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giovedì 31 dicembre 2020

Discorso di fine anno del Presidente della Repubblica

 

Mattarella: «Il 2021 deve essere l’anno della sconfitta del virus e il primo della ripresa»

«Care concittadine e cari concittadini,

avvicinandosi questo tradizionale appuntamento di fine anno, ho avvertito la difficoltà di trovare le parole adatte per esprimere a ciascuno di voi un pensiero augurale.

Sono giorni, questi, in cui convivono angoscia e speranza.

La pandemia che stiamo affrontando mette a rischio le nostre esistenze, ferisce il nostro modo di vivere.

Vorremmo tornare a essere immersi in realtà e in esperienze che ci sono consuete. Ad avere ospedali non investiti dall’emergenza. Scuole e Università aperte, per i nostri bambini e i nostri giovani. Anziani non più isolati per necessità e precauzione. Fabbriche, teatri, ristoranti, negozi pienamente funzionanti. Trasporti regolari. Normali contatti con i Paesi a noi vicini e con i più lontani, con i quali abbiamo costruito relazioni in tutti questi anni.

Aspiriamo a riappropriarci della nostra vita.

Il virus, sconosciuto e imprevedibile, ci ha colpito prima di ogni altro Paese europeo. L’inizio del tunnel. Con la drammatica contabilità dei contagi, delle morti. Le immagini delle strade e delle piazze deserte. Le tante solitudini. Il pensiero straziante di chi moriva senza avere accanto i propri cari.

L’arrivo dell’estate ha portato con sé l’illusione dello scampato pericolo, un diffuso rilassamento. Con il desiderio, comprensibile, di ricominciare a vivere come prima, di porre tra parentesi questo incubo.

Poi, a settembre, la seconda offensiva del virus. Prima nei Paesi vicini a noi, e poi qui, in Italia. Ancora contagi – siamo oltre due milioni - ancora vittime, ancora dolore che si rinnova. Mentre continua l’impegno generoso di medici e operatori sanitari.

Il mondo è stato colpito duramente. Ovunque.

Anche l’Italia ha pagato un prezzo molto alto.

Rivolgendomi a voi parto proprio da qui: dalla necessità di dare insieme memoria di quello che abbiamo vissuto in questo anno. Senza chiudere gli occhi di fronte alla realtà.

La pandemia ha scavato solchi profondi nelle nostre vite, nella nostra società. Ha acuito fragilità del passato. Ha aggravato vecchie diseguaglianze e ne ha generate di nuove.

Tutto ciò ha prodotto pesanti conseguenze sociali ed economiche. Abbiamo perso posti di lavoro. Donne e giovani sono stati particolarmente penalizzati. Lo sono le persone con disabilità. Tante imprese temono per il loro futuro. Una larga fascia di lavoratori autonomi e di precari ha visto azzerare o bruscamente calare il proprio reddito. Nella comune difficoltà alcuni settori hanno sofferto più di altri.

La pandemia ha seminato un senso di smarrimento: pone in discussione prospettive di vita. Basti pensare alla previsione di un calo ulteriore delle nascite, spia dell’incertezza che il virus ha insinuato nella nostra comunità.

È questa la realtà, che bisogna riconoscere e affrontare.

Nello stesso tempo sono emersi segnali importanti, che incoraggiano una speranza concreta. Perché non prevalga la paura e perché le preoccupazioni possano trasformarsi nell’energia necessaria per ricostruire, per ripartire.

Nella prima fase, quando ancora erano pochi gli strumenti a disposizione per contrastare il virus, la reazione alla pandemia si è fondata anzitutto sul senso di comunità.

Adesso stiamo mettendo in atto strategie più complesse, a partire dal piano di vaccinazione, iniziato nel medesimo giorno in tutta Europa.

Inoltre, per fronteggiare le gravi conseguenze economiche sono in campo interventi europei innovativi e di straordinaria importanza.

Mai un vaccino è stato realizzato in così poco tempo.

Mai l’Unione Europea si è assunta un compito così rilevante per i propri cittadini.

Per il vaccino si è formata, anche con il contributo dei ricercatori italiani, un’alleanza mondiale della scienza e della ricerca, sorretta da un imponente sostegno politico e finanziario che ne ha moltiplicato la velocità di individuazione.

La scienza ci offre l’arma più forte, prevalendo su ignoranza e pregiudizi. Ora a tutti e ovunque, senza distinzioni, dovrà essere consentito di vaccinarsi gratuitamente: perché è giusto e perché necessario per la sicurezza comune.

Vaccinarsi è una scelta di responsabilità, un dovere. Tanto più per chi opera a contatto con i malati e le persone più fragili.

Di fronte a una malattia così fortemente contagiosa, che provoca tante morti, è necessario tutelare la propria salute ed è doveroso proteggere quella degli altri, familiari, amici, colleghi.

Io mi vaccinerò appena possibile, dopo le categorie che, essendo a rischio maggiore, debbono avere la precedenza.

Il vaccino e le iniziative dell’Unione Europea sono due vettori decisivi della nostra rinascita.

L’Unione Europea è stata capace di compiere un balzo in avanti. Ha prevalso l’Europa dei valori comuni e dei cittadini. Non era scontato.

Alla crisi finanziaria di un decennio or sono l’Europa rispose senza solidarietà e senza una visione chiara del proprio futuro. Gli interessi egoistici prevalsero. Vecchi canoni politici ed economici mostrarono tutta la loro inadeguatezza.

Ora le scelte dell’Unione Europea poggiano su basi nuove. L’Italia è stata protagonista in questo cambiamento.

Ci accingiamo – sul versante della salute e su quello economico – a un grande compito. Tutto questo richiama e sollecita ancor di più la responsabilità delle istituzioni anzitutto, delle forze economiche, dei corpi sociali, di ciascuno di noi. Serietà, collaborazione, e anche senso del dovere, sono necessari per proteggerci e per ripartire.

Il piano europeo per la ripresa, e la sua declinazione nazionale – che deve essere concreta, efficace, rigorosa, senza disperdere risorse - possono permetterci di superare fragilità strutturali che hanno impedito all’Italia di crescere come avrebbe potuto.

Cambiamo ciò che va cambiato, rimettendoci coraggiosamente in gioco.

Lo dobbiamo a noi stessi, lo dobbiamo alle giovani generazioni.

Ognuno faccia la propria parte.

La pandemia ci ha fatto riscoprire e comprendere quanto siamo legati agli altri; quanto ciascuno di noi dipenda dagli altri. Come abbiamo veduto, la solidarietà è tornata a mostrarsi base necessaria della convivenza e della società.

Solidarietà internazionale. Solidarietà in Europa. Solidarietà all’interno delle nostre comunità.

