Quell'arbëresh
"Capo del Governo" (1)
L'Italia di fine Ottocento era una società che provava, senza riuscirci, ad essere una società tranquilla intenta a costruire il futuro. I problemi erano tanti e gravi, specialmente sul versante sociale. E non si trovò di meglio -durante il regno di Umberto I- che usare in più circostanze la "mano forte".
Ruoli -come è facile immaginare- quello del garibaldino e quello del Capo di Governo che non si sarebbero facilmente mai potuti immaginare e conciliare se esercitati dalla stessa persona. Crispi garibaldino e Crispi Capo del governo furono -di fatto- due figure, due personaggi l'una estranea all'altra, se ci si sofferma sulla circostanza che Garibaldi post-Unità fu sempre dichiarato avversario parlamentare degli indirizzi governativi di Cavour e dei successori di questi.
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Il 29 luglio 1887 morì a 74 anni il presidente del Consiglio dei ministri, Agostino De Pretis. Aveva interpretato nei limiti del tempo e della dominante visione "liberale" la politica dei governi succeduti al crollo della Destra storica.
Candidato naturale del tempo sembrò essere Francesco Crispi, il quale -da subito- mostrò intenti e carattere propri: oltre che Capo del Governo tenne per sé il Ministero degli Interni ed il Ministero degli Esteri. Circostanza che già da sola indica l'impronta del personaggio.
Aveva allora 68 anni e si capì subito che stava per cominciare un nuovo e diverso periodo nella storia del liberalismo post-risorgimentale. Un giornale dell'epoca titolò a tutta pagina : "Incipit vita nova". Ed effettivamente iniziò, da subito, con una quasi rottura delle relazioni con la vicina Francia e con l'invio di truppe in Africa per l'espansione coloniale, oltre che con una accentuata politica autoritaria all'interno. Gli storici gli attribuiscono un quasi unico merito: quello di avere riordinato il complesso della legislazione del Paese, quella dell'amministrazione pubblica soprattutto.
(Continueremo gli approfondimenti
su quell'arbëresh)
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