Eleonora s’Aragona
Stralcio de “L’arte del governo di una donna di
alti et notabili paraiu et eccellentissimi sangui
Di bella presenza è dotata di grande sensibilità, seppe essere nel contempo energica, ambiziosa e decisa soprattutto quando fu sola ad amministrare e custodire per gli eredi un patrimonio vastissimo ambito da molti. La caparbietà e la forza di carattere sembrano fare da contraltare al ritratto che si delinea dall’immaginario scritto segreto attribuito all’infanta fantasiosamente rinvenuto nel monastero di Santa Maria del Bosco a lei tanto caro. Leggendo il testo si traccia nella mente un’immagine eterea, diafana, quasi impalpabile dettata dalla descrizione che la donna fa delle sue sensazioni, del turbamento del suo corpo, del sorprendersi per i battiti del suo cuore, della commozione dinanzi alla bellezza della natura o al cadere dei fiori appassiti, della sua partecipazione al tramonto. Si ha la sensazione di un fondersi dell’io con il tutto di un romantico panismo: “sedevo su una roccia e ne acquistavo lo spessore; mi adagiavo sui rami d’un albero: dalle mie braccia germogliavano le foglie, sul mio grembo nidificavano gli uccelli. Cercavo le concavità dei sassi e la profondità delle grotte, la solitudine è il silenzio”.
Questa, tuttavia, è l’altra faccia della ferrea Eleonora, di quell’Eleonora che emerge dai documenti, dell’infanta che aveva ereditato dal padre, il duca Giovanni, la capacità di destreggiarsi in un difficile momento politico e l’abilità che le permise, nonostante la ribellione del marito e del figlio, di ottenere il perdono del re e di mantenere intatti prerogative e privilegi.
Se Eleonora era stata valido sostegno alla politica del marito vicario del regno, il suo ruolo si accentua, nel 1398, alla morte del figlio Nicola quando, rimasta sola e nominata nutrice delle eredi minori, prende in mano le redini della gestione politico-amministrativa del territorio.
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