Il 2021 deve essere l’anno della sconfitta del virus e il primo della ripresa. Un anno in cui ciascuno di noi è chiamato anche all’impegno di ricambiare quanto ricevuto con gesti gratuiti, spesso da sconosciuti. Da persone che hanno posto la stessa loro vita in gioco per la nostra, come è accaduto con tanti medici e operatori sanitari.

Ci siamo ritrovati nei gesti concreti di molti. Hanno manifestato una fraternità che si nutre non di parole bensì di umanità, che prescinde dall’origine di ognuno di noi, dalla cultura di ognuno e dalla sua condizione sociale.

È lo spirito autentico della Repubblica.

La fiducia di cui abbiamo bisogno si costruisce così: tenendo connesse le responsabilità delle istituzioni con i sentimenti delle persone.

La pandemia ha accentuato limiti e ritardi del nostro Paese. Ci sono stati certamente anche errori nel fronteggiare una realtà improvvisa e sconosciuta.

Si poteva fare di più e meglio? Probabilmente sì, come sempre. Ma non va ignorato neppure quanto di positivo è stato realizzato e ha consentito la tenuta del Paese grazie all’impegno dispiegato da tante parti. Tra queste le Forze Armate e le Forze dell’Ordine che ringrazio.

Abbiamo avuto la capacità di reagire.

La società ha dovuto rallentare ma non si è fermata.

Non siamo in balìa degli eventi.

Ora dobbiamo preparare il futuro.

Non viviamo in una parentesi della storia. Questo è tempo di costruttori. I prossimi mesi rappresentano un passaggio decisivo per uscire dall’emergenza e per porre le basi di una stagione nuova.

Non sono ammesse distrazioni. Non si deve perdere tempo. Non vanno sprecate energie e opportunità per inseguire illusori vantaggi di parte. E’ questo quel che i cittadini si attendono.

La sfida che è dinanzi a quanti rivestono ruoli dirigenziali nei vari ambiti, e davanti a tutti noi, richiama l’unità morale e civile degli italiani. Non si tratta di annullare le diversità di idee, di ruoli, di interessi ma di realizzare quella convergenza di fondo che ha permesso al nostro Paese di superare momenti storici di grande, talvolta drammatica, difficoltà.

L’Italia ha le carte in regola per riuscire in questa impresa.

Ho ricevuto in questi mesi attestazioni di apprezzamento e di fiducia nei confronti del nostro Paese da parte di tanti Capi di Stato di Paesi amici.

Nel momento in cui, a livello mondiale, si sta riscrivendo l’agenda delle priorità, si modificano le strategie di sviluppo ed emergono nuove leadership, dobbiamo agire da protagonisti nella comunità internazionale.

In questa prospettiva sarà molto importante, nel prossimo anno, il G20, che l’Italia presiede per la prima volta: un’occasione preziosa per affrontare le grandi sfide globali e un’opportunità per rafforzare il prestigio del nostro Paese.

L’anno che si apre propone diverse ricorrenze importanti.

Tappe della nostra storia, anniversari che raccontano il cammino che ci ha condotto ad una unità che non è soltanto di territorio. Ricorderemo il settimo centenario della morte di Dante.

Celebreremo poi il centosessantesimo dell’Unità d’Italia, il centenario della collocazione del Milite Ignoto all’Altare della Patria.

E ancora i settantacinque anni della Repubblica.

Dal Risorgimento alla Liberazione: le radici della nostra Costituzione. Memoria e consapevolezza della nostra identità nazionale ci aiutano per costruire il futuro.

Esprimo un ringraziamento a Papa Francesco per il suo magistero e per l’affetto che trasmette al popolo italiano, facendosi testimone di speranza e di giustizia. A lui rivolgo l’augurio più sincero per l’anno che inizia.

Complimenti e auguri ai goriziani per la designazione di Gorizia e Nova Gorica, congiuntamente, a capitale europea della cultura per il 2025. Si tratta di un segnale che rende onore a Italia e Slovenia per avere sviluppato relazioni che vanno oltre la convivenza e il rispetto reciproco ed esprimono collaborazione e prospettive di futuro comune. Mi auguro che questo messaggio sia raccolto nelle zone di confine di tante parti del mondo, anche d’ Europa, in cui vi sono scontri spesso aspri e talvolta guerre anziché la ricerca di incontro tra culture e tradizioni diverse.

Vorrei infine dare atto a tutti voi – con un ringraziamento particolarmente intenso - dei sacrifici fatti in questi mesi con senso di responsabilità. E vorrei sottolineare l’importanza di mantenere le precauzioni raccomandate fintanto che la campagna vaccinale non avrà definitivamente sconfitto la pandemia.

 

Care concittadine e cari concittadini,

quello che inizia sarà il mio ultimo anno come Presidente della Repubblica.

Coinciderà con il primo anno da dedicare alla ripresa della vita economica e sociale del nostro Paese.

La ripartenza sarà al centro di quest’ultimo tratto del mio mandato.

Sarà un anno di lavoro intenso.

Abbiamo le risorse per farcela.

 

Auguri di buon anno a tutti voi

Legalità e violenza. Dal post-Unità a ieri: banditismo, violenza e mafia

  Il 12 novembre 1875 a Roma, presso la sede della "Commissione d'inchiesta sulla condizione della Sicilia" istituita con la legge 2579 del 3 luglio 1875  fu chiamato a deporre  il Generale Alessandro  Avogadeo  Casanova. Questi era giunto a Palermo all'inizio del 1874. Quella deposizione non fu mai resa pubblica. La Commissione d'inchiesta  "anti-mafia" del dopoguerra repubblicano  la cita ma nulla riporta circa il contenuto. Ci è capitato di leggere che il nostro Camilleri l'ha riassunta in una delle sue opere e che quella relazione è rimasta inedita fino a pochi anni fa. Essendoci adesso capitato in mano un lavoro di Paolo Maninchedda (scrittore, recensore e biografo) che ha recuperato quella deposizione e l'ha pubblicata sui Quaderni camilleriani, ci pare opportuno rievocare almeno alcuni tratti di quegli atti "pubblici", dal momento che oggi pochi in Sicilia lasciano intendere che la Mafia sia attuale, che essa continui a condizionare la vita di chiunque pensa e usa la coscienza civica piuttosto che l'imposizione o la violenza privata.

