Definire "storica" la decisione assunta a Istanbul il mese scorso dai patriarchi e arcivescovi delle chiese ortodosse autocefale non è enfasi retorica: dal secondo concilio di Nicea (787 d.C.) sono passati più di dodici secoli senza che le varie chiese d’oriente si ritrovassero in concilio per riflettere e deliberare insieme su come declinare nel mondo contemporaneo l’annuncio e la testimonianza rese all’eterno Vangelo di Gesù Cristo. Non solo, ma è dagli inizi degli anni sessanta del secolo scorso che, su sollecitazione dell’allora patriarca ecumenico Athenagoras I, si sono avviati dei lavori "preparatori" in vista di quel Sinodo pan-ortodosso che solo ora ha finalmente una data (l’anno 2016) e un luogo (Costantinopoli - Istanbul) di celebrazione e un cammino di preparazione immediata scandito da tappe definite e ravvicinate.
Così nell'aprile scorso scriveva il giornale dei cattolici italiani.
Fra meno di una settimana il Grande Sinodo degli Ortodossi sparsi in tutto il mondo si aprirà, non più come era stato deciso in Gennaio dai "primati" di tutte le Chiese a Costantinopoli ma a Creta.
Perchè il cambio di luogo ?
Per ragioni politiche.
La Chiesa Ortodossa Russa è la più numerosa per numero di fedeli e la più influente sul piano delle relazioni internazionali. Essa è strettamente legata, dopo il crollo del Comunismo, al potere politico del governo nazionalista di Putin e in questa fase storica quel governo non intrattiene buone relazioni col governo turco a cagione dell'aereo militare russo abbattuto dalla contraerea di Ankara alcuni mesi fa a cagione del fatto che la Russia è nettamente schierata col governo legittimo della Siria che invece la Turchia non tollera.
Da qui, quindi, la prima condizione posta dalla Chiesa russa di spostare la sede del Grande Sinodo altrove, non a Costantinopoli.
Le ragioni politiche del nazionalismo russo finiscono qui ?
No. La Chiesa Ortodossa Russa, in forza della sua consistenza e della sua influenza sul piano istituzionale mondiale non apprezza che il Patriarcato Ecumenico sia detenuto dalla Chiesa di Costantinopoli, ossia da una chiesa che per numero di fedeli è minima (mille fedeli in tutta la Turchia da quando negli anni venti del Novecento con l'istituzione della Repubblica di Ataturk sono stati massacrati tutti gli armeni e cacciati via dai confini milioni di greco-ortodossi).
Nella Chiesa Russa è vivo e viene coltivato tuttora il sogno della "Terza Roma".
Di cosa si tratta ?
Nella visione degli Ortodossi, di tutti, la Chiesa di Roma è la chiesa scismatica che si è allontanata nel 1054 (e secondo Fonzio dall'anno 800) dalla vera Fede, dal momento che ha modificato il "Credo" delle origini cristiane arbitrariamente per assecondare i Franchi di Carlo Magno.
Da quello scisma -ma ancora prima era accaduto con Costantino- Costantinopoli assunse il ruolo di "Nuova Roma", capitale della cristianità (non scismatica) seppure senza il ruolo dei papi essendo tutte le chiese etniche-nazionali ortodosse autogovernate da sinodi propri.
Nella seconda metà del quattrocento, quando Costantinopoli-la Nuova Roma è caduta in mano dei Turchi la Chiesa Russa ha aspirato, senza mai rinunciare nel tempo, a divenire la "Terza Roma", come dire che ha inteso proseguire la guida della cristianità-non scismatica lontana dai condizionamenti dell'Occidente -fedele al Credo voluto dai barbari Franchi- e lontana da Costantinopoli caduta in mano ai mussulmani.
Il Patriarcato Ecumenico, oggi retto da Bartolomeo I, ovviamente non ha mai assecondato l'aspirazione russa grazie ai suoi fedeli diffusi in tutto il mondo, soprattutto negli Usa e in Australia.
Il prossimo Grande Sinodo convocato da Costantinopoli rischia di mettere a nudo la frattura -politica e non di Fede- fra Costantinopoli e Mosca. La prima conta sul sostegno di più chiese autocefale ma di minore consistenza numerica, la seconda -sull'onda del potere politico putiniano- conta sulla solidarietà della Chiesa Ortodossa del mondo arabo (Antichia, in Siria), su quella Bulgara e Serba, da sempre legate a Mosca nonchè su quattro metropolie della Grecia dove congiuntamente alla Repubblica monastica di Monte Athos sussiste diffidenza nei confronti delle linee pastorali seguite da Bartolomeo I.
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