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domenica 20 dicembre 2020

Alle radici del Cristianesimo

   Dalla Filocalia:

Massimo il Confessore, è stato un monaco e teologo bizantino, venerato santo sia dalle Chiese cattolica e ortodossa che lo ricordano il 13 agosto di ogni anno.

X Fra coloro che posseggono, alcuni posseggono senza passione e perciò, se privati dei loro beni, non si rattristano, come quelli che accettarono con gioia di esserne depredati. Altri invece posseggono in modo passionale, e quindi diventano tristissimi alla sola prospettiva di esserne privati, come il ricco del vangelo che se ne andò rattristito; e se poi ne sono effettivamente privati, se ne rattristano sino a morirne.

X L'intelletto puro vede rette le cose; una parola esperta rappresenta al vivo le cose viste.  Un udito nitido le accoglie. Ma chi è  privo di queste tre facoltà dà la colpa a chi ha parlato.
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Stiamo estrapolando già da quattro settimane alcune pagina introduttive, preliminari, dal libro di Hans Kung: Dio esiste? 
- Sono pagine in cui l'autore trattegia la figura di "Cartesio",  filosofo e matematico francese, fondatore della matematica e della filosofia moderna. Scopo del libro è di usare, applicare -in un certo senso- il metodo scientifico per la ricerca del fondamento della "fede".

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Io penso, dunque sono: René Descartes

5) Il punto di Archimede

Il punto di Archimede
   Come si può allora raggiungere ancora una certezza se non si può in alcun modo evitare il dubbio, ma al contrario bisogna sostenerlo fino in fondo? "La meditazione che feci (ieri) m'ha riempito lo spirito dio tanti dubbi, che oramai, non è più in mio potere dimenticarli. E tuttavia non vedo in qual maniera potrò risolverli: come se tutt'a un tratto fossi caduto in un'acqua profondissima, sono talmente sorpreso, che non posso né poggiare i piedi sul fondo, nè nuotare per sostenermi alla superficie. Nondimeno io mi sforzerò, e seguirò daccapo la stessa via in cui ero entrato (ieri), allontanandomi da tutto quello in cui potrò immaginare il minimo dubbio, proprio come farei se lo riconoscessi assolutamente falso; e continuerò sempre per questo cammino, fino a che non abbia  appreso con tutta certezza che al mondo non v'è nulla di certo. Archimede, per togliere il globo terrestre dal suo posto e trasportarlo altrove, domandava  un sol punto fisso ed immobile. Così io avrò diritto di concepire aòte speranze, se sarò abbastanza fortunato da trovare solo una cosa, che sia certa e indubitabile". 
   Ma esiste questo punto che, immediatamente certo e convincente, potrebbe reggere  l'intyero edificio del sapere umano ? Ogni certezza  sembra invece distrutta. Ma -e questa è ora la grande sorpresa-  proprio questo dubbio universale e radicale è tale da generare  esso stesso la nuova fondamentale certezza.: " Ma,  subito dopo, m'accorsi che, mentre volevo in tal modo pensare falsa ogni cosa,  bisognava necessariamente che io, che la pensavo, fossi pur qualcosa.  Per cui, dato che questa verità :  Io penso, dunque sono, è così ferma e certa che non avrebbero potuto scuoterla neanche le più stravaganti supposizioni  degli scettici, giudicai di poterla accogliere senza esitazione come il principio primo della mia filosofia".
   Questo "je pense, donc je suis", già formulato nel Discours - nella celebre traduzione latina "cogito, ergo sum" - così è stato formulato da Descartes  nelle Meditazioni, alla luce della possibile esistenza di un Dio ingannatore: "Non v'è dunque dubbio che io esisto, s'egli mi inganna;  e mi inganni fin che vorrà, egli non saprà mai  fare che io non sia nulla, fino a che penserò di essere qualche cosa. Di modo che, dopo avervi ben pensato, e avere accuratamente esaminato tutto, bisogna infine concludere , e tenere fermo, che questa proposizione: Io sono, io esisto, è necessariamente vera tutte le volte che la pronuncio, o che la concepisco nel mio spirito". L'obiettivo sembra raggiunto: la chiarezza e la distinzione non si manifestano più soltanto nel campo matematico-geometrico dei numeri e delle relazioni astratte, ma anche nella vita concreta, nell'esistenza reale. Siccome nel mondo degli oggetti non c'è nulla  di indubitabile, il soggetto dubitante è costretto  a ripiegare su se stesso.
   "Io penso, (quindi)  sono": il "quindi" (donc, ergo) - usato solo occasionalmente- non denota una conclusione  sillogistica, ma soltanto l'intuizione direttamente connessa con l'atto di pensare: "Io sono un soggetto pensante". Veniva così scoperto, in mezzo ad ogni sorta di dubbi, il punto di Archimede: il fatto della propria esistenza -e non soltanto del pensiero- è il fondamento di ogni certezza! Ora a partire da questo punto fermo ed immobile Descartes prende a trattare tutte le questioni fondamentali della filosofia: i tre problemi dell'io, di Dio e delle cose materiali.
-a La natura dell'io o dello spirito umamo: per Descartes consiste interamente nel pensiero, inteso nel senso più lato del termine (=coscienza). A questo io, alla "cosa che pensa" (res cogitans), competono le proprietà del pensiero, ma anche il sentire e il volere, così come il colore o il peso competono alle cose del mondo fisico, la cui natura consiste nell'estensione (res extensa). 
- b Ora come perviene l'io all'esistenza di Dio ? Questo è il nuovo punto di partenza di Descartes: non dal mondo, ma soltando dall'io, da se stessi. E ciò in due modi.
   Anzitutto in maniera causale, secondo lo schema causa-effetto: per Descartes è pacifico che l'uomo trova in se stesso l'idea di un Essere infinito, perfetto. Ma da dove origina questa idea? Non dall'uomo, infatti, come essere dubitante e pensante, l'uomo riconosce la propria imperfezione e finitudine. Una cosa imperfetta e finita -e qui, con il concetto della causalità efficiente tra finito ed infinito, Descartes ripropone tipici ragionamenti neoplatonici - non può essere la causa adeguata di ciò che è perfetto. Perciò l'idea di perfezione e infinitudine - non essendo l'idea un nulla, deve avere come reale autore un essere reale a essa corrispondente:  un essere veramente infinito - Dio. Non noi quindi siamo coloro che hanno prodotto l'idea di perfezione e infinitudine, ma Dio stesso l'ha infusa in noi: l'idea di Dio è un'idea  innata o originaria nell'uomo.
   E poi in maniera ontologica, con il passaggio dall'idea all'esistenza: Descartes riprende il celebre argomento di Anselmo di Canterbury, che a partire da Kant viene detto "argomento ontologico", e lo fa sulla base del suo principio della conoscenza chiara e distinta.  Ciò che noi, in maniera chiara e distinta, conosciamo come appartenente alla vera natura di una cosa, deve anche appartenerle nella realtà. Ora l'idea di Dio non può venire confusa con nessun'altra. Noi infatti conosciamo in maniera chiara e distinta che Dio è l'Essere più perfetto e che delle sue perfezioni fa anche la sua esistenza; l'Essere assolutamente perfetto non può esistere senza la perfezione massima. Quindi già con l'idea di Dio, in quanto Essere perfettissimo, viene ammesso anche il fatto dell'esistenza di quest'Essere.
   Ma come possiamo essere sicuri che in questa conoscenza non ci inganniamo o non veniamo ingannati da un genio cattivo? Ecco la risposta di Descartes : se Dio fosse un genio ingannatore, non potrebbe essere l'Essere perfettissimo. Infatti l'inganno e l'illusione sono segni di debolezza e di imperfezione. Il concetto o l'idea di Essere perfetto, quindi, non include soltanto l'esistenza, ma anche la veracità  e la bontà di Dio.  Un Dio-ingannatore è escluso.
   Il concetto di Dio, pertanto, non viene dedotto dalla conoscenza del mondo: scienza e fede appaiono profondamente distinte, il che evidentemente avrebbe reso possibile una libera evoluzione  sia della scienza naturale che della teologia, La conclusione della terza meditazione testimonia che il riflettere su Dio è ammirazione, adorazione, gioia: lo "spirito, cheche ne resta in certo modo abbagliato"  sperimenta qui " la maggior gioia di cui siamo capaci in questa vita".
- c. Di qui alle cose materiali del mondo esterno il passo non è più difficile: se Dio è verace e buono, l'uomo può essere certo di se stesso e delle cose materiali che lo circondano. Con la sua veracità  e bontà Dio è garante anche della fidatezza della ragione da lui creata, quando questa venga usata rettamente, cioè in maniera chiara e distinta. Io posso essere certo che quello che conosco chiaramente e distintamente (quindi non semplicemente tutte le qualità secondarie della materia, come il colore, la forma, la durezza)  non è inganno o apparenza, ma è vero e, quindi, esiste. Vi diviene insieme chiaro e distinto anche il fatto che la natura  delle cose materiali  è realmente diversa da quella dello spirito umano: (l'io, l'anima) e definito dal pensiero, come le cose materiali lo sono dall'estensione. Nel campo materiale Dio deve essere visto come la causa prima di ogni movimento.