== ^^ ==

Presidente della Commissione d'inchiesta fu allora Giuseppe Borsani (1812-1886), già collaboratore di Cavour, senatore dal 1873, già procuratore generale di Palermo. Facevano parte di essa:

-Giuseppe Alasia, piemontese, in precedenza era stato prefetto di Bari,

-Carlo De Cesare, deputato del napoletano,

-Pirro De Luca, consigliere della Cassazione,

-Luigi Gravina, deputato siciliano,

-Francesco Paternostro, deputato siciliano (del corleonese), già appartenente alla carriera prefettizia,

-Carlo Verga, senatore del vercellese,

-Romualdo Bonfardini, deputato piemontese.

Il Generale di cui alla deposizione dinnanzi alla Commissione era arrivato a Palermo nel gennaio 1874.

   Manicheda ha ritenuto di premettere nella pubblicazione del verbale alcune preliminari riflessioni utili per interpretare correttamente il contenuto della deposizione del generale. Riflessioni riguardanti: 1) il conte e prefetto di Palermo Gioacchino Rasponi (già deputato), 2) il ministro degli Interni  di allora generale Medici che aveva inviato lo stesso Rasponi a Palermo. 

 L'inquadratura del contesto

= Rasponi partìva nello svolgimento della sua funzione dal presupposto di essere stato incaricato quale Prefetto di Palermo per rimediare alla situazione sociale e di ordine pubblica isolana sotto un'ottica prettamente politica. Da politico che era  stato in precedenza puntò infatti ad operare nelle vesti del buon amministratore piuttosto che in quelle del poliziotto. Si mosse da un lato per tagliare i forti legami allora esistenti fra il mondo dei politici e dei gestori della cosa pubblica e dall'altro lato del mondo della malavita. Il 14 novembre del 1874, non condividendo le Istruzioni di Polizia pervenute dal Ministro che puntavano dritto dritto ad una repressione poliziesca in una situazione che era invece nitidamente "politica" si dimise. Era prevalsa allora la teoria della Destra secondo cui la Mafia fosse una organizzazione malavitosa al servizio dei repubblicani e/o dei borbonici. Rasponi nella relazione che mandò al Ministero descrisse invece la Mafia come un reticolo di convenienze sociali, che permeava l'intero ceto medio siciliano, con radici culturali e morali nella illegalità, estirpabili con interventi "politici" e "istituzionali" da immettere nel contesto del vivere degli stessi siciliani, evitando comunque l'instaurazione di un regime di stati d'assedio. Rasponi ne fa -praticamente- una questione di crescita culturale.

=Il ministro degli Interni Medici, nel quadro politico-istituzionale di quel post-Unità deteneva sia poteri civili che militari cosicchè si era dato molto da fare nella promozione di infrastrutture viarie nella Sicilia dove invece prevalevano in assoluto le trazzere, nel campo dell'ordine pubblico non aveva disdegnato un approccio "trattativista" con la malavita; malavita che sin dai primi dell'Ottocento era divenuta -nell'Isola- "Mafia", ossia strumento della violenza privata nell'assetto e funzionamento della vita pubblica.  Manichedda scrive che il ministro Medici si trovò a percorrere "il pericoloso crinale della tolleranza di una soglia sostenibile di malaffare e di violenza, ritenendo utopistica l'eradicazione totale dell'illegalità dal corpo della società siciliana"

=In questo contesto ora trattegiato il Procuratore del re (come allora era chiamato il Procuratore della Repubblica) Diego Taiani non potè fare a meno che incriminare il Questore di Palermo Albanese, collaboratore istituzionale del Prefetto Rasponi. Taiani, successivamente diventerà deputato crispino al Parlamento e sarà uno dei deputati promotori della Commissione d'Inchiesta su cui ci proponiamo di riflettere per quanto attiene l'interrogatorio del generale Casanova. Nella seduta parlamentare dell'11-12 giugno 1875 svolse un serrato attacco alla politica della Destra storica in materia di ordine pubblico in Sicilia.

=Borsani, il presidente della Commissione, era un ex procuratore che, in Sicilia, aveva sostenuto l'accusa contro la banda di Angelo Pugliese ed in una nota indirizzata al Ministero così amaramente aveva scritto: "E' uno scandalo unito ai molti che dimostrano non essere in Sicilia soggetti alla legge penale gli uomini che hanno denaro". Secondo Manincheda, da cui stiamo attingendo, per trattegiare la cornice entro cui nella Sicilia post unitaria operavano le associazioni delinquenziali, la Mafia operava  sulla base di due livelli: a- uno costituito da evidenti ed espliciti banditi e latitanti, b- l'altro costituito da figure che gestivano affari, teneva contatti con delinquenti riconosciuti e si davano da fare per  vanificare l'opera delle istituzioni. A giustificare quella propensione mafiosa c'era l'attaccamento al denaro, il rivestirsi di prestigio e "rispetto" agli occhi delle masse e l'esercitare il "potere" effettivo sul territorio.

La Commissione di indagine si insediò il 29 agosto 1875 e visitò l'Isola  fra il 3 novembre 1875 e il 3 febbraio 1876. 

Era quello un periodo in cui le associazioni mafiose per acquisire "prestigio e risorse" e nel contempo "terrorizzare" la gente ricorreva al sequestro di persone e ad esigere per la successiva liberazione un "riscatto". Fra le bande di cui ancora oggi, almeno a Contessa, molti anziani ricordano -perchè a loro tramandate- le vigliacche imprese, c'era quella di Vincenzo Capraro che operava nell'area qui prossima o addirittura entro il territorio, stando al Giornale di Sicilia del 24 agosto 1878 che riportava un quadro quanto mai efficace della terribile attività della banda: “Capraro era a Sciacca, ma i suoi quattordici gregari erano di Sambuca, di Contessa, di Giuliana, Santa Margherita e Castronuovo, comuni posti sui confini della provincia di Girgenti con quella di Palermo. Nessuno dei codesti gregari era di Sciacca. Le grassazioni, devastazioni, assassinii, ribellioni armate, estorsioni e ricatti della banda Capraro dal 1868 al 1878 furono innumerevoli, i soli reati principali denunciati e conosciuti furono non meno che 38 e fra essi erano non meno di nove sequestri di persona.”

Nel chiudere questa pagina introduttiva alla deposizione del gernerale Casanova riportiamo come egli ha definito la Mafia ad espressa domanda: "C'è la Mafia ?"; Risposta: "Non c'è una associazione: è la tendenza a prepotere o con una raccomandazione, o con un duello o in altra guisa". In un successivo testo da lui rimesso alla Commissione il generale lascia intendere  però la presenza del "terzo livello" politico-malavitoso:

I proprietari di queste province sono ancora incerti e non danno per nulla quell'appoggio e quegli aiuti che con tutti i mezzi si è cercato di avere. Questo fatto conferma pienamente una mia previsione, manifestata fin dal settembre ultimo, che cioè non tutti i proprietari vogliono una repressione a fondo; essi si contentano di prendere il di sopra ed acquistare la perduta influenza sui briganti e sulla maffia, per servirsene, occorrendo, a soddisfare la loro ambinzione e le loro rivalità di dominio.

