Oggi pomeriggio, alle 16,30, alla Camera dei Deputati si voterà la mozione di sfiducia nei confronti del ministro dell’Agricoltura, Saverio Romano, presentata dal Partito Democratico dopo che il 13 luglio scorso la Procura di Palermo ha emesso una richiesta di rinvio a giudizio del ministro per concorso esterno in associazione mafiosa.
Con ogni probabilità la Camera boccerà la sfiducia: la scorsa settimana il ministro Romano ha incassato l’appoggio della Lega, ha ricevuto rassicurazioni da Berlusconi ma soprattutto il voto avverrà a scrutinio palese, il che elimina la possibilità che ci siano franchi tiratori.
Tutto ciò ha spinto Romano ad affermare “Io sono il leader di un partito politico che sostiene il governo con numeri diversi cambierebbe la maggioranza”. Romano è leader di Pid (un partitino con 4 deputati, di cui Berlusconi non può fare a meno per 'continuare a campare', tanto è vero che a Romano è stato dato il portafoglio dell'agricoltura), formazione staccatasi dall’Udc per votare la fiducia al governo quel famoso 14 dicembre del 2010.
Per meglio capire chi è Saverio Romano, bisogna però sapere che egli non è altro che il successore del medesimo filone politico appartenente a Totò Cuffaro, oggi in galera per vicende di mafia.
Saverio Romano ha giurato come ministro davanti al presidente della Repubblica, Napolitano, la mattina del 24 marzo e in quell’occasione il Quirinale fece uscire questa nota.
Saverio Romano ha giurato come ministro davanti al presidente della Repubblica, Napolitano, la mattina del 24 marzo e in quell’occasione il Quirinale fece uscire questa nota.
“Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, dal momento in cui gli è stata prospettata la nomina dell’on. Romano a ministro dell’Agricoltura, ha ritenuto necessario assumere informazioni sullo stato del procedimento a suo carico per gravi imputazioni”
“Essendo risultato che il giudice delle indagini preliminari non ha accolto la richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura di Palermo, e che sono previste sue decisione nelle prossime settimane, il capo dello Stato ha espresso riserve sull’ipotesi di nomina dal punto di vista dell’opportunità politico-istituzionali”. “A seguito, dell’odierna formalizzazione della proposta da parte del presidente del Consiglio, il presidente della Repubblica ha proceduto alla nomina non ravvisando impedimenti giuridico-formali che ne giustificassero un diniego. Egli ha in pari tempo auspicato – conclude – che gli sviluppi del procedimento chiariscano al più presto l’effettiva posizione del ministro”.
Il procedimento è andato avanti e come detto la Procura di Palermo ha emesso una richiesta di rinvio a giudizio del ministro per concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo i magistrati Romano avrebbe “consapevolmente e fattivamente contribuito al sostegno e al rafforzamento dell’associazione mafiosa, intrattenendo, anche al fine dell’acquisizione del sostegno elettorale, rapporti diretti o mediati con numerosi esponenti di spicco dell’organizzazione tra i quali Angelo Siino, Giuseppe Guttadauro, Domenico Miceli, Antonino Mandalà e Francesco Campanella”.
Concorso esterno in associazione mafiosa
Nel 2003 è stato indagato dalla Procura di Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione. Posizione archiviata ad aprile 2005 in quanto, scrive il Gip: “Gli elementi acquisiti non sono idonei a sostenere l’accusa in giudizio”. A fine 2005 però venne riaperta in seguito alle dichiarazioni di Francesco Campanella, ritenuto uomo di fiducia di Cuffaro e Mastella e in contatto con le famiglie mafiose dei Villabate e dei Mandalà. Secondo il racconto di Campanella, Romano per candidarsi a nel collegio di Bagheria aveva ricevuto il benestare della mafia perché in quella zona «non c’è candidato che non è espressione della mafia».
Corruzione aggravata dal favoreggiamento di Cosa Nostra
Nel 2009 però Saverio Romano è stato nuovamente iscritto nel registro degli indagati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo per concorso in corruzione aggravata dal favoreggiamento di Cosa Nostra assieme ai politici dell’Udc Totò Cuffaro e Salvatore Cintola e del Pdl Carlo Vizzini. Le nuove accuse emergono dai racconti fatti dal pentito, ora declassato a dichiarante di mafia, Massimo Ciancimino il quale sostiene di avergli pagato tangenti per 100mila euro.
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