Sabato scorso, nella giornata di mobilitazione contro il femminicidio tutta Italia si è commossa, nell’ascoltare le parole di Elena Cecchetin, la sorella di Giulia. Com-muoversi, -abbiamo letto da qualche parte- significa secondo la radice latina «mettersi in movimento», dopo e oltre le emozioni.
Alcuni giornali in questi giorni hanno rievocato una situazione lontana nel tempo seppure in contesti diversi, verificatasi in Sicilia, e pure essa -allora- riuscì a scuotere le coscienze.
Nel 1965, tra Natale e Capodanno, Franca Viola accompagnata dal padre Bernardo denunciò il suo stupratore e disse «no» al matrimonio riparatore che estingueva il reato, secondo l’articolo 544 del Codice penale allora vigente.
Quella ragazza di Alcamo mostrò all’Italia che cosa sia davvero l’onore, la dignità: la determinazione di una diciassettenne, diede allora uno scossone all’architettura del dominio, del controllo, dell’acquiescenza come destino.
Adesso, nel novembre 2023, Elena Cecchettin, nel nome di Giulia e con il padre al fianco, ha chiamato la società italiana del terzo millennio a fare rumore, tanto, fino a far cadere le mura di una Città che è rimasta asimmetrica, storta, in declino accelerato.
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