Il concetto
di Ecclesia sui iuris a livello
di linguaggio canonico ha fatto il suo ingresso ufficiale con
il Codex Canonum
Ecclesiarum Orientalium,
promulgato dal papa Giovanni Paolo II nel 1990, e più precisamente col canone
27.
Il Codice
nelle originarie intenzioni doveva esprimere la disciplina comune delle Chiese
Orientali contenuta:
a) nella tradizione apostolica;
b) nei
canoni dei Concili e Sinodi orientali;
c) nelle
collezioni canoniche orientali e nelle norme consuetudinarie comuni alle Chiese
orientali e non cadute in disuso”.
E' stato da subito -pertanto- fatto osservare che la stessa denominazione di Chiesa
sui iuris, sarebbe del tutto limitativa evidenziando
essa la sola dimensione giuridica: preferibile, in tal senso,
sarebbe stata la locuzione Chiesa autonoma.
L’espressione "Rcclesia sui iuris" comprende termini con un significato conosciuto e abbastanza chiaro, e la traduzione letterale
è molto semplice: Chiesa con diritto proprio.
Un po' di Storia
Dopo il Concilio
di Trento (1545-1563), la Chiesa di Roma adottò il termine rito greco per designare le comunità
ecclesiali greche e albanesi, di nuova immigrazione nel regno di Sicilia
ed in quello di Napoli.
Tali
comunità – pur diverse tra loro per storia, lingua e tradizioni
– vennero considerate come blocco unico in quanto tutte egualmente
estranee al quadro canonico uscito dal Concilio tridentino.
Col nuovo Codice l’Eparchia di Piana degli Albanesi è divenuta quindi Chiesa sui
iuris. In altri termini, si è assistito al passaggio dall’autonomia del Rito alla Chiesa con un proprio diritto.
Gli effetti?
Avremo modo di tornare sulla problematica.
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