Su LA REPUBBLICA
(stralcio)
Benigni intervistato da Ezio Mauro
Roberto Benigni, lei sa cosa avevano votato suo padre e sua madre al referendum che chiedeva ai cittadini di scegliere tra repubblica e monarchia, il 2 giugno di settant'anni fa?
"Due contadini socialisti come loro cosa potevano votare? Repubblica, naturalmente. Ne abbiamo parlato molte volte, in casa. La sera prima, mio padre disse a mia madre: ma tu, vuoi votare per il re, che sarà uno e uno solo, o per la Repubblica che ci farà diventare tutti re? Non ebbero dubbi, e non si sono mai pentiti".
Si ricorda che qualche anno fa, a proposito di pentimento, si tentò di abolire tranquillamente la festa della Repubblica?
"Certo, fu quel galantuomo repubblicano - è il caso di dirlo - di Carlo Azeglio Ciampi a reintrodurre la festa. Abolirla? Una cosa da matti, come segare la base del monumento allo Stato. Anzi, come se la Chiesa, per non intasare le festività di fine anno, cancellasse il Natale".
Se è per questo, la destra qualche anno fa tentò anche di abolire il 25 aprile, lo sa?
"Non ci volevo credere. È la data fondamentale della democrazia ritrovata, da quel giorno è nata la libertà di tutti, per tutti, da qualunque parte venissero. Sarebbe stato come cancellare la storia, è impossibile. Eppure ci hanno provato. Già questo ci dice che anni abbiamo vissuto. E ci dovrebbe risvegliare un po' di passione in più per questa nostra Repubblica".
Ce n'è troppo poca?
"Ha mai sentito l'orgoglio dei francesi quando parlano della "Republique"? Noi usiamo più facilmente la parola Stato, senza orgoglio, a voce quasi bassa. Capisco molte ragioni. Ma dico: bisognerebbe distinguere la politica corrente dalle istituzioni, le istituzioni dalla macchina amministrativa, e infine la politica buona da quella cattiva. Tutto quel che festeggiamo oggi, e il 25 aprile, ce lo siamo riconquistati, grazie agli Alleati certo, ma anche a quella ribellione di una parte del Paese al fascismo. Per questo lo Stato è "nostro", anche se lo sentiamo spesso lontano".
Non abbiamo memoria?
"Non abbiamo coscienza di noi stessi, della parte migliore di noi. Per la Repubblica, ad esempio, dobbiamo ringraziare le donne che quel 2 giugno '46 sono state decisive per fermare la monarchia, molto alta nel voto nonostante il comportamento del Re col fascismo e con le leggi razziali. È impressionante pensare che fino a quel giorno le donne in Italia non avevano mai votato, provi a raccontarlo a due ragazzi di oggi. E come sempre quando scendono in campo, le donne hanno contribuito a cambiare: questa volta il Paese. Guardi che non era semplice, tra il popolo c'era il timore dell'anarchia istituzionale. Sa come si diceva nelle campagne quando si parlava di una grande confusione? Qui viene fuori una repubblica. Eppure la saggezza popolare seppe scegliere, e incominciò un'altra storia".
Repubblica, Resistenza, Costituzione, Democrazia: sono questi i quattro elementi della nuova storia?
"Legati insieme. La Resistenza ha consentito di poter scrivere una Costituzione. E la Costituzione, all'articolo 1, sancisce in forma solenne che l'Italia è una Repubblica. E aggiunge quell'aggettivo: democratica. E quella formula fantastica, di cui oggi nella crisi comprendiamo tutto il significato: "fondata sul lavoro". Poi nella Carta c'è come una sceneggiatura, un racconto che corre articolo per articolo fino all'ultimo, il 139, dove torna la Repubblica, per stabilire che la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione. Sembra quasi che i Padri costituenti se lo fossero dimenticati, quell'articolo, in realtà la Costituzione a ragion veduta si apre e si chiude parlando di Repubblica. Quell'articolo finale mi è sempre sembrato una specie di avvertimento per i posteri: oh, non vorrete mica scherzare... In ogni caso, guardate, noi mettiamo la Repubblica al riparo per il futuro, fidarsi è bene, ma non si sa mai".
Lei questa sera porterà in replica "La più bella del mondo" al grande pubblico di Rai 1, dopo che nel 2012 la buona vecchia Costituzione fece 13 milioni di ascolti, contro gli 11 milioni dei "Dieci Comandamenti" due anni dopo. Dunque Calamandrei batte Mosè?
"Calamandrei, i suoi colleghi e i suoi avversari. Perché dietro la Carta, se si tende l'orecchio, si sente il frastuono della democrazia, che è lotta e scontro di interessi legittimi, di valori e soprattutto di idee. Però sa cosa c'era allora, e si capisce benissimo oggi leggendo quegli articoli? Un orizzonte comune, un impegno comune per il bene comune. E infatti quegli uomini e quelle donne sono riusciti a creare lo Stato repubblicano, la sua Costituzione e la democrazia senza violenza. Un momento di grazia".
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