TANTO E' STATO FATTO NELLA VALLE DEL BELICE
MOLTISSIMO RESTA ANCORA DA FARE,
manca però la classe dirigente
La fondovalle Palermo-Sciacca,
congiuntamente all’autostrada Palermo-Mazara, costituisce oggi il riferimento,
il percorso, attraverso cui chi vuole visitare la Valle del Belice deve
transitare. Per realizzare questi assi stradali ci sono voluti decenni e decenni,
in una zona da sempre priva di vere strade (se non le millenarie trazzere di
epoca greca o le carrettiere chiamate strade provinciali) al punto che le
colonne dei soccorsi per raggiungere –nel 1968- i paesi colpiti dal terremoto
da Palermo dovettero impiegare qualche giorno prima di capire quale fossero i
percorsi più idonei da poter transitare. D’altronde in Sicilia mai nulla si è
costruito in tempi “ordinari”.
Ad ogni cambio di governo la Valle veniva visitata dal ministro dei Lavori
Pubblici di turno che assicuravano la realizzazione, l’avvio delle opere ed il
completamento di questi due fondamentali assi viari. Non mancarono allora le
voci scandalistiche su ruberie ed affarismo; mai nessuno finì tuttavia in
galera, se non per pochi giorni.
Non c’è alcun dubbio che ci sono stati
sprechi, corruzioni, concussioni e collusioni, come raccontano le cronache
dell'epoca. Per il sindaco di Menfi, Catania, però tutto è da ridimensionare
rispetto alle descrizioni padano-leghiste, infatti «Da uno studio comparativo
fra il terremoto del Belice e quello del Friuli del 1976 (sostanzialmente
equivalenti per danni alle abitazioni private e alle opere pubbliche nonché per
superficie territoriale interessata), effettuato dalla Ragioneria dello Stato,
si evince che a somme rivalutate fino al 30 settembre 1995, il Belice ha avuto
12 mila miliardi di lire ed il Friuli circa il triplo, 29 mila miliardi di
lire».
Nei primi anni di avvio la Ricostruzione fu curata direttamente dal governo
nazionale, e fu presto evidente che quella grave evenienza non poteva essere
affidata a chi non viveva in mezzo alla gente. Così, dopo il fallimento della
gestione statale, fu deciso di affidare le competenze agli amministratori
locali. Chi più, chi meno, tutti i sindaci si sono dati un gran da fare nella
Valle. Ma non tutti hanno ottenuto gli stessi risultati: oggi resta ancora
molto da fare a Partanna, Montevago e Santa Margherita Belice.
A fiancheggiare i due assi stradali sopra ricordati oggi ci sono
verdeggianti filari di vigneti che si estendono a perdita d'occhio. A chi
–straniero- percorre le due strade viene spontaneo immaginare che oggi la Valle
del Belice abbia rimarginato le ferite del terremoto del 1968. Invece così non
è. La Valle in quella notte di 44 anni fa subì 370 vittime umane, vide crollare
catapecchie che venivano chiamate case e ben poche vere case realizzate secondo
le tecniche del XX secolo. Come dire che la Valle era terremotata da ben prima
di quel 14-15 gennaio.
Oggi, sì, ci sono i vigneti, ci sono le abitazioni antisismiche ma queste
sono in gran parte disabitate. A Contessa Entellina, a Poggioreale, a
Salaparuta, Santa Margherita moltissime delle case ricostruite restano chiuse
perché la gente è emigrata a Palermo, Sciacca, Italia Settentrionale, estero.
Nella Valle, così come prima del terremoto continua a mancare il lavoro e non è
purtroppo la vitinicoltura a segnare un nuovo modello di vita. Non è una
esagerazione se diciamo che a Contessa Entellina per ogni quattro case
antisismiche ricostruite ben tre sono disabitate per la maggior parte dei mesi
dell’anno.
Nel processo della Ricostruzione della Valle del Belice sono da annoverare
i lavori per la realizzazione della diga Garcia, un invaso di circa 80 milioni
di metri cubi che ha consentito il radicale cambiamento dell'agricoltura che da
cerealicola è divenuta vitivinicola, se non nei terreni a monte di essa (quindi
Contessa, nel cui territorio in gran parte ricade) almeno nei territori a valle.
Tantissime volte i governanti hanno promesso ulteriori investimenti
infrastrutturali che possano consentire lo sfruttamento del potenziale irriguo
della diga nell’agricoltura, i tanti sbandierati fondi FAS, ma ormai nessuno in
Sicilia offre un minimo di credibilità ai politicanti del terzo millennio
siano essi regionali o nazionali, siano di destra, centro, sinistra.
L’Italia ormai è vicina più che mai alla Grecia (non alla Grecia classica
da cui è sorta la civiltà europea) e ad averla condotta in prossimità del baratro è
stata proprio la classe dei politicanti più arruffoni ed ignoranti del pianeta, la casta che tanto somiglia ad altre associazioni che in Sicilia dominano.
In Italia è merce rara quella dei governanti che sappiano e vogliano progettare il futuro, qui tutti
preferiscono arraffare per l’oggi e nell'interesse del proprio clan.
Nessuno sa testimoniare nè mostrare uno stile di vita che riguardi l'interesse generale.
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