 Come avremo modo di capire dalla lettura integrale del verbale,  il generale molto probabilmente non era, al tempo della deposizione, informato dello scontro tra magistrati e prefettura nel periodo di Taiani procuratore. Così la pensa Paolo Manincheda, dalla cui opera abbiamo tratto ed interpretato alcune considerazioni.

Una riflessione

 Ogni lettore, quando legge, 

legge sé stesso. 

L'opera dello scrittore 

è soltanto una specie di strumento ottico 

che è offerto al lettore 

per permettergli di discernere 

quello che, senza libro, non 

avrebbe forse visto in sé stesso.

== ^^==



Marcel Proust

scrittore, saggista e critico letterario

(1871-1921)


mercoledì 30 dicembre 2020

Io parlo, tu ascolti. Conferenza stampa di fine anno

Il bilancio di un anno segnato 

dalla pandemia di Covid-19.

Secondo tradizione il premier stamane ha tenuto la conferenza stampa di fine anno trasmessa dalla Tv.

Sofia Ventura, nota politologa, così ha commentato la modalità di conduzione della Conferenza Stampa:

Capisco bene?

Presidente dell'Odg Carlo Verna che modera conferenza stampa del Presidente Conte ha posto come regola che non vi possono essere repliche a risposte?

Ma allora i giornalisti a che servono?

Solo a lanciare la palla e poi Conte ci giochicchia come meglio preferisce?

Ricordi di un decenne. Avvenne in quel 25 Luglio 1943

 TEMPO DI GUERRA: TUTTI A CASA. QUANDO È PREFERIBILE ESSERE CONDUCENTE DI UNA....CARRIOLA PIUTTOSTO CHE DI UN MODERNO AUTOCARRO. .......di Ernesto Scura

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Il 25 Luglio del 1943, avevo da poco compiuto i 10 anni e, come per tutti gli  adolescenti, gli interessi prevalenti erano i giochi e le ansie per la prossima frequenza della scuola media che ci avrebbe dischiuso un nuovo  ciclo di studi, con l’approccio allo studio del Latino di cui, fino ad allora, avevamo  orecchiato soltanto qualche frase retorica “Mare Nostrum”, “Roma caput  Mundi”.

Ma il momento storico che stavamo vivendo ci avrebbe coinvolto, di li a poco,costringendoci a diventare, se non attori, quantomeno, anche  se inconsapevolmente, spettatori di qull’immane spettacolare vicenda che  fu la seconda guerra mondiale. E fu col fiato sospeso che, assecondando le ansie dei grandi, restammo in attesa delle sequenze successive, giorno dopo giorno, nell’incertezza e nel rincorrere previsioni. 

La guerra sta per finire ?  È finita ? Finirà . E, intanto, l’8 settembre, apprendevamo, con notevole ritardo, ciò che in segreto era stato deciso il 3 Settembre. E la domanda che si ponevano gli anziani era: “e i tedeschi cosa faranno ?”  Sottindendedo “cosa ci faranno” ? E intanto aveva inizio quell’insolito movimento di automezzi tedeschi che, in ritirata, dalla Sicilia, risalivano per attestarsi sulla linea “August” che si estendeva da ORTONA fino a MINTURNO, comprendendo Montecassino. E, intanto, era sempre più numeroso il flusso di soldati italiani che passavano  per CORIGLIANO, appiedati, malmessi e affamati, che cercavano di  raggiungere le loro famiglie al Sud. E non mancavano i soldati italiani che, scampati al fuoco alleato in Sicilia,  cercavano di raggiungere le loro residenze al nord. Era il triste spettacolo  di ciò che, poi, fu definito il “TUTTI A CASA”. Quelli più scalcagnati, perché avevano percorso a piedi già molti chilometri, erano i meridionali che, spesso, mia madre non mancò di sfamare quando, esausti si sdraiavano sul prato antistante casa mia. Ci fu la volta che noi  ragazzi, sentimmo un lento cigolio e ci precipitammo sulla strada. Era un  malandato soldato, in pantaloni corti militari, che aveva escogitato come  poter trasportare i suoi miseri effetti, con una carriola che, per non farla  gravare  più di tanto sulle braccia, ne aveva collegati i manici con una lunga  bretella di tela che, girando attorno al collo, scaricava il peso sulle spalle. Non mancammo di tributargli un fragoroso applauso e rifornirlo di qualcosa da mangiare. Il flusso inverso Sud-Nord, anche se meno pietoso, non era poi tanto più  allegro. Si fermò un autocarro militare, un FIAT 626, e ne discesero un  tenentino con altri tre militari, pallidi e spaventati, si fermarono per potersi un po’ sgranchire. La cabina ed il telone erano tutti bucherellati. Ci tolsero la curiosità spiegandoci che sulla strada litoranea 106 Jonica, erano stati presi  di mira dalle mitragliatrici degli aerei dei nuovi “alleati” che,come al solito,  sparavano su tutto ciò che si muoveva, non risparmiando nemmeno un carro  carico di fieno, trainato da buoi, figuriamoci un autocarro militare. Fecero  appena in tempo a saltare fuori e rifugiarsi tra gli uliveti. Per fortuna eravamo alleati, altrimenti, chissà, avrebbero fatto ricorso alle ... bombe. Nel dopoguerra alcuni camionisti spiritosi usavano scrivere sul frontone della  cabina : “DAI NEMICI MI GUARDI IDDIO CHE ALLE CURVE CI PENSO IO”. Evidentemente, in tempo di guerra, Dio non assicurava la copertura protettiva  dalla MALVAGITÀ ALLEATA. Quando il tenentino lesse sulla fiancata dell’autobus,lì parcheggiato, la scritta  “Fratelli Scura”, chiese subito se eravamo parenti di Paolo Scura. Lo feci salire  su, da mia madre, che capì a chi si riferiva, ad un lontano parente del suo paese d’origine, Vaccarizzo Albanese. Spiegò che erano stati  in precedenza fraterni commilitoni. Mia madre disse che, comunque, non era a Vaccarizzo ma, probabilmente, nel Lazio dove viveva. Poi, il tenentino spiegò a mia madre la sua situazione. Dopo l’8 settembre, come  tutti gli sbandati di quel fronte siciliano, cercò una via di fuga nella speranza di raggiungere il Nord (era veneto) e, con gli altri, s’impossessò dell’autocarro ben rifornito di carburante e pochi viveri. Era amareggiato per ciò che raccontava sull’arrivo degli alleati in Sicilia: “Le donne, imbellettate, andavano incontro agli invasori offrendo fiori”. Cioè non si era ancora reso conto del nuovo clima. Mia madre non mancò di  metterlo in guardia nei confronti dei tedeschi che dovevano, ad ogni modo, cercare di non incontrare, onde evitare rappresaglie o deportazioni. Era il tragico momento di un’Italia con troppi “ALLEATI” e con troppi “NEMICI”, con l’aggravante di non sapere con certezza chi erano gli alleati e chi erano  i nemici. Il tutto mirabilmente rappresentato nel film “Tutti a casa “ dove l’ingenuo sottotenente, interpretato da Alberto Sordi, al telefono di un bar, urla al superiore: “Signor colonnello, accade una cosa incredibile. I tedeschi si sono alleati con gli americani e ci sparano addosso...”

