I populisti hanno messo le mani
sulla Rai. Salvini dice “decideremo” e purtroppo non è un verbo buttato a caso.
Decide infatti il Governo, lo dice la
legge. Lo dice la riforma preparata da Renzi, nella convinzione che il Pd potesse
essere ancora in auge nel dopo elezioni.
Dicembre 2015, sotto Natale.
Alla maniera di quel
governo, alla maniera renziana, la legge approvata in Parlamento era solo una
“traccia”, il resto fu affidato ai decreti attuativi. Come per il Jobs Act.
In sintesi, il direttore generale è diventato
plenipotenziario, amministratore delegato: lo designa il governo (il ministero
dell’economia ha in mano il 100% delle azioni Rai), lo vota il cda. Il cda è
smagrito, sette persone, 4 scelti da Camera e Senato, 2 dal Governo, uno dai
dipendenti.
Dal giugno dell’anno scorso a dirigere la Rai c’è Mario
Orfeo. Aveva l’incarico di far passare tranquille le elezioni. Sono passate.
Adesso ci sono 236 curriculum arrivati a Montecitorio e a
Palazzo Madama, tra cui i parlamentari dovrebbero spulciare per scegliere i
loro quattro candidati al Cda. Salvini dice: “Non li ho ancora guardati”. In
realtà ha le mani libere nelle proposte.
C’è chi già indica un Tg2 quota Lega e un Tg3
Cinquestelle, come ai tempi del manuale Cencelli. C’è addirittura chi
pronostica Pippo Baudo presidente, per l’antico debito di riconoscenza che
Grillo ha nei suoi confronti.
Quello che Salvini sa è il suo peso oggi, sono i sondaggi
che gli fanno superare i Cinquestelle di zerovirgola, quanto basta per
prendersi il bottino Rai. Anche se il presidente della Camera Fico recita per
finta “la politica resti fuori dalla
Rai”. Anche se i giornalisti Rai riuniti a congresso a Bologna in questi giorni
chiedono una legge che liberi la tv pubblica dai partiti. E magari anche dal
Governo.
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