LA REPUBBLICA
Corleone, L'inchino della processione a lady Riina
Ninetta Bagarella si è affacciata al balcone. I rappresentanti di polizia e carabinieri hanno lasciato il corteo. Aperta un'indagine.
Il parroco: "Non una sosta voluta ma serviva più prudenza".
L'ira del vescovo
di SALVO PALAZZOLOALERMO. Il confrate suona la campanella e la processione si ferma, proprio davanti a casa Riina, in via Scorsone 24, nel cuore di Corleone. Ninetta Bagarella, la moglie del capo del capi rinchiuso al 41 bis, è al balcone. Guarda soddisfatta la vara di San Giovanni Evangelista e sorride alle sue sorelle, Matilde e Manuela, che sono accanto a lei. Mentre la folla acclama il Santo.
L'ultima processione che ha attraversato Corleone è già diventata un caso. Domenica pomeriggio, quell'inchino alla moglie di Salvatore Riina non è passato inosservato. Il commissario di polizia e il maresciallo dei carabinieri, che erano poco distanti, hanno subito lasciato la processione. E hanno inviato una relazione alla procura distrettuale antimafia. Perché i Riina sono ancora un simbolo in Cosa nostra: nelle ultime intercettazioni dei carabinieri, i boss del paese invocavano addirittura la mediazione di donna Ninetta per risolvere vecchie controversie. E, intanto, si davano un gran da fare per inviare un po' di soldi a Salvuccio Riina, il figlio del capo di Cosa nostra che dopo otto anni di carcere ha deciso di trasferirsi a Padova e scrivere (a modo suo) un libro sulla famiglia.
Adesso, c'è un'indagine su quella processione. E i primi accertamenti hanno già portato a un risultato: è emerso che uno dei membri della confraternita di San Giovanni è cugino di secondo grado della Bagarella, si chiama Leoluca Grizzaffi. Il parroco di Santa Maria, padre Domenico Mancuso, è amareggiato: "Ho ribadito alle forze dell'ordine che non è mia usanza sostare davanti ai potenti o pseudo potenti - dice - quella non era una sosta prestabilita, è accaduto. Mi rendo conto che ci voleva più prudenza". Il sacerdote ha già convocato i confrati. "Tutti insieme abbiamo stabilito che la processione di San Giovanni non passerà mai più da via Scorsone".
Parole ancora più dure arrivano dal vescovo di Monreale, monsignor Michele Pennisi: "Su episodi come questi non transigo. Ho già nominato una commissione d'inchiesta, sono in attesa di una relazione. Intanto, ho proposto al questore di Palermo di stilare un protocollo d'intesa, per prevenire altri episodi: propongo che d'ora in poi anche le soste delle processioni siano concordate con le forze dell'ordine, per evitare spiacevoli sorprese". Nei mesi scorsi, monsignor Pennisi aveva anche imposto alla confraternite di inserire nello statuto una clausola: "Nessun pregiudicato per mafia può far parte delle nostre associazioni".
Ma Leoluca Grizzaffi è un perfetto incensurato. Eppure, attorno a quel cognome c'è grande attenzione da parte della procura e delle forze dell'ordine. Un altro Grizzaffi, Giovanni, ancora per qualche mese in carcere, viene citato come fosse il messia nelle ultime intercettazioni: l'uomo forte che Cosa nostra aspetta per ritornare ai fasti di un tempo. I boss cercano di riorganizzarsi. Nei mesi scorsi, è emerso che erano in contatto addirittura con il fratello del sindaco, Lea Savona. Il prefetto di Palermo, Antonella De Miro, ha inviato gli ispettori al Comune.
L'ultima processione che ha attraversato Corleone è già diventata un caso. Domenica pomeriggio, quell'inchino alla moglie di Salvatore Riina non è passato inosservato. Il commissario di polizia e il maresciallo dei carabinieri, che erano poco distanti, hanno subito lasciato la processione. E hanno inviato una relazione alla procura distrettuale antimafia. Perché i Riina sono ancora un simbolo in Cosa nostra: nelle ultime intercettazioni dei carabinieri, i boss del paese invocavano addirittura la mediazione di donna Ninetta per risolvere vecchie controversie. E, intanto, si davano un gran da fare per inviare un po' di soldi a Salvuccio Riina, il figlio del capo di Cosa nostra che dopo otto anni di carcere ha deciso di trasferirsi a Padova e scrivere (a modo suo) un libro sulla famiglia.
Adesso, c'è un'indagine su quella processione. E i primi accertamenti hanno già portato a un risultato: è emerso che uno dei membri della confraternita di San Giovanni è cugino di secondo grado della Bagarella, si chiama Leoluca Grizzaffi. Il parroco di Santa Maria, padre Domenico Mancuso, è amareggiato: "Ho ribadito alle forze dell'ordine che non è mia usanza sostare davanti ai potenti o pseudo potenti - dice - quella non era una sosta prestabilita, è accaduto. Mi rendo conto che ci voleva più prudenza". Il sacerdote ha già convocato i confrati. "Tutti insieme abbiamo stabilito che la processione di San Giovanni non passerà mai più da via Scorsone".
Parole ancora più dure arrivano dal vescovo di Monreale, monsignor Michele Pennisi: "Su episodi come questi non transigo. Ho già nominato una commissione d'inchiesta, sono in attesa di una relazione. Intanto, ho proposto al questore di Palermo di stilare un protocollo d'intesa, per prevenire altri episodi: propongo che d'ora in poi anche le soste delle processioni siano concordate con le forze dell'ordine, per evitare spiacevoli sorprese". Nei mesi scorsi, monsignor Pennisi aveva anche imposto alla confraternite di inserire nello statuto una clausola: "Nessun pregiudicato per mafia può far parte delle nostre associazioni".
Ma Leoluca Grizzaffi è un perfetto incensurato. Eppure, attorno a quel cognome c'è grande attenzione da parte della procura e delle forze dell'ordine. Un altro Grizzaffi, Giovanni, ancora per qualche mese in carcere, viene citato come fosse il messia nelle ultime intercettazioni: l'uomo forte che Cosa nostra aspetta per ritornare ai fasti di un tempo. I boss cercano di riorganizzarsi. Nei mesi scorsi, è emerso che erano in contatto addirittura con il fratello del sindaco, Lea Savona. Il prefetto di Palermo, Antonella De Miro, ha inviato gli ispettori al Comune.
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