 Ernesto SCURA

Una foto alla settimana: cosa ispirano le panoramiche politiche di ieri e di oggi?

La foto qui riportata riprende la tela "Inaugurazione del Parlamento a Palazzo Madamas" realizzata dal pittore olandese Tetar van Elven, e che campeggia al centro dell'Aula consiliare regionale del Piemonte.

Vuole raffigurare l'importante, sotto il profilo storico e culturale, evento del 2 aprile 1860 quando si tenne la prima seduta (simbolica) di un Parlamento non più del regno piemontese (Regno di Sardegna) ma dell'ancora auspicato Regno d'Italia.

Se potessimo allargare la foto noteremmo una schiera di uomini politici di altri tempi, di altro spessore ed intenti rispetto ad una eventuale foto dei nostri giorni eseguita nelle aule del Parlamento della quarta Repubblica, quello a stragrande maggioranza populista.

 Nelle prime file della foto si notano Vittorio Emanuele II, Giuseppe Garibaldi, Camillo Benso di Cavour, Alessandro Manzoni, Umberto Rattazzi, Massimo d'Azeglio, Alfonso La Marmora e moltissimi altri patrioti; tutta gente che fece ciò che fece non interessandosi dell'indennità di carica e nemmeno di banchi con le rotelle.

Perchè abbiamo voluto riportare giusto questa foto in piena pandemia? Lo abbiamo fatto perchè ci siamo prefigurata una foto di questi giorni caratterizzati dal coronavirus con  i politici dei nostri giorni ....  Finirebbe sui libri di Storia?

Una riflessione

"Se vogliamo conoscere

il senso dell'esistenza

dobbiamo aprire un libro:

là in fondo, nell'angolo

più oscuro del capitolo

c'è una frase scritta apposta per noi".


Pietro Cirati


scrittore, saggista, critico letterario


(nt. 20.02.1930)

Arriva un Nuovo Anno. Aspettative e propositi

È tempo di dimenticare il passato 

e dedicarsi a un nuovo inizio. 

L'inizio di un nuovo anno è da sempre motivo di speranza e di aspettative. In queste ore che restano del 2020 si cominciano pure a trarre i bilanci sull'anno andato, caratterizzato dal dilagare del Covid-19.    Il pensiero non può che andare ai tanti italiani e non che a causa diretta o indiretta  del covid hanno perso la vita. Noi uomini pensavamo che nel terzo millennio fossimo divenuti ormai sovrani del pianeta e ci preparavamo già ai grandi salti su altri pianeti ed invece un v-i-r-u-s, un piccolo virus  ci ha ricordato che è tempo di riflettere

  In queste ore ci auguriamo in quanto umanità da ogni angolo del pianeta che l'anno che ci attende sia quello della sconfitta della pandemia e contemporaneamente  -in quanto contessioti- vorremmo sperare sul futuro e la sopravvivenza della nostra comunità cittadina il cui declino demografico, sociale e  infrastrutturale è sotto gli occhi di tutti. Questi di fine/inizio d'anno sono giorni di auspici e di  speranza; dal Blog vogliamo sperare ed augurarci un nuovo anno ricco  di realizzazioni, di investimenti e quindi di occupazione per i giovani. Non può esistere una comunità che cresca giovani a cui dopo non sa dare speranza.

Sinceri auguri a tutti coloro che leggono il blog, indipendentemente se condividono o meno la linea di pensiero perseguita.

Buon 2021

Mimmo Clesi

martedì 29 dicembre 2020

Sicilia del Quattrocento. Eccidio di Modica

Molti anni fa una legge dello Stato proponeva l'insegnamento nelle scuole di base -per la successiva formazione dei futuri cittadini- della Storia Locale. Nel caso di Contessa Entellina si sarebbe dovuto trattare della storia circa la natura arbëreshe del paese e -nel contempo- della storia del Meridione italiano, terra tuttora ampiamente differente dal punto di vista sociale ed economica dal Settentrione della penisola. Terra che possiede una Storia medievale e moderna completamente diversa da quella delle regioni del Nord.

Una riflessione

"Questa è la parte più bella 

di tutta la letteratura:

scoprire che i tuoi desideri sono

desideri universali, che non sei solo

o isolato da nessuno.

Tu appartieni ."

*  

Francis Scott Fitzgerald

autore di romanzi e racconti

(1896-1940)

lunedì 28 dicembre 2020

Una riflessione

Quanto è antica

La Questione Meridionale ?

"Risale all'epoca in cui i Normanni e successivamente Federico II posero fine all'autonomia delle città mercantili, formatesi a seguito della rivoluzione comunale. Fra le quali, grande è stato il dinamismo di Amalfi, capace di reggere nel modo più brillante la concorrenza di Pisa e di Genova".

Le "due Italie" 

"Saranno destinate a rimanere tali nei secoli successivi: una dinamizzata dalla borghesia imprenditoriale e dalla espansione della logica catallattica; l'altra dominata dal latifondo e dallo Stato accentratore, il quale non lasciava spazio alcuno alla autonomia delle città "

Luciano Pellicani

Sociologo, giornalista e docente universitario, inguaribile riformista 


(1939-2020)

domenica 27 dicembre 2020

Trasporti ed entroterra. Dai treni a scartamento ridotto alle strade provinciali disastrate

Non è  mai stato facile il percorso 

Contessa Entellina-Palermo 

Ai nostri giorni non sono molti i contessioti che ricordano di essersi recati da Contessa Entellina a Palermo viaggiando sul treno o sulle storiche   "vettorina" delle Ferrovie dello Stato. 

Stazione Sant'Erasmo, Palermo,
nei primi anni cinquanta del
Novecento.
Accadeva fino agli anni cinquanta del Novecento che dalla piazza Umberto di Contessa partiva la corriera della ditta Stassi e portava i passeggeri alla stazione denominata Contessa Entellina, che in realtà insisteva in territorio di Bisacquino nei pressi di Batellaro, e di lì essi potevano  poi proseguire in treno per raggiungere Palermo oppure in altra direzione Bisacquino e altri centri ancora dell'interno dell'isola, fino a Burgio.

