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lunedì 13 novembre 2023

Gli arbereshe nel Cinquecento siciliano (1)

 La Storia per flash e per assetti socio-economici

L’assetto istituzionale-territoriale siciliano nel XV-XVI secolo non era quello -oggi vigente- della divisione in 9 province. 

 Il territorio dell'isola era allora ripartito in  tre “Valli”: 

1) Valdemone  

2) Val di Mazara  

3) Val di Noto.

L'autorità amministrativa di governo regio centrale esercitava il potere diretto solamente sul territorio delle città demaniali (erano meno di cinquanta). 

Accanto alle città demaniali regie, stavano le numerose realtà comunitarie feudali denominate Terre rette con amplissima autonomia dai baroni; nella casistica baronale rientravano la Terra di Kuntisa, quelle di Chiusa, Giuliana, e altre ancora, rette  dal casato dei Cardona. 

Tipica architettura
evocativa dell’edilizia
araba, diffusa in più paesi
di Sicilia.
Il prestigio pubblico e pubblicistico, all’interno del Regno di Sicilia di ciascun “Barone” dipendeva dal numero di “terre” che da lui dipendevano. 

Esistevano inoltre  “Terre” rette o comunque dominii dei Vescovi e questa era la situazione, in prossimità di Contessa, di Bisacquino che, amministrativamente e feudalmente, dipendeva dall’ArciVescovo-Barone di Monreale, (=Barone, nel senso che esercitava sulle “Terre” di sua pertinenza il medesimo ruolo dei baroni laici). 

Nel Cinquecento in Sicilia non esistevano, già da oltre due secoli, i “casali”, siti abbandonati  all’alba del trecento via via che le persecuzioni “cristiane” ai danni delle residue popolazioni arabo-saracene, avevano reso deserte le campagne dell’Isola.

(Segue)


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