbarie nazista. Gli Stati Uniti stanno sostenendo Israele, ma cominciano ad avvertire fastidi, mostrano di non voler «ripetere i nostri errori del dopo 11 settembre»: Israele può riuscirci con sé stessa e con il mondo, ma non con i diretti interessati. Per questo il presidente Usa ha rilanciato la tanto derisa formula dei due Stati. Alcuni partiti israeliani, partiti di governo, propugnano soluzioni espansionistiche che allontaneranno la simpatia di cui sempre gli ebrei hanno goduto in Occidente.
Orit Strock, ministro dell’attuale governo israelian, ha dichiarato che «non c’è dubbio che Gaza faccia parte della terra d’Israele e che un giorno vi faremo ritorno». Il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir, un superfalco che sta armando i coloni in Cisgiordania, ha detto che «dobbiamo tenerci il territorio». Si parla, come primo passo, di annessione della fascia settentrionale della Striscia.
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