 Viaggiando in direzione di Palermo si superavano la stazione di Corleone e di altre località fino ad arrivare -in città- alla stazione di San Erasmo, nei pressi della foce del fiume Oreto poco distante da dove oggi c'e' l'Ospedale Buccheri La Ferla.

 Quella linea ferrata Burgio-Palermo era molto frequentata in quei primi anni cinquanta del Novecento perché collegava molti centri dell'entroterra siciliano col capoluogo. La costruzione della stazione ferroviaria di Sant'Erasmo, capolinea di Palermo, fu iniziata nel 1884 ed innaugurata nel 1886 ed è stata distolta dalla funzione ferroviaria nel 1953, quando ormai il processo di motorizzazione di massa in Italia cominciava a mettere piede. Fu allora, in quel 1953, che furono istituiti i servizi di linea sostitutivi dell'Ast, Azienda Siciliana Trasporti.

 Da qualche decennio in qua il complesso architettonico ferroviario dell'antica stazione di Sant'Erasmo ospita sistematiche manifestazioni culturali che gli hanno restituito rinnovata vivacità persino superiore a quando nel XIX secolo esso fungeva da terminale ferroviario.

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Stazioni e fermate: Palermo S. Erasmo, Bandita, Palermo Acqua dei Corsari, Villabate Paese, Portella di Mare, Misilmeri, Bolognetta-Marineo, Mulinazzo, Baucina-Ciminna, Villafrati-Cefalà Diana, Mezzoiuso, Godrano, Ficuzza, Bifarera, Scalilli, Donna Beatrice, Corleone, Censiti, Ridocco, Campofiorito, Tarucco, Contessa Entellina, Bisacquino, Chiusa Sclafani, S. Carlo, Burgio

Una riflessione

 "Interrogo i libri e mi rispondono. 

E parlano e cantano per me.

  Alcuni mi portano il riso sulle labbra o la consolazione nel cuore.

 Altri mi insegnano a conoscere me stesso".


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FRANCESCO PETRARCA

 (1304-1374)

Scrittore, poeta, filosofo



Il Ricordo

  Francesco Di Martino nasceva 84 anni fa, 27 dicembre 1936, a Contessa Entellina.

 In un'epoca come quella cui viviamo, in cui tutto è super veloce, tutto viene dimenticato in un attimo e sembra non lasciare traccia degli avvenimenti e dell'opera dell'uomo, dei suoi affetti e sentimenti, la storia e vicenda politica di Francesco Di Martino calata in una piccola realtà umana come Contessa Entellina può sembrare una favola romantica.

 La sua è invece una storia reale che comincia quando era ancora giovane studente e intraprende un percorso  di vita appassionato che  ancora oggi suggerisce come la via da seguire sia quella del cambiamento rispetto alla stanca osservazione della stagnazione presente.

Una riflessione

 Quanto è antica la questione meridionale?

"Che esista una questione meridionale, nel significato economico e politico della parola, nessuno più mette in dubbio.

C'è fra il nord e il sud della penisola una grande sproporzione nel campo delle attività umane, nella intensità della vita collettiva, nella misura e nel genere della produzione e, quindi per gli intimi legami che corrono tra il benessere e l'anima di un popolo, anche una profonda diversità fra le consuetudini, le tradizioni, il mondo intellettuale e morale".

Cosi scriveva 


Giustino Fortunato (1848-1932)

"Il Mezzogiorno e lo stato italiano"

Volume II"

La Terza, Bari, 1911

Alle radici del Cristianesimo

MONACHESIMO BASILIANO

Nelle Regole ampie, formate da 55 capitoli, San Basilio (330-379) spiega i capisaldi della vita monastica ed  elenca sei principali ragioni in favore della vita comunitaria rispetto alla vita solitaria del monachesimo delle origini.

1) abbiamo bisogno gli uni degli altri per garantire la nostra sopravvivenza;

2) la legge della carità di Gesù Cristo non permette che ognuno di noi pensi esclusivamente a se stesso;

3) chi conduce vita solitaria può cadere nell'illusione a causa dei suoi progressi personali;

4) complementarietà spirituale tra i fratelli li porta a soddisfare i comandamenti;

5) i cenobiti si sostengono nelle difficoltà spirituali, rialzano chi è caduto , scuotono chi sonnecchia.

6) il monaco che è controllato, che deve obbedire a una regola e a un superiore,  acquista più facilmente l'umiltà e non si abbandona all'autocompiacimento.

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Alle radici del Cristianesimo sta l'Ebraismo.

Alcune riflessioni

Tra le date storiche che hanno influenzato la transizione dall'età medievale all'età moderna, ha grande significato sicuramente il 1492.

Caratteristico contesto
edilizio medievale
tuttora presente in più 
paesi dell'entroterra
siciliano.

La foto riprende un quartiere 
dove nei secoli trascorsi
insistette la Giudecca.

È l'annata della scoperta dell'America e nel contempo della cacciata degli ebrei  da tutti i territori spagnoli e quindi anche della cacciata dai centri abitati di Sicilia. 

Gli arberesh di Kuntissa in numero ancora ridotto rispetto ai bisogni rurali della locale Baronia già lavoravano nei domini facenti capo ai Cardona di Calatamauro, pur non costituendo ancora una comunità legalmente riconosciuta  e -pare che- senza problema alcuno si sono offerti di ospitare fra loro uno o più gruppetti di ebrei  cacciati via dalle università  costituite di Giuliana (dominio dei Cardona) e di Bisacquino (dominio dell'Arcivescovo di Monreale); centri entrambi dove le attività artigiane erano state svolte fino ad allora proprio dagli ebrei. Il prezzo pagato da quegli ebrei è stato la conversione al Cristianesimo.

Il nucleo ebraico in Sicilia era allora il più importante del meridione italiano, ben oltre 30 mila anime sparse in una sessantina di comunità. Ogni comunità locale risiedeva in un proprio quartiere (melach = giudecca). L'editto di espulsione firmato da re Ferdinando e dalla regina Isabella porta la data del 31 marzo 1492.

sabato 26 dicembre 2020

Vita pubblica. Piccoli Flash sulla vita amministrativa (4)

In questa rubrica, fra tanti temi,  andremo affrontando il quadro pandemico sia sotto il profilo sanitario, sociale ed amministrativo che nell'ottica finanziaria-economica. 

