La ferita apertasi l'11 Settembre 2001 con l'attentato alle Torri Gemelle non appare rimarginata negli americani.
Gli americani avvertono ancora oggi la paura di quanto accaduto. L'onda lunga di un terremoto in Virginia o l'avvicinarsi dell'uragano Irene ha ridestato paura negli abitanti di New York. La crisi dei mercati finanziari ha ancora aperto nella società americana un'altra falla di dimensioni apocalittiche. Gli americani ormai hanno paura di tutto.
Il XXI secolo s'era aperto all'insegna dell'ottimismo. L'Impero del Male sovietico era stato sconfitto, gli occidentali sognavano l'età dell'oro: finalmente la pace universale sembrava a portata di mano, garantita da un unico padrone del mondo e, con essa, un processo di sviluppo economico e sociale senza interruzioni.
L'11 Settembre 2001 - con le sue appendici di Bali (2002), Casablanca (2003), Madrid (2004), Londra (2005) e con il crollo delle grandi banche - ha frantumato il sogno e reintrodotto nell'immaginario collettivo la paura, l'insicurezza, la rabbia, come sentimenti normali del vivere.
Dieci anni dopo quell'11 Settembre, il gigante Usa mostra di avere i piedi d'argilla. Allora si pensava che il nemico fosse esterno: il fanatismo religioso islamico. Oggi si ha consapevolezza che l'origine della crisi è dentro l'Occidente, che essa è figlia:
- dell'individualismo borghese,
-del distacco fra etica ed economia,
-della perdita del gusto del vivere.
Quella libertà che gli Usa indicavano come valore non negoziabile nel 2001 è decaduta oggi a ideologia del potere o a capriccio individualista, mentre quasi per un paradosso ha conquistato il cuore dei popoli arabi, generando una "primavera" con prospettive inimmaginabili fino a qualche anno fa.
E' interessante seguire i dibattiti di questi ultimi mesi sulla libertà per rendersi conto di come essa - a detta di autorevoli osservatori- sia divenuta da noi, in occidente, ormai un fardello più che un tesoro, un onere troppo gravoso per la gente del nostro tempo. L'uomo occidentale di oggi sembra preferire la via più comoda di una "schiavitù dorata", di una società e di uno Stato che decidono tutto al suo posto, evitandogli la responsabilità e il rischio di scegliere e di decidere. E noi italiani ne sappiamo qualcosa .....con Berlusconi, con la tanta gente che si prostituisce al clientelismo offerto dai politicanti senza dignità e preferisce diventare "schiavo" degli ominichi che costituiscono l'odierna catena del potere.
Nella Leggenda del Grande Inquisitore di Dostoevskij si evidenzia il realismo del discorso del cardinale spagnolo. Avendo compreso le debolezze degli uomini, il personaggio dostoevskiano propone una via facile alla felicità: cedere la propria libertà in cambio della tranquillità. Si tratta di una profezia che anticipa l'utopia dei nostri giorni, di una società perfetta dove non sia più necessario essere buoni, onesti, competenti, basta solo obbedire al sistema, al potere dominante.
Ma anche questa ipotesi s'è mostrata fragile, come abbiamo constatato nella tragedia di Oslo (Norvegia): nelle migliori società dove tutto funziona a dovere, l'uomo può misteriosamente compiere il male.
L’odierna società ha estirpato dalla propria vita non solo il fanatismo religioso ma anche l'idea stessa di Dio e tuttavia è finita preda degli speculatori, dei guru di ogni genere, dei potenti, dei falsi idoli che inondano la società. Osserviamo come tanti personaggi politicanti che rilasciano interviste su tutti i tg puntano ad apparire moderni, professionali, forbiti nel linguaggio, ma sappiamo bene che stanno lì perchè fanno i "servi" al berlusca di turno.
Eppure non c'è paura di un regime dittatoriale che possa tenere imprigionato un cuore umano quando intravede il bene a lungo desiderato. La dittatura illuminata dei Paesi arabi o il «welfare dalla culla alla tomba» delle grandi democrazie occidentali (Norvegia) risparmiano agli uomini il rischio della libertà e la fatica della responsabilità. Ma l'uomo è fatto così: può essere tenuto sotto costrizione o avere tutti gli agi e le comodità di questo mondo ma non potrà mai accontentarsi per meno che un bene infinito.
Certamente la via della libertà è più rischiosa, implica un cammino che non sempre è piano: presuppone una fatica e dei compagni di viaggio. Ma quando l'uomo incontra sulla propria strada un'ipotesi di risposta concreta alla propria domanda radicale è disposto a rischiare tutto.
Il potere, invece, ci promette miracoli; il miracolo è la possibilità di vedere la partita della squadra del cuore in qualsiasi momento dal comodo salotto di casa, ma potrebbe anche essere l'arricchimento facile, l'amore usa e getta, la libertà da ogni legame, la sveglia col profumo di caffè.
Al fondo di questa allettante offerta scopriamo che basta un nulla per far crollare questo mondo «fantastico»: un kamikaze, dei rumors in Borsa, una intercettazione telefonica ed il fortunatissimo Berlusca di turno viene preso dalla paura.
Resta, invece, nell'uomo il desiderio di infinito incastonato nel cuore, più forte di ogni cataclisma e che si risveglia ogni volta che incontriamo qualcuno capace di abbracciare la nostra indigenza e il nostro male.
L'uomo è una meraviglia.
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