Avvertenza:
(Col superiore brano sospendiamo dal riportare pagine dall'introduzione al testo curato da Hans Kung. Chi è interessato alle oltre mille pagine deve attingere direttamente dal libro. Sul blog continueremo comunque a riflettere su questa ed altre tematiche).

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Alle radici del Cristianesimo sta l'Ebraismo.

Alcune riflessioni e dati di fatto

5) Gli specialisti di Storia per ricostruire la vicenda storico-religiosa di Israele generalmente pigliano in considerazione il Deuteronomio e ne viene fuori che il re (non straniero) non possiede l'immagine di vero monarca. Deve possedere pochi cavalli e poche donne, poco oro e poco argento (in pratica è la descrizione dell'esatto contrario di come un re del Medio-Oriente, in quel periodo, veniva rappresentato). Non solo: il re, deve, piuttosto che comandare, obbedire. Obbedire a chi? Deve obbedire al testo biblico, in particolare al Deuteronomio
Questa descrizione, molto alla lontana ci ricorda, come oggi i governanti, i politici del terzo millennio, dovrebbero non avvalersi di stupidi "autoritarismi", ma dovrebbero obbedire alla "Costituzione".
Oltre che sul Re, il sistema dell'antico Israele, si reggeva pure sui Profeti, figure che si riteva fossero inviati di Yahwech, come nel caso di Mosé, e ai quali si doveva obbedienza.
Ciò che gli storici rilevano è -però- che del periodo monarchico nei libri narrativi non si fa cenno. Segno probabile che i testi sono successivi, risalgono a dopo la fine della monarchia.

In questi ritagli che periodicamente (perora settimanali)  portiamo sul Blog ci proponiamo di tracciare la religione dell'antico Israele a cominciare da quella pre-esilica, da quella pre-monarchica, ben sapendo che i testi di riferimento sono successivi, postumi. 
I quadri "sociali" fondati su testi successivi, secondo gli storici, sono sempre esorbitanti rispetto alla realtà; conviene provare tuttavia a tracciarli se si pensa che pure l'attuale società post-cristiana possiede oggi inestinguibili legami con quei lontani testi.

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