Abbiamo notata che a Contessa nell'occasione del varo del Bilancio di Previsione (a Novembre) non e' sortito alcun dibattito in termini politici. Un consigliere della minoranza si è semplicemente intrattenuto su aspetti tecnici.

Sul Blog frequentemente ci intratteniamo su risvolti politici e su situazioni che cogliamo dai media, dall"albo pretorio, dalle conversazioni con amici o conoscenti. Teniamo comunque sempre conto delle vicende locali.

Chi si candida alla guida di una comunità

 1) sa che il sistema di finanziamento è disciplinato dall'art. 119 della Costituzione. 

2)  sa che lo Stato ha fissato nel novembre 2010 e nel marzo 2011  i  fabbisogni standard di ciascun ente locale

3)  sa che il modello tracciato avrebbe voluto delineare l'integrale finanziamento delle "funzioni fondamentali" dei Comuni tramite:

A) risorse proprie (tributi, tariffe, compartecipazioni)

B) integrabili da trasferimenti perequativi in caso di dimostrata insufficienza. L'insufficienza doveva emergere dalla differenza tra il fabbisogno standard e la capacità fiscale locale.

   Fra il 2013 e il 2015 fu completata la stima dei fabbisogni standard ed iniziò  il "regime perequativo" che avrebbe dovuto concludersi nel 2021, senonché nel 2019 con la legge di bilancio  la progressione fu sospesa  e col d.l. n. 124/2019 fu rimodulato con termine ultimo spostato al 2030. Per dirla in breve finora dell'auspicata "perequazione" è stato realizzato solamente il 27%. 

Come mai? 

L'intenzione di partenza era di spostare risorse dal Nord al Sud, peraltro ai danni dei piccoli comuni, quelli inferiori ai 5mila abitanti. Si capisce bene che la questione non è facile da regolarizzare dal momento che i piccoli comuni numericamente stanno in prevalenza al Nord rispetto al Sud. Ed i politici del Nord non amano affatto l'impegno meridionalista.

Con questa breve cronistoria ci siamo proposti di tracciare la situazione generale della finanza locale relativa ai piccoli centri. Sarebbe il caso,  dal momento che la "pandemia" ha colpito sia il Nord che il Sud del Paese di sollevare la soluzione degli antichi e storici squilibri della finanza pubblica della nostra Italia. La Costituzione dice che la Repubblica è una.

Ricordiamoci comunque che il legislatore nel 2019 ha invece bloccato il cammino verso il riequilibrio di cui abbiamo scritto, rinviando alle calende greche (2030).

Una riflessione ...

 Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto 

una sola vita: la propria. 

Chi legge avrà vissuto 5000 anni:

C'era quando Caino uccise Abele,

quando Renzo sposo' Lucia,

quando Leopardi ammirava l'infinito ...

perché la lettura 

è un'immortalità all'indietro.


UMBERTO ECO

Saggista e intellettuale italiano

(1932-2015)

Didattica a distanza. Dall'apprendimento ai banchi con le rotelle (1)

 Il sistema scolastico pubblico dall'Imperatrice Maria Teresa all'Azzolina.

L'insegnamento pubblico è una conquista della contemporaneità. I primi passi in direzione dell'organizzazione della scuola pubblica a beneficio  delle classi popolari cominceranno a muoversi nella seconda metà del Settecento, grazie alla visione "illuministica" della società. 

E' da allora che lo Stato e le sue istituzioni mettono mano o meglio rivisitano l'istruzione superiore in funzione di una politica scolastica aperta al popolo. In Italia i primi provvedimenti vengono varati nella Lombardia dell'Imperatrice d'Austria Maria Teresa. In tutti gli stati europei si scopre via via che il compito di formare le coscienze pubbliche non deve competere solamente alla religione ma anche allo Stato, organismo laico ed autonomo rispetto ai confronti allora piuttosto vivaci fra mondo cattolico e mondo protestante nell'intera Europa Occidentale.

Uno dei primi passi per togliere il monopolio alla Chiesa nell'educazione delle coscienze fu l'abolizione della Compagnia di Gesù  nel 1773.

Le società di allora erano complesse e di non facile approccio in direzione della crescita umana: 1) oltre il 95% della popolazione versava in condizioni miserevoli 2) non esisteva un corpo docente adeguato e distribuito sui territori 3) gli stati non disponevano di risorse ed investimenti sufficienti 4) la didattica era completamente assente 5) mancava la coscienza circa il ruolo civico a cui l'istruzione pubblica doveva mirare 6) spesso i governanti illuministi si trovarono ad essere più progressisti rispetto ai sudditi da "svegliare".

Dalla Rivoluzione francese in poi e nel periodo post-napoleonico, in parallelo alla rivoluzione industriale e  all'accrescersi del ruolo degli stati ai fini del governo della società,  cominciano -con molta gradualità- ad apprezzarsi la coscienza e gli effetti della scolarizzazione  nella dinamica sociale ed economica del vivere civile. Questa crescita umana tuttavia non sarà uniforme sull"intera Europa e nemmeno lo sarà nella penisola italiana.

(Segue)


venerdì 25 dicembre 2020

Un Natale diverso


"Il Verbo si è fatto carne, la carne si è fatta Verbo". (San Giovanni Damasceno).

 Quest'anno Natale si presenta privo delle solite incrostazioni  consumistiche. E sotto quest'aspetto non è affatto male, anzi! Possiede e conserva però con sé  il messaggio sia religioso che laico racchiuso in un Bambino che nasce, rinasce, che porta speranza. La vita, il cammino dell'uomo continua, riprende entusiasmo.

 La festa del Sol Invictus fu istituita dall'Imperatore Aureliano nel l'anno 274. Costantino nel 330  ne fece una festa cristiana facendola coincidere con la nascita di Cristo. Per il cristiano è tempo di abbandonare il rancore e la delusione del muoversi fra gli altri, per il laico è nuovamente tempo di riprendere l'impegno sociale smarrito da lungo tempo nei vicoli della società dell'egoismo.

giovedì 24 dicembre 2020

Contessa Entellina e Territorio. Cosa c'è da valorizzare (10)

  Piccoli appunti e note riprese da scritti di Maria Antonietta Russo "Il Monastero di Santa Maria del Bosco di Calatamauro tra Istituzioni Ecclesiastiche, potere regio e signorile".

  Secondo padre Olimpio da Giuliana, il Monastero di Santa Maria del Bosco era "situato in un monte d'altezza di quattro miglia, non gia' nella sommità  del monte ma quasi mezza strada poi che a voler andare da basso al monastero si saglie in due buone miglia, e dal monastero alla cima suprema del monte che si domanda Genovardo bisogna salire due altri buoni miglia molto più certi e ratti". Relativamente alla posizione l'abate fornisce le distanze dai grossi centri e da quelli più piccoli ma molto vicini al monastero: Sciacca, a circa venti miglia, Palermo, a trentaquattro, Corleone, dieci, Trapanu a cinquantotto; i centri più  vicini sono Contessa "che ci sta quasi di sotto", Bisacquino a poco più  di due miglia, Giuliana a tre, Chiusa a quattro e Entella a cinque".

  "Il bosco era stato concesso dal re al catalano Guglielmo Galceran de Cartella' , conte di Catanzaro".

(Padre Olimpo da Giuliana, Memorie antiche cit.,pp..7-8).


Alle radici del Cristianesimo - Buon Natale ai lettori

 Un pò di Storia:

e così si diffuse il Cristianesimo

Il Cristianesimo arriva a Roma
San Paolo di Tarso
-autore delle Epistole-

E' verso la metà del sec. I che il Cristianesimo cominciò a far parlare di sé in Italia. Nel '49 l'Imperatore Claudio aveva preso un provvedimento di espulsione contro gli ebrei per disordini scoppiati a Roma all'interno delle loro comunità, nelle quali si andavano distinguendo i cristiani, seguaci del Messia, l'Unto del Signore, il Cristo. Si trattava di quel Cristo condannato e crocifisso come sedizioso una ventina d'anni prima, durante alcuni moti popolari a Gerusalemme.

La diffusione del Cristianesimo aveva assunto un ritmo notevole da quando al gruppo dei primi discepoli del Cristo si aggiunse il figlio di un "sellaio", (curdaru), Paolo di Tarso, ebreo di cultura ellenistica, le cui "epistole" (scritte fra l'anno 50 e 64) costituirono testimonianza della nuova religione. Queste epistole pare siano tutte anteriori ai Vangeli che arriveranno con molte probabilità fra il 70 ed il 90 d.C.

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Ad Antiochia i seguaci della nuova fede avevano cominciato a essere indicati dai pagani con il termine Christianoi, quelli del "Messia", segno della differenziazione che si era andata operando, non solo a Gerusalemme, ma anche fra gli ebrei della diaspora fra coloro rimasti fedeli all'Antico Testamento e coloro che aderivano al messaggio cristiano, i cui punti principali erano:

-resurrezione di Gesù, su volontà di Dio, in quanto Messia,

-la parousia, il suo ritorno per instaurare il Regno di Dio, con la promessa della vita eterna. 

Le forme di pietà tradizionale negli ebrei persistettero anche nelle comunità cristiane, ma il battesimo avveniva ora nel nome di Gesù Cristo per la remissione dei peccati e a esso si aggiunse l'imposizione delle mani inteso a trasmettere il dono dello Spirito.

In memoria dell'ultima cena, la domenica, -primo giorno della settimana e giorno del Signore- veniva spezzato insieme il pane, rito che divenne quello proprio della celebrazione dell'Eucarestia, nel corso della quale veniva invocato il Signore con la formula Maranathà, "vieni o Signore".

I beni erano messi in comune. Il soccorso ai poveri e l'assistenza agli infermi mediante l'unzione con l'olio del Signore furono intensificati. Parte notevole in quest'opera missionaria e organizzativa ebbe l'azione -appunto- di Paolo di Tarso.

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Buon Natale ai Contessioti residenti in paese e a quelli lontani.

B

Vita pubblica. Piccoli Flash sulla vita amministrativa (3)

E accadde, soprattutto a Nord:

sirene di ambulanze

 Il 2020 si avvia verso la conclusione. Nessuno dubita che l'evento che lo ha caratterizzato è stato la crisi causata dal Coronavirus. Grandi e piccole comunità, chi più e chi meno, sono state influenzate dalla presenza di focolai di contaggio.

 Da noi, a Contessa, non possiamo dire che il focolaio che ci ha toccato non sia stato importante e serio motivo di preoccupazione e causa di perdita, diretta o indiretta, di due anziani compaesani. Oggi possiamo ritenere di essere usciti dai timori maggiori, ma nessuno può e deve rallentare le misure di precauzione. La fase acuta ha mostrato -va scritto- maturità da parte di tutti.

 Siamo attualmente ad una transizione che dovrà portarci nel corso del 2021 alla vaccinazione generalizzata. Si tratterà di un processo complesso che andrà pure esso gestito e realizzato con senso di responsabilità nel corso -forse- dell'intero anno. In sede prettamente locale a tutti noi residenti compete sempre  senso di responsabilità e ove necessario di farci eco delle situazioni di criticità.

 Sappiamo bene che la ricostruzione narrativa di quanto accaduto nel nostro microcosmo locale dovrà ancora essere impostata e scritta. Questo evento al pari del terremoto '68 merita di essere valutato e ricordato come evento attraversato dalla comunità, come circostanza vissuta collettivamente. Il Blog fara' la sua parte, ma per evitare che sia ritenuto  di parte è pronto, come sempre, ad accogliere analisi curate da altri.

 Tutti siamo chiamati a registrare e far sapere a chi verra' dopo di noi come abbiamo attraversato questo 2020 di pandemia. Studenti ed anziani dovremmo tutti sentirci  motivati alla raccolta di episodi, sensazioni e materiali sulla vicenda dell'anno.

  Il quadro che il Blog può oggi tracciare per scandire l'esplodere della crisi è per il momento articolato a grandi linee:

1) prima fase: scoperta del primo caso di contaggio in Italia il 18 febbraio,  L'evento ha inizialmente -nei confronti dell'opinione pubblica- carattere quasi esclusivamente sanitario. Ed in questi termini viene presentato, all'opinione pubblica senza ancora alcuna ricaduta sociale o economica.

2) seconda fase, dopo i primi di maggio: iniziano le assunzioni di responsabilità politico/amministrative persino con ordinanze sindacali, da luogo a luogo.

Iniziano inoltre sul piano scientifico i tracciamenti e le raccolte dei dati.

Arrivano gli aiuti per le fasce deboli ed i cittadini sospesi dal lavoro e finalmente le informazioni diffuse alla popolazione.

 Con l'aiuto di chiunque vuole partecipare raccoglieremo e pubblicheremo i fatti locali e di zona di questo anno terribile che abbiano carattere sociale o sanitario.

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Nella vicenda l'Università di Brescia ha messo in evidenza le tre Italie:

1) Tutto inizia da alcune province lombarde (con numeri consistenti di contagiati).

2) seguono altre province settentrionali e centrali.

3) la restante parte del Paese, col Meridione, viene intaccata in seguito ma con impatto relativamente inferiore.

Rispetto al resto dell'Europa, in Italia, l'impatto sanitario ha sostanzialmente assunto caratteri asimmetrico da area ad area geografica.